Si rivotasse oggi si verificherebbe un “ballottaggio di fatto” tra i due schieramenti principali: il M5s al 36 per cento contro il centrodestra al 38. Lo dice una rilevazione della Noto Sondaggi per #Cartabianca, su Rai3, che conferma anche come il centrosinistra sarebbe fuori da tutti i giochi, anche nella forma più allargata possibile, soprattutto per via del tracollo del Pd che anche in questo caso viene dato poco sopra il 16 per cento. Tra gli altri dati interessanti spiccano la maggioranza di no a un cosiddetto “governissimo” con tutti dentro, la preferenza degli elettori del Pd per un mandato esplorativo a Roberto Fico piuttosto che a Maria Elisabetta Alberti Casellati (com’è peraltro avvenuto oggi) e l’assoluta contrarietà dell’elettorato M5s a un passo indietro di Luigi Di Maio.
Il 36 per cento dei Cinquestelle è il frutto di un incremento di voti del 3,3 in un mese e mezzo, verosimilmente recuperati alla platea del centrosinistra. Chi spinge il centrodestra è invece senz’altro la Lega che rispetto al 4 marzo, secondo Noto, farebbe un balzo di oltre 3 punti e mezzo, raggiungendo il 21. In parte si tratta del travaso di voti – che ormai prosegue da tempo – da Forza Italia al Carroccio. Tanto è vero che i berlusconiani perdono due punti e mezzo e si assestano all’11 per cento. Non si alza un alito di vento dalle parti dei Fratelli d’Italia che sono stabili al 4,5. Continua ad andare malino Noi con l’Italia-Udc, che cala di 3 decimi di punto e continua a non andare oltre l’1 per cento che però contribuisce al 38 finale della coalizione.
Dall’altra parte c’è la sgonfiatura progressiva del centrosinistra, Pd in testa. I democratici perdono per strada oltre 2 punti dal giorno delle elezioni e si fermano al 16,5. Intorno vanno male tutti gli alleati: PiùEuropa retrocede di un punto, gli altri partitini (Insieme, Civica Popolare) sono stabili ma insieme non superano l’1 per cento. A tutti questi si aggiungono i Liberi e Uguali che perde quasi un punto e si ferma al 2,5. La somma finale del centrosinistra, comprendendo anche Leu, fa 21,5.
La maggioranza degli intervistati è contraria a un governo “istituzionale” con una maggioranza formata da tutti i partiti e in particolare i picchi registrati riguardano gli elettorati della Lega e dei Cinquestelle. Al contrario gli elettori del Pd sono gli unici che in maggioranza sono più “disponibili” a un governo “del presidente”.
Quanto ai mandati esplorativi, prima che il presidente Sergio Mattarella conferisse l’incarico alla presidente del Senato, gli intervistati in maggioranza sceglievano il presidente della Camera Roberto Fico. Va anche detto che un terzo di chi ha risposto ha detto di non avere un’opinione. Dati più marcati, naturalmente, tra gli elettori di Forza Italia (pro Casellati) e dei Cinquestelle (pro Fico). Il 44 per cento di chi ha votato Pd preferirebbe Fico.
Infine l’ultima domanda sulla necessità di un eventuale passo indietro di Luigi Di Maio per permettere la formazione di un governo. Una leggera maggioranza (43 per cento contro 40) sostiene che Di Maio non dovrebbe rinunciare a essere lui il presidente del Consiglio. Una cifra che si impenna, naturalmente, tra gli elettori dei Cinquestelle.