Avevano denunciato pubblicamente l’affronto di far tornare l’ambasciatore italiano al Cairo nel giorno di Ferragosto 2017. Poi il “disinteresse” mostrato dalle istituzioni italiane a più di sei mesi da quell’insediamento. Ora i genitori di Giulio Regeni chiedono almeno che la tomba del figlio non sia territorio politico, dopo che il segretario reggente del Partito democratico, Maurizio Martina, si è recato “in forma privata” alla tomba di Giulio a Fiumicello (Udine). Ma con lui è entrato nel cimitero anche un fotografo. E Martina non si è sottratto alla foto di rito. A meno di una settimana dalle elezioni in Friuli Venezia Giulia.
“Nessuna strumentalizzazione su Giulio, chi va a trovarlo in cimitero non si fa la foto che non abbiamo mai voluto”, ha scritto su Facebook la madre di Regeni, Paola Deffendi. “È un fatto gravissimo”. Dopo una prima replica arrivata dal Nazareno, in cui si diceva che “le foto diffuse sono state prontamente rimosse ieri come richiesto dalla famiglia”, Martina in serata ha fatto sapere di essersi scusato: “Ho chiamato la madre di Giulio Regeni e mi sono scusato con lei e con la famiglia per l’accaduto. L’intenzione è stata quella di tenere viva la memoria di Giulio andandolo a trovare per qualche minuto essendo nel suo paese natale”, ha detto il segretario reggente del Pd. Che tuttavia da ministro mai si era interessato alla vicenda del ricercatore: facendo una ricerca nell’archivio dell’Ansa, si scopre che è la prima volta dal 3 febbraio 2016, giorno in cui il ricercatore venne trovato morto in Egitto, che l’agenzia registra una sua dichiarazione sul tema. In un solo lancio si trovano i nomi di Giulio Regeni e di Maurizio Martina: quello di ieri, 23 aprile, che parla della visita del segretario reggente del Pd alla tomba del giovane di Fiumicello.
Sulla vicenda è intervenuto anche il portavoce di Amnesty International Italia, Riccardo Noury, che ha dedicato al segretario del Pd Martina parole non tenere. “In visita privata col fotografo al seguito?”, ha scritto Noury su Twitter. “Un altro sciacallo, i cui due governi non hanno fatto nulla per avere verità per Giulio Regeni”. Verità che sembra ancora lontana: secondo le ultime informazioni, la collaborazione tra la procura di Roma e quella del Cairo si è fermata alla lettura del faldone di mille pagine consegnato a metà dicembre dall’Egitto agli inquirenti capitolini. Intanto le relazioni fra i due Paesi si fanno sempre più forti, come testimonia l’inaugurazione del super-giacimento di gas dell’Eni avvenuto a fine gennaio alla presenza del presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi e dell’ambasciatore italiano Giampaolo Cantini.