Prima gli hanno incendiato il negozio, poi il furgone, ma le intimidazioni nei confronti di un fruttivendolo tarantino che si rifiutava di pagare il pizzo rischiavano di avere conseguenze anche più gravi. “Le prevaricazioni nei confronti della vittima erano fortissime e si stava per passare all’utilizzo delle armi forse addirittura per commettere un omicidio“, ha spiegato il procuratore di Taranto Carlo Maria Capristo spiegando i dettagli dell’indagine che ha portato al fermo di un maresciallo della Guardia di Finanza, Pietro Stabile, di 52 anni, già sospeso dal servizio, che era già finito in carcere nel giugno del 2015 per episodi analoghi, di un avvocato (Massimiliano Cagnetta, di 47 anni) e di due pregiudicati (il 48enne Cataldo La Neve e il 39enne Salvatore Stasolla) accusati, a vario titolo, di concorso in incendio, danneggiamento, atti persecutori e tentata estorsione.
Dalle intercettazioni telefoniche e ambientali disposte nel corso delle indagini condotte dal pm Lucia Isceri è emersa la volontà degli indagati di mettere in atto una doppia spedizione punitiva, da realizzare la notte scorsa e il 21 aprile prossimo, giorno del cinquantesimo compleanno del fruttivendolo. Già nel giugno di due anni fa Stabile, vicino di casa del commerciante, fu sottoposto a fermo dopo la denuncia della vittima che subì diverse intimidazioni: prima diversi colpi di arma da fuoco sull’auto e poi anche l’incendio della vettura. Il finanziere, che si offrì come intermediario con i malfattori che lo avevano puntato, inizialmente aveva chiesto una somma di 1000 euro e poi una seconda di 1500 euro che, da quanto il sottufficiale spiegava alla vittima, non sarebbero state sufficienti per calmare “il clan dei calabresi”.
Il fermo è stato disposto per scongiurare sia nuovi e più gravi attentati che il pericolo di fuga. Il maresciallo è stato raggiunto dal provvedimento nella città di Crotone, dove si era recato un paio di giorni fa. “La parte offesa – ha spiegato il procuratore Capristo – è stata vessata tantissimo ma ha mantenuto ferma la sua posizione, sempre collaborando con le forze dell’ordine. Dall’altra parte abbiamo un soggetto che una volta vestiva la divisa e che ha offeso la divisa che portava indosso. Invece di avere un atto di resipiscenza e di ravvedimento ha continuato nella sua attività criminosa. Questa è la parte più amara e sgradevole di questa vicenda”.