Dalle celle senza doccia alle ristrutturazioni infinite fino agli istituti in cui i corsi di formazione sono una chimera. Un tasso di sovraffollamento al 115 per cento, i detenuti che aumentano (6mila in più di due anni fa) mentre i reati diminuiscono e una recidiva che dice che quasi il 40 per cento di coloro che sono usciti dieci anni fa, sono finiti di nuovo in carcere. I numeri sono quelli del rapporto dell’associazione Antigone che da vent’anni, autorizzata dal ministero della Giustizia, visita i 190 istituti di pena italiani. Un’indagine che smentisce tra l’altro un tema molto presente nell’ultima campagna elettorale: non c’è un’emergenza stranieri, perché non c’è correlazione tra i flussi di migranti in arrivo in Italia e quelli di migranti che fanno ingresso in carcere. L’allarme riguarda di sicuro i suicidi, 52 quelli del 2017 (sette in più rispetto al 2016), 11 nei primi tre mesi del 2018.

Sullo sfondo la riforma dell’ordinamento penitenziario, alla quale il Parlamento deve dare il via libera attraverso la commissione speciale. Il presidente della Camera Roberto Fico, peraltro anche su input del Quirinale, ha chiesto ai gruppi una riflessione per portare il provvedimento in discussione. “Tra le innovazioni che più riteniamo significative – spiega Antigone – ci sono l’equiparazione ai fini del trattamento medico e giuridico della malattia psichica a quella fisica, il miglioramento e la modernizzazione di alcuni aspetti della vita interna, il richiamo alle regole penitenziarie europee, l’allargamento delle misure alternative, di gran lunga meno costose del carcere e più capaci di ridurre la recidiva e garantire la sicurezza della società”.

L’indagine su 86 istituti penitenziari
Negli ultimi mesi l’associazione ne ha visitati 86, 36 nel Nord, 20 in Centro e 30 tra il Sud e le isole: da quello più grande di Poggioreale, una cittadina nel centro della città di Napoli che ospita oltre 2.200 detenuti (erano poco più di 2mila un anno fa) a quello più piccolo di Arezzo, con una capienza ufficiale di 101 posti ma in cui da tempo, a causa di interminabili lavori di ristrutturazione, le presenze non superano le 30 unità. Per l’intero sistema il Dap ha previsto un budget per il 2018 di oltre 2 milioni e 800mila euro, per un costo giornaliero per detenuto di 137 euro, in lieve diminuzione rispetto al 2017, a causa dell’aumento del numero dei detenuti. L’80 per cento del budget è destinato a spese per il personale civile e di polizia penitenziaria. 

Celle senza doccia, wc vicini al letto
In dieci istituti tra quelli visitati, Antigone ha trovato celle in cui i detenuti non avevano a disposizione tre metri quadrati calpestabili, in cinquanta c’erano celle senza doccia e in quattro in cui il wc non era in un ambiente separato dal resto della cella. Nelle 86 carceri visitate in media esiste un educatore ogni 76 detenuti e un agente ogni 1,7 detenuti, ma in molti istituti questi numeri sono decisamente più alti, come nel caso di Bergamo (un educatore ogni 136 detenuti, un agente ogni 2,8 detenuti).

Nel 43 per cento dei penitenziari al momento della visita non c’erano corsi di formazione professionale attivi e in uno su 3 non c’erano spazi per le lavorazioni. Solo un detenuto su 5 va a scuola in carcere. Il tasso di occupazione è del 30 per cento e appena l’1,7 per cento dei detenuti lavora dentro gli istituti per datori di lavoro diversi dall’amministrazione penitenziaria.

Diminuiscono i reati, aumentano i detenuti
Alla fine del 2012, pochi giorni prima della sentenza Torreggiani con cui la Corte di Strasburgo condannava il nostro Paese per il sovraffollamento carcerario, i detenuti nelle carceri italiane erano 65.701. Nei due anni precedenti, sotto la pressione dell’emergenza penitenziaria, il numero dei detenuti era già diminuito di oltre 2mila unità. Dopo la sentenza ha continuato a scendere fino alle 52.164 presenze della fine del 2015 e poi ha ripreso a salire. Erano 57.608, per 50.499 posti ufficiali, i detenuti al 31 dicembre 2017. Il 31 marzo scorso erano arrivati a 58.223, aumentando di oltre 600 unità in tre mesi. Tra il 31 dicembre 2015 e oggi i detenuti sono cresciuti di 6.059 unità. Il tasso di detenzione (numero di detenuti per numero di residenti in Italia) è pari a circa un detenuto ogni mille abitanti. La verità è che continuano ad aumentare gli ingressi in carcere nonostante un calo del numero di reati denunciati dalle forze di polizia. Nel 2016 gli ingressi erano circa 1.500 in più dell’anno precedente, mentre i reati denunciati erano 200mila in meno.

Gli stranieri in carcere? Duemila in meno in 10 anni
I numeri dicono anche che quello degli stranieri sempre più numerosi nelle carceri italiane è un bluff. Negli ultimi quindici anni, a partire dal 2003, mentre gli stranieri residenti sono più che triplicati, il tasso di detenzione di stranieri si è ridotta di quasi tre volte. Se nel 2003 su ogni cento stranieri residenti in Italia (erano circa 1 milione e mezzo) l’1,16 per cento finiva in carcere, oggi (che sono circa 5 milioni) è lo 0,39. Rispetto al 2008 ci sono 2mila detenuti stranieri in meno.

Uno su 3 è in carcere in attesa di sentenza
Non solo. L’Italia è il quinto Paese dell’Unione Europea per tasso di detenuti in custodia cautelare. Nel 2017 i detenuti ancora in attesa di sentenza definitiva (dunque innocenti fino a prova contraria) erano il 34,4 per cento, mentre la media europea è del 22. Chi esce dal carcere, invece, troppo spesso ci ritorna. È accaduto al 39 per cento dei detenuti tornati liberi nel 2007: sono tornati dietro le sbarre una o più volte negli ultimi dieci anni. Antigone rileva come “troppo spesso il carcere non aiuta la sicurezza dei cittadini” e che “questo tipo di detenzione non basta a scongiurare la recidiva“.

Affollamento: Larino al top, poi tre penitenziari lombardi
Fino al 31 marzo era il carcere di Larino, in Molise, a presentare il più alto tasso di affollamento. Con una capienza di 107 posti letto, ospitava 217 detenuti (tutti uomini, uno su quattro straniero), con un affollamento del 202,8 per cento. “Nonostante non si tratti di una situazione transitoria ma persistente – spiega Antigone – le condizioni di vivibilità all’interno dell’istituto sono però in linea di massima accettabili”. Si applica infatti la sorveglianza dinamica: circa la metà dei detenuti è impegnata in attività scolastiche e vengono organizzate attività culturali e di intrattenimento. Va meno bene per quanto riguarda la formazione professionale e l’assistenza psichiatrica.

A seguire, le tre carceri più affollate si trovano tutte in Lombardia: in primis quella di Como, con un tasso del 200 per cento (462 detenuti per 231 posti, con 56 donne e 242 stranieri). “Ci sono detenuti che non avevano neppure 3 metri quadri di spazio a disposizione – racconta nel rapporto l’associazione – le condizioni igienico-sanitarie sono critiche e molte docce sono prive di diffusori, mentre alcune sono inutilizzabili a causa degli scarichi intasati. L’acqua calda in cella non è garantita”. Poi ci sono il carcere di Brescia-Canton Mombello, affollato al 192 per cento (363 detenuti per una capienza pari a 189 unità, senza presenze femminili e con un’utenza straniera che supera la metà) e il più piccolo istituto di Lodi (86 persone, di cui 50 stranieri, per 45 posti), con un tasso del 191. Il quinto carcere per tasso di affollamento è quello di Taranto, dove in 306 posti vivono 583 detenuti (di cui 25 donne e 41 stranieri), per un tasso pari a 190,5%. Nella classifica del sovraffollamento ci sono poi gli istituti Brescia-Verziano (187,5%), Busto Arsizio (186,7), Bergamo (179,8), Chieti (175,9) e Pordenone (173,7).

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