“La sentenza dice che mentre la mafia faceva le stragi in Italia c’era qualcuno delle istituzioni che trattava con i suoi vertici”. Nino Di Matteo, pm simbolo del processo sulla trattativa Stato-mafia, spiega a In mezz’ora in più la decisione con cui il 20 aprile la Corte d’Assise di Palermo ha condannato a 12 anni Marcello Dell’Utri e gli ex vertici del Ros Mario Mori e Antonio Subranni. e assolto l’ex ministro dell’Interno Nicola Mancino dall’accusa di falsa testimonianza.
Poiché nella sentenza si legge che “Marcello Dell’Utri è colpevole del reato ascrittogli limitatamente alle condotte contestate come commesse nei confronti del Governo presieduto da Silvio Berlusconi“, l’espressione “nei confronti” porterebbe a ritenere che l’ex premier fosse vittima, domanda la conduttrice Lucia Annunziata. “Né Silvio Berlusconi, né altri hanno mai denunciato le minacce mafiose, né prima né dopo”, la risposta del pubblico ministero.
“Nel nostro sistema costituzionale le sentenze vengono pronunciate nel nome del popolo italiano e possono essere criticate e impugnate. Il problema è che quando le sentenze riguardano uomini che esercitano il potere devono essere conosciute“, ha argomentato il pm. Riguardo la presenza di quello del leader di Forza Italia quale unico nome di un esponente delle istituzioni citato nel dispositivo, Di Matteo ha spiegato: “C’è una sentenza definitiva che afferma che dal ’74 al ’92 Dell’Utri si fece garante di un patto tra Berlusconi e le famiglie mafiose palermitane. Ora questa sentenza dice che quella intermediazione non si ferma al ’92, ma si estende al primo governo Berlusconi. Questi sono fatti che devono essere conosciuti e non sempre sono stati adeguatamente sottolineati”. “Poi resta da capire come mai rispetto al fallito attentato all’Olimpico di Roma, il 23 gennaio 1994, Cosa nostra abbandonò le stragi e avviò una lunga fase di tregua nell’evitare il frontale attacco allo Stato. Questo dovrebbe essere uno spunto di riflessione”, ha aggiunto.
Di Matteo ha illustrato la portata “storica” della sentenza: “Il dispositivo è chiaro: gli ufficiali dei carabinieri sono stati condannati per avere svolto un ruolo di cinghia di trasmissione delle richieste della mafia nel ’92 quindi rispetto ai governi della Repubblica presieduti da Amato e Ciampi, mentre Dell’Utri è stato condannato per avere svolto il medesimo ruolo nel periodo successivo a quando Berlusconi è diventato premier. Questi sono i fatti per cui gli imputati sono stati condannati. È un fatto oggettivo”, ha spiegato il pm.
Perché per il primo periodo la sentenza non riporta i nomi di Amato e Ciampi?, ha domandato la conduttrice. “Come ho detto nella requisitoria, non riteniamo che quei carabinieri abbiano agito da soli – ha premesso Di Matteo – è ovvio che noi abbiamo agito verso soggetti che ritenevamo coinvolti sulla base di un quadro probatorio solido. Non abbiamo avuto prove concrete per agire contro livelli più alti, ma pensiamo che i carabinieri siano stati mandati e incoraggiati da altri. Quei carabinieri ricompensati con carriere brillanti sono stati mandati”. “Ci vorrebbe ‘un pentito di Stato‘ – ha detto ancora Di Matteo – uno delle istituzioni che faccia chiarezza e disegni in modo ancora più completo cosa avvenne negli anni delle stragi”.
Il “silenzio assordante” di Anm e Csm – Come esce Nino Di Matteo da questo processo sotto il punto di vista umano?, ha domandato Lucia Annunziata: “Quello che mi ha fatto più male è che rispetto alle accuse di usare strumentalmente il lavoro abbiamo avvertito un silenzio assordante di chi speravamo ci dovesse difendere, che invece è stato zitto, come l’Associazione nazionale magistrati e il Consiglio superiore della magistratura“. Il presidente dell’Anm Francesco Minisci ha poi replicato alle parole di Di Matteo: “L’Associazione ha sempre difeso dagli attacchi l’autonomia e l’indipendenza dei magistrati”. “Lo ha fatto – ha detto – a favore dei colleghi di Palermo e continuerà sempre a difendere tutti i magistrati attaccati, pur non entrando mai nel merito delle vicende giudiziarie”.
Di Matteo ha respinto al mittente anche le accuse circa una sua presunta politicizzazione: “Ho partecipato a un dibattito sulla giustizia organizzato dal Movimento 5 Stelle, ma a parlare di giustizia sarei andato anche se fosse stato organizzato da altre forze politiche. Ho sempre sostenuto la gravità dei rapporti tra mafia e politica: se qualcuno manifesta stima nei miei confronti non ho motivo di impedirlo e non ho nulla di cui vergognarmi. Tutto il resto è bagarre politica. Accusare una sentenza di Corte d’Assise di rispondere a criteri partitici è ingiusto e offensivo“.
Riguardo alla possibilità per un magistrato di intraprendere la carriera politica il pm ha sottolineato la necessità di norme che regolamentino un eventuale rientro tra le toghe: “Ho sempre detto che non vedo nulla di scandaloso se un magistrato con determinati paletti possa dismettere la toga e dare un suo contributo al Paese soprattutto nei settori che conosce sotto un’altra veste, partecipando alla vita politica e accettando incarichi di governo. Credo, però, debba essere regolata meglio la possibilità di tornare in magistratura”.
Cosa Nostra
Trattativa, Di Matteo: “Se Dell’Utri lo ha minacciato, Berlusconi non ha mai denunciato”
Il sostituto procuratore titolare dell'inchiesta ha illustrato a "In mezz'ora in più" su Rai Tre la portata della sentenza: "Gli ufficiali dei carabinieri sono stati condannati per avere svolto un ruolo di cinghia di trasmissione delle richieste della mafia nel '92 rispetto ai governi Amato e Ciampi", mentre l'ex senatore di FI ha svolto il medesimo ruolo nel primo governo Berlusconi". Poi ha accusato Csm e Anm di un "silenzio assordante". La replica dell'Associazione nazionale magistrati: "Sempre difeso i colleghi"
“La sentenza dice che mentre la mafia faceva le stragi in Italia c’era qualcuno delle istituzioni che trattava con i suoi vertici”. Nino Di Matteo, pm simbolo del processo sulla trattativa Stato-mafia, spiega a In mezz’ora in più la decisione con cui il 20 aprile la Corte d’Assise di Palermo ha condannato a 12 anni Marcello Dell’Utri e gli ex vertici del Ros Mario Mori e Antonio Subranni. e assolto l’ex ministro dell’Interno Nicola Mancino dall’accusa di falsa testimonianza.
Poiché nella sentenza si legge che “Marcello Dell’Utri è colpevole del reato ascrittogli limitatamente alle condotte contestate come commesse nei confronti del Governo presieduto da Silvio Berlusconi“, l’espressione “nei confronti” porterebbe a ritenere che l’ex premier fosse vittima, domanda la conduttrice Lucia Annunziata. “Né Silvio Berlusconi, né altri hanno mai denunciato le minacce mafiose, né prima né dopo”, la risposta del pubblico ministero.
“Nel nostro sistema costituzionale le sentenze vengono pronunciate nel nome del popolo italiano e possono essere criticate e impugnate. Il problema è che quando le sentenze riguardano uomini che esercitano il potere devono essere conosciute“, ha argomentato il pm. Riguardo la presenza di quello del leader di Forza Italia quale unico nome di un esponente delle istituzioni citato nel dispositivo, Di Matteo ha spiegato: “C’è una sentenza definitiva che afferma che dal ’74 al ’92 Dell’Utri si fece garante di un patto tra Berlusconi e le famiglie mafiose palermitane. Ora questa sentenza dice che quella intermediazione non si ferma al ’92, ma si estende al primo governo Berlusconi. Questi sono fatti che devono essere conosciuti e non sempre sono stati adeguatamente sottolineati”. “Poi resta da capire come mai rispetto al fallito attentato all’Olimpico di Roma, il 23 gennaio 1994, Cosa nostra abbandonò le stragi e avviò una lunga fase di tregua nell’evitare il frontale attacco allo Stato. Questo dovrebbe essere uno spunto di riflessione”, ha aggiunto.
Di Matteo ha illustrato la portata “storica” della sentenza: “Il dispositivo è chiaro: gli ufficiali dei carabinieri sono stati condannati per avere svolto un ruolo di cinghia di trasmissione delle richieste della mafia nel ’92 quindi rispetto ai governi della Repubblica presieduti da Amato e Ciampi, mentre Dell’Utri è stato condannato per avere svolto il medesimo ruolo nel periodo successivo a quando Berlusconi è diventato premier. Questi sono i fatti per cui gli imputati sono stati condannati. È un fatto oggettivo”, ha spiegato il pm.
Perché per il primo periodo la sentenza non riporta i nomi di Amato e Ciampi?, ha domandato la conduttrice. “Come ho detto nella requisitoria, non riteniamo che quei carabinieri abbiano agito da soli – ha premesso Di Matteo – è ovvio che noi abbiamo agito verso soggetti che ritenevamo coinvolti sulla base di un quadro probatorio solido. Non abbiamo avuto prove concrete per agire contro livelli più alti, ma pensiamo che i carabinieri siano stati mandati e incoraggiati da altri. Quei carabinieri ricompensati con carriere brillanti sono stati mandati”. “Ci vorrebbe ‘un pentito di Stato‘ – ha detto ancora Di Matteo – uno delle istituzioni che faccia chiarezza e disegni in modo ancora più completo cosa avvenne negli anni delle stragi”.
Il “silenzio assordante” di Anm e Csm – Come esce Nino Di Matteo da questo processo sotto il punto di vista umano?, ha domandato Lucia Annunziata: “Quello che mi ha fatto più male è che rispetto alle accuse di usare strumentalmente il lavoro abbiamo avvertito un silenzio assordante di chi speravamo ci dovesse difendere, che invece è stato zitto, come l’Associazione nazionale magistrati e il Consiglio superiore della magistratura“. Il presidente dell’Anm Francesco Minisci ha poi replicato alle parole di Di Matteo: “L’Associazione ha sempre difeso dagli attacchi l’autonomia e l’indipendenza dei magistrati”. “Lo ha fatto – ha detto – a favore dei colleghi di Palermo e continuerà sempre a difendere tutti i magistrati attaccati, pur non entrando mai nel merito delle vicende giudiziarie”.
Di Matteo ha respinto al mittente anche le accuse circa una sua presunta politicizzazione: “Ho partecipato a un dibattito sulla giustizia organizzato dal Movimento 5 Stelle, ma a parlare di giustizia sarei andato anche se fosse stato organizzato da altre forze politiche. Ho sempre sostenuto la gravità dei rapporti tra mafia e politica: se qualcuno manifesta stima nei miei confronti non ho motivo di impedirlo e non ho nulla di cui vergognarmi. Tutto il resto è bagarre politica. Accusare una sentenza di Corte d’Assise di rispondere a criteri partitici è ingiusto e offensivo“.
Riguardo alla possibilità per un magistrato di intraprendere la carriera politica il pm ha sottolineato la necessità di norme che regolamentino un eventuale rientro tra le toghe: “Ho sempre detto che non vedo nulla di scandaloso se un magistrato con determinati paletti possa dismettere la toga e dare un suo contributo al Paese soprattutto nei settori che conosce sotto un’altra veste, partecipando alla vita politica e accettando incarichi di governo. Credo, però, debba essere regolata meglio la possibilità di tornare in magistratura”.
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Politica
Tajani: “L’Italia non userà fondi di coesione per comprare armi”. Si spacca il Pd: chi sta con Schlein
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "I fondi di coesione sono fondamentali per ridurre i divari e le disuguaglianze nel nostro paese e in tutta Europa, non possono e non devono essere usati per spese militari. Il Pd oggi ha difeso questa impostazione. Un’Europa forte e sicura e’ innanzitutto un’Europa più coesa. Elly Schlein e Giuseppe Provenzano hanno detto anche questo oggi al vertice socialista a Bruxelles. Dobbiamo essere tutti uniti per la tutela di questo strumento necessario a garantire protezione sociale e opportunità per una crescita giusta". Così in una nota Marco Sarracino, responsabile Coesione territoriale, Sud e aree interne nella segreteria nazionale del Pd.
Roma, 6 mar (Adnkronos) - "Un episodio grave e inaccettabile che deve essere condannato con forza e determinazione: la sofferenza del popolo palestinese non può e non deve essere strumentalizzata da delinquenti intenzionati a spargere nelle nostre città odio antisemita profanando un luogo nato per coltivare la memoria dell’orrore della Shoah". Lo dice all'Adnkronos il deputato del Pd Andrea Casu a proposito della vicenda del museo della Shoah di Roma.
Milano, 6 mar. (Adnkronos) - La Procura di Milano ha chiesto al Comune - nell'ambito dell'inchiesta sull'urbanistica - la consegna delle dichiarazioni e delle comunicazioni (previste per legge) concernenti "l'assenza di conflitti di interesse, anche potenziali", sottoscritte da Giovanni Oggioni (arrestato ieri per corruzione), sia riguardo l'incarico di direttore del Sportello unico per l'edilizia (Sue), che per quello di componente della Commissione per il paesaggio; dell'ex dirigente Franco Zinna; degli indagati Andrea Viaroli e Carla Carbone e "di tutti i membri delle Commissioni per il paesaggio, a partire almeno dal 2015 in poi", ossia delle quattro commissioni (compresa l'attuale) che si sono succedute nel corso degli ultimi dieci anni.
Per la procura, si legge nel provvedimento, è "altrettanto necessario completare (aggiornandole sino alla data odierna) le acquisizioni dei 'verbali delle riunioni cosiddette di staff', nonché i verbali della Commissione attuazione nuovo Pgt e la relativa determina del 23 luglio 2020, nonché del 'Gruppo di lavoro' istituito in seno all'Area Rigenerazione Urbana", a partire dal primo giugno 2024 a oggi.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "In un mutato e minaccioso quadro internazionale, il piano Ue per la difesa è per i Socialisti e Democratici europei un primo importante passo per assicurare il necessario sostegno all’Ucraina e la sicurezza dei nostri cittadini. A Bruxelles siamo al lavoro perché dal Parlamento venga una spinta forte nella direzione della condivisione e del coordinamento degli investimenti, verso una vera difesa comune europea". Lo scrive sui social l'eurodeputato Pd, Giorgio Gori.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "La linea del Partito Socialista Europeo è chiara, netta ed inequivocabile: il ReArm Europe è un atto iniziale importante per la creazione di una difesa comune europea". Lo scrive la vicepresidente del Parlamento Ue, Pina Picierno del Pd, sui social.
"Non c’è nessuna rincorsa bellicista, nessuna distruzione del welfare e di quanto con fatica abbiamo costruito dopo la pandemia ma solo la necessità di rendere più sicuro il nostro continente e le nostre democrazie. Cosi come fu per il NextGenerationEu siamo davanti ad una svolta storica per l’Unione Europea che punterà su indipendenza strategica, acquisti comuni e innovazione".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - “Per la difesa europea servono investimenti comuni in sicurezza, una sola politica estera, economia forte e società coesa, serve un vero salto di qualità verso gli Stati Uniti d’Europa. Di fronte alle minacce che si profilano bisogna sostenere le nostre capacità di difesa nel modo più credibile, senza frammentare le spese tra gli Stati e neanche dando ancora soldi all’America come vorrebbe Trump. Il punto di vista portato dalla segretaria Schlein al vertice del Pse è stato ascoltato ed è positivo l’accordo dei socialisti europei sui fondi di coesione. Il Pd indica una strada di fermezza, consapevolezza e responsabilità sociale, senza farsi distrarre da alcun richiamo”. Lo dichiara Debora Serracchiani, componente della segreteria nazionale del Partito democratico.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Decidere maggiori investimenti per rendere più sicuro e protetto il nostro continente è una scelta non più rinviabile. La difesa europea è un pilastro fondamentale della nostra autonomia strategica. Non possiamo avere tentennamenti su questo obiettivo. La discussione non è sul se, ma sul come arrivarci". Così Alessandro Alfieri, capogruppo Pd in commissione Esteri e Difesa a Palazzo Madama.
"In questi giorni i nostri a Bruxelles stanno facendo un lavoro prezioso per evitare che si utilizzino i fondi di coesione per finanziare spese militari e per incentivare, attraverso gli strumenti europei vecchi e nuovi, le collaborazioni industriali e gli acquisti comuni fra Paesi Europei, l’interoperabilità dei sistemi e i programmi sugli abilitanti strategici (spazio, cyber, difesa aerea, trasporto strategico). In questo quadro, va salutato positivamente che dopo il Next Generation si consolidi l’idea di emettere debito comune per finanziare un bene pubblico europeo come la difesa".
"Anche perché sarà per noi meno complicato continuare la nostra battaglia per estenderlo agli altri pilastri dell’autonomia strategica, a partire dalle politiche per accompagnare la transizione ecologica e digitale. Un passo importante quindi, come sottolineato dal nostro gruppo a Bruxelles, a cui certamente ne dovranno seguire altri se si vuole davvero rafforzare la nostra difesa comune”.