La conclusione dell’esplorazione “impossibile” della presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati è stata sigillata dall’ira funesta di Silvio Berlusconi in una “giornata particolare” non solo per la trattativa al tavolo delle consultazioni.
L’anticipazione del desiderio irrefrenabile di dare una spallata ai partner della coalizione posticcia, imbastita ad Arcore sotto l’albero di Natale, era già plasticamente evidente nella sceneggiata quirinalizia dove B. si era esibito con mosse da ventriloquo accanto a Salvini con evidente disprezzo, in primo luogo, del contesto istituzionale. Una performance che in qualsiasi democrazia degna del nome sarebbe stata bollata universalmente come un’ impensabile e squalificante dimostrazione di cialtroneria politica e istituzionale sufficiente a far calare una pietra tombale su qualsiasi pretesa di protagonismo del “federatore“. Invece “nel paese dei fichi d’ india” duro a morire, aveva trovato benevoli estimatori anche tra sofisticati commentatori, come ad esempio Francesco Merlo che su Repubblica l’aveva inclusa nel “repertorio delle birichinate che hanno resa famosa la sua simpatia pittoresca”.
Alla gag si era poi aggiunto il colpo di mano dell’uscita con “la battutaccia”, come l’aveva definita con pacatezza lo stesso Di Maio, sul M5S da cui bisogna guardarsi “perché non conosce l’abc della democrazia”. A seguire era arrivata inequivocabile da parte di Luigi Di Maio l’ultima chiamata per Matteo Salvini il partner di maggioranza del guitto narcista da cui finora, per motivi di varia natura e probabilmente non solo strettamente politici date le note capacità di dissuasione del “consumato maestro di teatro”, fatica a liberarsi nonostante “intemperanze” e prevaricazioni. Il messaggio era stato lanciato pochi giorni fa da 8 e mezzo chiaro ed inequivocabile per confermare il percorso lineare che il M5S si è dato con continuità fin dal 5 marzo: il “contratto di governo” o comunque lo si voglia chiamare non è, non è mai stato e non sarà rivolto a Silvio Berlusconi né al partito di sua proprietà e nella sua totale disponibilità, anche se non è dato sapere ancora per quanto tempo.
E per essere più incisivo, oltre al riferimento alla “chiusura di uno dei due forni“ su cui ovviamente si è concentrato tutto il dibattito-cicaleccio mediatico eccitato dalla presunta democristianità del capo politico del M5S, Di Maio aveva aggiunto testualmente che “Salvini si assume una responsabilità storica nel legarsi a Berlusconi”.
Quanto quella responsabilità sia “storica”, pesante e sempre più insostenibile, anche per un politico “disinvolto” come Matteo Salvini, è emerso platealmente in una giornata che non è solo una tappa del percorso surreale alla ricerca di un governo ai limiti dell’impossibilità imposto da una legge elettorale “suicida”, nata per impedire la governabilità pur di sfavorire il M5S, analogamente alle sentenze talmente fragili e contraddittorie da essere predestinate all’annullamento.
Probabilmente nella giornata in cui dopo cinque anni doveva uscire la sentenza di primo grado sulla trattativa Stato-Mafia, a cui d’ora in poi non potrà più essere anteposto “cosiddetta”, B. era particolarmente nervoso ed in Molise dà libero sfogo alle offese più becere contro il M5S, non solo “più pericolosi dei comunisti” e “partito dei disoccupati“. Gli odiati pauperisti, populisti, cultori dell’invidia sociale diventano anche “pulitori di cessi ideali per Mediaset” unica occupazione di cui li ritiene degni.
E così quasi contemporaneamente alla pesantissima condanna per la trattativa Stato-Mafia che si abbatte con dodici anni anche sul cofondatore di Forza Italia Marcello Dell’Utri, quale “postino” molto qualificato delle istanze di Cosa Nostra al suo primo governo, il genio della comunicazione non trova niente di meglio che tirare fuori la “pulizia dei cessi” che in Publitalia era appannaggio delle figlie e degli amici di Vittorio Mangano, il mitico “stalliere” di Arcore condannato per mafia.
Una risposta sintetica e minimale gli è arrivata dal senatore del M5S Nicola Morra che gli semplicemente obiettato che “è meglio vivere onestamente, magari grazie al ‘pulire i cessi’ piuttosto che accordarsi con la Mafia”. E a tutti gli inorriditi per l’uscita di Di Battista su Berlusconi “male assoluto” forse è opportuno ricordare che per B. Vittorio Mangano è un eroe che ha subito un vergognoso accanimento giudiziario in quanto non “inventò mai nessuna cosa” contro di lui per uscire dal carcere benché gravemente malato. Non dovrebbe esserci bisogno di spendere molte parole per spiegare perché è impossibile sedersi al tavolo con Silvio Berlusconi che, per inciso, contestualmente all’invettiva contro il M5S e quelli che l’hanno votato ha elogiato il PD per senso di responsabilità e democrazia e ha rilanciato un Nazareno-bis.
Non resta che vedere se la sentenza storica, senza virgolette, che mette nero su bianco come all’origine della Seconda Repubblica ci sia stato un patto scellerato tra Cosa Nostra, tre alti ufficiali dei carabinieri e il braccio destro di Berlusconi quando il suo governo si era da poco insediato, può contribuire a mettere definitivamente fuori gioco dopo 24 anni il “Berlusconi politico” già pesantemente sconfitto nelle urne.