Michele Serra pone il problema di un intero pezzo di Paese che si trova indifeso. Come al solito ci si limita criticare un passaggio, forse errato, di uno scritto che pone un problema serissimo. Gli strati popolari hanno perso ogni strumento culturale per difendersi, per essere popolo e sono relegati sempre più a quello di plebe. Non c’è alcuna spocchia radical chic in questa valutazione. Semmai vi è una fortissima preoccupazione. Un allarme. La morale della classe operai nasceva dal collante e dal ruolo “educativo” delle strutture politiche e di quelle collaterali (Sindacato, Anpi, Arci, Uisp, Udi).
Buona parte dei giovani operai degli anni 70 aveva la licenza media (al sud tanti solo le elementari) ma costruivano una cultura, entravano in un modello culturale che gli veniva trasmesso e che poi trasmettevano a loro volta. Nelle sezioni del partito si cresceva anche umanamente, si veniva “educati”. Restava fuori allora quello che veniva catalogato in sottoproletariato: disoccupati, baraccati, blocchi di persone deportate per far posto alle speculazioni, come nel caso del quartiere catanese di San Berillo. Soggetti senza riferimenti, corpo elettorale del populismo di allora, ovvero del sistema di clientela diffusa della democrazia cristiana, con fasce di ribellismo che si coagulavano (e fornivano manovalanza) attorno ai neofascisti e alle organizzazioni criminali.
Il tema che pone, forse con qualche inciampo, Michele Serra è la perdita di difesa che gli strati popolari hanno subito. Oggi i modelli culturali che hanno retto faticosamente fino agli anni 80 non esistono più. Sono stati sostituiti da Youtube. Gli studenti di Lucca (andate a rivedere il video) si muovono come i personaggi di certi video. Imitano i comportamenti visti sugli smartphone per il semplice motivo che non hanno altro da imitare. Stanno nello schifo delle periferie, studiano perché obbligati cose verso le quali non provano interesse, insegnate da professori stanchi, insoddisfatti e demotivati.
Reagiscono nell’unico modo che conoscono: da cialtroni certo, ma cialtroni si diventa perché nessuno ti ha mai offerto in modello diverso, ti ha educato a stare al mondo, ti ha mai fatto vedere il bello. Hanno rabbia, ma non sanno fare altro che aggredire, spaccare. Cani bastonati, abbandonati al buio, che hanno solo imparato a mordere; questo sono diventati gli adolescenti e i post adolescenti. Dare la colpa alla politica sarebbe troppo facile. Io credo che ci sia una responsabilità collettiva, di ognuno di noi. Singola, personale. Per troppo tempo abbiamo considerato normale piccole e grandi cialtronerie senza indignarci, senza reagire. Lasciando che l’idiozia e il nulla avanzassero senza contrastarli.
Non indigniamoci davanti a questi ragazzi. Prima indigniamoci con noi stessi.