Le fatture su cui ha indagato la Guardia di finanza sono due, una da 20mila euro, l'altra da 130mila, e sarebbero state riscontrate durante le indagini sull'imprenditore di origini pugliesi molto attivo nella realizzazione dei centri commerciali targati Kering. Secondo l’ipotesi di reato formulata dal pm le fatture sarebbero state emesse dalle aziende della famiglia dell'ex premier, rispettivamente la Party srl e la Eventi 6, per operazioni inesistenti
Outlet, fatture false e operazioni inesistenti: in mattinata la Procura di Firenze ha notificato gli avvisi di conclusione indagini a Tiziano Renzi, a sua moglie Laura Bovoli e all’imprenditore Luigi Dagostino, imprenditore di origini pugliesi da sempre attivo nella realizzazione dei centri commerciali targati Kering. È quanto apprende l’agenzia Ansa da ambienti vicini all’inchiesta condotta dai pm Luca Turco e Christine von Borries sull’emissione di alcune fatture false. La notizia dell’iscrizione dei genitori dell’ex premier nel registro degli indagati era emersa un mese fa da indiscrezioni di stampa. Oggi la chiusura del cerchio. Le fatture su cui ha indagato la Guardia di finanza sono due, una da 20mila euro, l’altra da 130mila, e sarebbero state riscontrate durante le indagini su Luigi Dagostino. Secondo l’ipotesi di reato formulata dal pm le fatture sarebbero state emesse dalle aziende dei Renzi, rispettivamente la Party srl e la Eventi 6, per operazioni inesistenti.
Nella fattispecie, secondo quanto raccontato a marzo da la Repubblica e La Verità, la fattura da 130mila euro è stata emessa da Eventi 6, che si occupa di marketing ed eventi fieristici ed è distributore di quotidiani come Repubblica, La Nazione, Leggo e Metro. A pagarla è stata la Tramor, società di diritto cipriota originariamente riconducibile alla famiglia Moretti per i quali è stata impegnata nelle attività di sviluppo dell’outlet The Mall a Leccio Reggello (Firenze). I Renzi con la loro azienda avrebbero fornito studi di fattibilità e servizi di accoglienza per l’outlet, ma per gli inquirenti l’importo della fattura non sarebbe coerente con il valore delle prestazioni erogate. L’altra, da 10mila euro, sarebbe stata emessa dalla Party srl, società in liquidazione tra i cui soci figuravano Tiziano Renzi e la Nikila Invest amministrata da Ilaria Niccolai, la compagna di Luigi Dagostino. Quest’ultimo, così come Bacci e i Moretti, è sotto inchiesta da oltre un anno proprio per l’ipotesi di reato di emissione di fatture false per operazioni inesistenti.
Il rapporto tra la famiglia Renzi e gli sviluppatori degli outlet della moda The Mall nati sotto le insegne di Gucci è stato al centro di diverse inchieste del Fatto Quotidiano negli anni scorsi. Proprio per questo motivo, Tiziano Renzi ha chiesto 300mila euro di danni al direttore del quotidiano Marco Travaglio, al direttore del sito Peter Gomez e a due suoi giornalisti (Pierluigi Giordano Cardone e Gaia Scacciavillani) per quella che lui prefigurava come una campagna mediatica ai suoi danni, chiedendo appunto un risarcimento. Nel mirino del padre dell’allora premier erano finiti proprio gli articoli che si sono occupati del business degli outlet e dei suoi protagonisti (oltre a Renzi senior e Andrea Bacci, l’ultimo presidente di Banca Etruria Lorenzo Rosi, la famiglia aretina dei Moretti e il faccendiere pugliese Luigi Dagostino che in Gucci avevano contraltare il top manager Carmine Rotondaro). Un tema su cui, ora è ufficiale, i genitori di Matteo Renzi (che già avevano ricevuto dai pm fiorentini un un invito a comparire per chiarire i loro rapporti, e quelli delle loro società, con Luigi Dagostino) dovranno render conto ai magistrati in qualità di indagati.
Lo scorso 22 marzo, dopo la notizia dell’iscrizione nel registro degli indagati per la vicenda delle fatture false, Tiziano Renzi diffuse una nota ai giornali per difendersi dalle accuse. “All’improvviso e del tutto casualmente dal 2014 la nostra vita è stata totalmente rivoluzionata: da cittadino modello a pluri-indagato cui dedicare pagine e pagine sui giornali – scriveva Renzi, il cui nome compare anche nell’inchiesta sul caso Consip della Procura di Roma – Ribadisco con forza e determinazione che non ho mai commesso alcuno dei reati per i quali sono stato, e in alcuni casi ancora sono, indagato“. “Se devo essere processato, che mi processino. Che mi processino il più velocemente possibile, se possibile – diceva Tiziano Renzi – Passerò i prossimi anni della mia vita nei tribunali per difendermi da accuse insussistenti e per chiedere i danni a chi mi ha diffamato. Ma almeno potrò dire ai miei nipoti che la giustizia si esercita nelle aule dei tribunali e non nelle fughe di notizie e nei processi mediatici”. Il giorno dopo, il 23 marzo, Tiziano Renzi acquistò un’intera pagina del quotidiano ‘Qn‘ (Il Giorno, Il Resto del Carlino e La Nazione) per pubblicare la nota diffusa il giorno precedente per chiedere di essere processato nei tribunali e non più sui giornali.