Sabine Devieilhe ha debuttato ieri sera a Roma, nella grande sala Santa Cecilia dell’Auditorium con tre arie da concerto di Wolfgang Amadeus Mozart – Vorrei spiegarvi, oh Dio!, Alcandro, lo confesso, Popoli di Tessaglia! – Io non chiedo, eterni Dei; celebri vette del virtuosismo vocale e suoi cavalli di battaglia – che ha anche inciso in uno splendido cd.
Devo confessare di aver atteso con trepidazione di poter sentire dal vivo la cantante francese, perché in disco l’emozione era stata già notevolissima. L’impressione è stata quella di avere davanti un autentico talento interpretativo, una vera musicista, oltretutto dotata di mezzi naturali notevolissimi.
Devieilhe (di primo acchito) sembra far parte di quella schiera di soprani che una volta avrebbero chiamato “usignoli“, ovvero voci di notevole estensione nel registro acuto e sovracuto ma con pochi centri e con bassi inesistenti e soprattutto con un limitato volume. E in effetti Devieilhe parrebbe a primo ascolto rispettare quasi tutti i parametri di questa obsoleta ma utile classificazione dei vociologi, tuttavia con essenziali eccezioni.
Il volume di voce non è di certo enorme ma corre bene nella sala – sintomo di una buona impostazione tecnica – l’estensione è davvero impressionante se si pensa che dal vivo è arrivata a intonare con smagliante scioltezza il sol sovracuto dell’impervia aria Popoli di Tessaglia, noticina ostica (la più acuta mai scritta, come tradizione vuole, per voce umana) anche per una specialista di questo repertorio come Edita Gruberova. Scusate se è poco. Il virtuosismo nella coloratura è altrettanto sbalorditivo: le terzine finali di quella stessa aria sono state scandite in maniera esemplare, sempre perfettamente a fuoco e senza la minima sbavatura.
Quello che si nota (e che su altro repertorio potrebbe costituire un limite) è l’assoluto controllo; il virtuosismo, ad esempio, è smagliante ma non esibito, è esaltante ma trattenuto da un intuito interpretativo che la porta a non stravincere e forse su queste arie di Mozart è la cosa giusta da fare.
Su quel repertorio, non parrebbe orientata a ricalcare le orme di Beverly Sills, la cantante per cui virtuosismo e spacconeria potevano essere simpaticamente sinonimi. L’approccio a queste arie dedicate da Mozart alla cognata – la strabiliante Aloysia Weber, che doveva essere un portento della natura – è da parte di Devieilhe quello di una vera musicista (cosa che non si può sempre dire di un cantante): ogni dettaglio viene musicalmente messo in luce, ogni inflessione viene calcolata.
A voler essere pignoli la cantante manca ancora di un giusto rilievo drammatico – nel grande recitativo di Popoli di Tessaglia dovrebbe sfoggiare un più deciso piglio tragico – ma, per esempio, nel registro elegiaco della sublime aria Vorrei spiegarvi, oh Dio! è stata incantevole e assolutamente convincente.
Ottima anche la prova dell’orchestra di Santa Cecilia e del sapiente accompagnamento del maestro Nicola Luisotti, che con leggerezza hanno saputo assecondare le magnifiche evoluzioni della cantante e un particolare ‘bravo’ al primo oboe, che ha gareggiato in bellezza della linea di canto con il soprano nella prima aria.
Quindi dall’ascolto del magnifico cd dedicato alle arie per Aloysia Weber alla verifica dal vivo non c’è stato nessuno scollamento, solo la piacevolissima conferma e la sorpresa di avere davanti un vero talento vocale, che speriamo di ascoltare di nuovo presto a Roma; magari per una Zerbinetta, ruolo che sembrerebbe scritto per la sua vocalità.