Il piccolo Molise laboratorio d’Italia? A sentire il leader della Lega, Matteo Salvini, i circa 332mila elettori che domenica prossima saranno chiamati alle urne avranno un compito che va al di là del semplice rinnovo del Consiglio regionale. “Se vinciamo in Friuli (dove si vota il 29 aprile, nda) e in Molise nel giro di 15 giorni si fa il governo”, ripeteva qualche giorno fa il segretario del Carroccio nel suo tour elettorale a Montenero di Bisaccia. Quasi che dall’esito della partita molisana dipendessero le sorti dell’esecutivo nazionale. Si vedrà.
Di certo quello che si profila in Molise è il secondo tempo della corsa a due tra centrodestra e Movimento 5 Stelle già andata in onda il 4 marzo in occasione delle politiche. Un testa a testa tra Donato Toma, 60 anni, presidente dell’ordine dei commercialisti, che ha lasciato l’incarico di assessore esterno al comune di Boiano guidato dal centrosinistra, per la candidatura a governatore della coalizione di centrodestra, sostenuta da nove tra partiti, sigle e movimenti vari con 175 candidati. Tra i quali anche cinque consiglieri uscenti che hanno appoggiato la maggioranza di centrosinistra eletta nel 2013.
A sfidarlo, il candidato M5S Andrea Greco, 32 anni e una laurea in giurisprudenza, consulente giuridico del gruppo regionale dei grillini, in corsa con una lista unica di venti candidati. Greco, nelle scorse settimane, era finito al centro delle cronache perché nipote di Sergio Bianchi, già affiliato al clan Cutolo. Dati alla mano, i Cinque Stelle partono dal clamoroso 44,5% ottenuto alle politiche del 4 marzo. Un dato che, se confermato il 22 aprile, anche per i meccanismi del sistema elettorale (premio di maggioranza e governo garantito a chi prende un voto più del secondo), non lascerebbe scampo agli avversari. Ma, come dimostra anche il recente verdetto nel Lazio, le Regionali sono tutta un’altra storia. Cambiano le dinamiche. E in una regione piccola come il Molise, i rapporti personali e le semplici conoscenze possono fare ancora la differenza. Insomma, una sfida a due dall’esito tutt’altro che scontato.
Con altri due candidati in gara che giocano la partita da outsider. Carlo Veneziale, 49 anni, pure lui laureato in giurisprudenza, assessore regionale alle Attività produttive, guiderà il centrosinistra. L’ha spuntata sul governatore uscente Paolo Di Laura Frattura che, dopo una lunga e travagliata trattativa, non è stato ricandidato. Tra i 100 nomi delle liste che lo sostengono anche quello del consigliere uscente Cristiano Di Pietro, figlio dell’ex pm di Mani pulite, ex ministro ed ex leader dell’Italia dei Valori. Una sola, invece, la lista guidata da Agostino Di Giacomo, 31 anni, laureato in scienze politiche, operaio metalmeccanico, candidato di Casapound.
Tutti in corsa per un posto da presidente e venti scranni da consigliere regionale. Una sfida che si deciderà per la prima volta con la nuova legge elettorale approvata all’inizio di quest’anno. E che prevede un premio di maggioranza al primo tra i quattro candidati presidenti in corsa, assegnando alla coalizione o alla lista collegata 12 consiglieri (su 20) con sistema proporzionale. Per il candidato presidente secondo classificato scatterà automaticamente il diritto al seggio in consiglio. Gli altri posti saranno assegnato con sistema proporzionale tra le altre formazioni politiche che abbiano superato lo sbarramento del 3% se la coalizione alla quale appartengono abbia ottenuto almeno l’8% dei voti. Un sistema che al Movimento 5 Stelle non dispiacerebbe esportare a livello nazionale. Un altro esperimento per l’Italia dal laboratorio molisano.