Cultura

Maurizio Maggiani: “Credo nella lotta armata senza bombe. I buoni e i cattivi? Li riconosco dagli occhi, come Dio”

L'autore, in libreria con "Sempre" (Chiarelettere), parla di viaggi, politica e fede. "La libertà di movimento oggi è una presa per il culo. Ti sembra di andare, ma in realtà attraversi corridoi militarizzati, tutelati e salvaguardati. L'unica cosa che fa paura? La bestialità umana". E ancora: "L'uomo sta distruggendo la natura? Non è così. Abbiamo la fissazione di essere potenti ogni oltre limite, ma poi..."

di Davide Turrini

Dove possiamo trovare oggi una figura come quella di Mazzini?
Oggi non sai un cazzo di quello che ti succede attorno. Ti sembra di saperlo, ma non sai nulla. Potresti parlarmi del Messico? Hai una conoscenza approfondita dello Zimbabwe o della Cina? L’Africa ha un miliardo e duecento milioni di abitanti, chi ti dice che non c’è un Mazzini e che sta facendo il suo lavoro? Cosa si insegna all’università di Città del Messico? I ventenni di Durango in cosa credono e sperano? Quei ventenni lì sono quelli che contano perché sono affamati, assetati e ipermotivati.

In Sempre racconti dei tanti viaggi che hai fatto nel mondo, ma che all’inizio degli anni novanta dopo la Bosnia non hai avuto più voglia di fare.
Perché ad un certo punto è diventato impossibile spostarsi. La libertà di movimento oggi è una presa per il culo. Negli anni sessanta/settanta mi appassionai alle vicende caucasiche leggendo un libretto dell’autore del Manoscritto trovato a Saragozza, il conte Jan Potocki: Nelle steppe di Astrakhan e del Caucaso, 1797-1798. Potocki va a fare la rivoluzione in Francia, torna in Polonia giacobino e vuole liberare i contadini dalla schiavitù, instaurare il comunismo, ma i contadini gli dicono di andare a fanculo, gli dicono ‘noi vogliamo essere servi, fare comunione tutte le domeniche e andare in paradiso’. Così il conte se ne andò in viaggio per tutto il Caucaso, con un biglietto in tasca della zarina Caterina di Russia. Sai com’è, mancavano le fotografie e i passaporti. Viaggia tre anni. Leggendo quel libro scoprii che tra la Cecenia e il Daghestan c’è un’enclave genovese. Io ci ho messo dieci anni per fare un viaggio in questi luoghi e non ci sono riuscito perché ci sono le guerre, ti rompono il cazzo, e il ministro degli Esteri non ti dà il visto perché poi ti rapiscono. A metà anni ottanta ho fatto la traversata del Sahara: dal Mali all’Egitto. Seimila chilometri con una carovana di contrabbandieri di sapone. Erano cinque amici algerini. Non è successo niente. Eravamo liberi, felici e contenti. Dieci anni dopo quattro dei cinque amici era stato ucciso dal FIS. Insomma, oggi il viaggio del conte Potocki ti è precluso. Ci sono solo questi corridoi tutelati, salvaguardati, militarizzati. Ti sembra di viaggiare, ma attraversi corridoi: Maldive, New York, Pechino.

Gli anni settanta sono forse l’apice della libertà di esplorare il mondo senza limiti, non trovi?
Tra il dodicesimo e il quattordicesimo secolo si andava dappertutto. Fino agli anni settanta del Novecento avevi tutte le opportunità di farlo e anche di cambiare il mondo. Poi è finita.

Chi ha scritto la parola fine?
L’assassinio di Aldo Moro. A livello planetario i mandanti di questo assassinio sono i “regolarizzatori”, quelli che hanno messo la pietra tombale alla grande rivolta globale degli anni sessanta.

Una rivolta che ha fatto paura davvero.
Sì, avevano ragione ad averla. Saremmo andati verso il delirio (sorride. Poi canticchia) All you need is love.

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