“Bisogna punire questi diavoli”, “Gli italiani sono peggio degli animali”, diceva alla moglie durante le loro telefonate. Eli Bombataliev, 38enne ceceno, era pronto a partire per il Belgio, accertarono le indagini che hanno portato al suo arresto nel luglio 2017.
Dieci mesi dopo, il gup del Tribunale di Bari, Marco Galesi, lo ha condannato alla pena di 5 anni di reclusione per i reati di terrorismo internazionale di matrice islamica e istigazione alla jihad. La sentenza è stata emessa al termine di un processo celebrato con il rito abbreviato.
Stando alle indagini della Digos e della Guardia di finanza di Foggia, coordinate dai pm della Dda barese Giuseppe Gatti e Lidia Giorgio, l’uomo – che era stato segnalato anche dall’Aisi – è un foreign fighter ceceno dell’Isis appartenente al gruppo terroristico Emirato del Caucaso, arrivato a Foggia dal Belgio nel 2012 dove subito aveva ottenuto lo status di rifugiato.
Negli anni avrebbe intrattenuto contatti sospetti con ceceni in Belgio, in Germania e in Siria e contro di lui sono state intercettate telefonate nelle quali fa esplicito riferimento ad attentati terroristici, alla sua volontà di tornare a combattere in Siria e alla sua partecipazione all’assalto di Grozny (Cecenia) del dicembre 2014 alla ‘Casa della Stampa’ e ad una scuola, costato la vita a 19 persone. Dagli accertamenti è emerso anche che avrebbe istigato al martirio la moglie, una 49enne russa poi espulsa, con la richiesta esplicita di diventare una “shahidka”, donna kamikaze con cintura esplosiva.
Bombataliev era stato ospitato a lungo nell’associazione culturale Al Dawa di Foggia, il cui presidente, il 59enne Mohy Eldin Mostafa Omer Abdel Rahman di origini egiziane, è stato arrestato nelle scorse settimane con l’accusa di indottrinare bambini alla jihad dicendo, tra le altre cose, “tagliate le teste ai miscredenti”.