Nell’aprile del 2015 fa Vittorio Emiliani ed io rendiamo pubblico un appello in cui si chiede di trasferire in altra sede il concorso ippico, che bloccava per due mesi – fra allestimento, gare e disallestimento – non solo la splendida piazza di Siena, danneggiando fra l’altro la pregiata vegetazione della Piazza, ma anche una vasta zona circostante, chiusa ai romani ed ai turisti di tutto il mondo e trasformata in uno squallido suk di bancarelle. Oltre a raccogliete l’adesione di centinaia di esponenti della cultura romana, convinciamo senza difficoltà delle nostre buone ragioni gli assessori all’Ambiente Estella Marino e alla Cultura Giovanna Marinelli ed il sovrintendente Agostino Bureca. La relativa delibera è già all’esame del sindaco Marino – che era d’accordo con noi – quando intervenne la crisi della giunta.

Passano quasi tre anni e, nel gennaio del 2018 tutti i giornali riportano in cronaca di Roma, le seguenti notizie:
a) E’ in fase di definizione (ma secondo alcuni è già firmato) un accordo fra Comune e Coni/Fise (Federazione italiana sport equestri) che affida ai due enti, per la durata di otto anni, la cura di Piazza di Siena;

b) L’accordo prevede che le gare siano diverse, oltre al tradizionale concorso ippico di maggio. Questo implica – anche se non esplicitato – che le attrezzature per il pubblico, non potendo essere allestite e disallestite più volte l’anno, restino permanentemente in sede;

c) La “privatizzazione” di fatto di Piazza di Siena viene completata destinando a non meglio precisati “ricevimenti” la Casina dell’Orologio, dalla quale (guarda caso) sono intanto scomparsi gli uffici comunali che vi avevano sede da anni. Risultato immediato: la bella palazzina è chiusa ed è iniziato il suo fatale degrado.

Dinanzi a queste notizie – visto che sia i politici sia i giornalisti “che fanno opinione” non se le filano per niente – Emiliani e io lanciamo una seconda petizione, indicando anche una valida alternativa per il concorso ippico: il circolo di Tor di Quinto, bellissimo, tenuto in gran forma dai Lanceri di Montebello, con il vantaggio di un vasto parcheggio laddove sorgeva il teatro Tenda.

Si attivano con noi Alix Von Buren, presidente dell’associazione “Amici di villa borghese”, e Alberto Benzoni, presidente di “Roma nuovo secolo” e già vicesindaco con Argan e Petroselli. Questa volta firmano l’appello oltre 1.300 romani, fra cui grandi scrittori, urbanisti, esperti di giardinaggio, attori e registi, giornalisti e uomini di cultura.
Stefano Fassina presenta una durissima interrogazione in Consiglio comunale ed anche altri esponenti della opposizione – Giachetti in testa – cominciano a chiedere lumi. Ma lì si femano.

Il 24 marzo scorso Marco Di Paola, presidente della Fise, e Diego Nepi, direttore marketing del Coni, tengono una conferenza stampa in cui praticamente negano tutte le indiscrezioni della stampa, dimenticando l’intervista a Rai Sport in cui invece Di Paola le confermava, sostenuto da un soddisfatto assessore allo sport Daniele Frongia (il cui ufficio stampa afferma però che “non è tema di sua competenza”. Figuriamoci che avrebbe combinato se lo fosse stato).

Mentre Di Paola è taciturno (un maligno sussurra: “non sarà caduto da cavallo?”), Di Nepi è smagliante e ci trascina tutti al Galoppatoio, dove camminiamo schivando preservativi e siringhe. Qui il dirigente, brillante e belloccio, ci informa che Coni e Fise si faranno carico anche del Galoppatoio, che tornerà alla sua originaria vocazione equestre. Ed eccoci alle novità dei giorni nostri e alla dura verità.
1) Solo un paio di gare al giorno si svolgeranno a Piazza di Siena, mentre le altre – compresa la mitica inaugurazione e (chissà) la carica finale – avranno come scenario le lande del Galoppatoio. E questa è una notizia. Con tutte le spiacevoli conseguenze, in termini di maggiore invasione di Villa Borghese, derivanti dalla doppia sede del concorso.

2) Questa decisione deriverebbe dal fatto che il decantato prato realizzato dalla FISE inibendo per otto mesi ai romani l’accesso all’ovale di Piazza di Siena (quanta ginnastica e che belle corsette ci abbiamo fatto prima dello “inerbimento” ) non sarebbe in grado di reggere. E questa è una indiscrezione, che però sa tanto di notizia.

3) Sono un analfabeta informatico, ma ho scoperto che gli onesti cavallari sono fortemente delusi – se non infuriati – contro la dirigenza della Fise e del Coni per queste spiacevoli novità.

Conclusione: se il rifiuto di spostare altrove il Concorso era legato soprattutto allo “impagabile scenario di Piazza di Siena”, ora che il concorso si svolgerà per la maggior parte nello squallido Galoppatoio, perché continuare a rifiutare i patinati campi di Tor di Quinto?

Che ci dicono gli assessori competenti? E la sindaca? E perché l’opposizione non ci va giù pesante?
La vogliamo finire con questa pagliacciata?

P.s. Ho intitolato questo mio articoletto “Febbre da cavallo” in omaggio al bellissimo film in cui Proietti e Montesano raccontavano della passione dei romani per l’ippica (ma pochi anni prima, essendo un ginnasiale che viveva a Milano, la domenica andavo a San Siro dove un astuto barista mi faceva spendere una quantità di soldi in cambio di notizie sul “cavallo sicuro”). Oggi, il mio amico Maurizio Fiasco – massimo esperto della materia – ci dice che su un totale di 96 miliardi l’anno destinati a gioco d’azzardo e scommesse, solo 600 milioni sono legati all’ippica, con un calo interrotto di anno in anno. In altre parole – come dimostrano i giornali e le televisioni – agli italiani (e ai romani in specie) dell’ippica nun jene pò fregà de meno. E allora, ridiamo Piazza di Siena a chi vuol godersene la pace e lo splendore.

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