Non è un accordo, ma un primo passo per iniziare un dialogo sui “temi”. Un nuovo tentativo che, stando a quando dichiarato dai 5 stelle, è anche l’ultimo possibile prima di chiedere il ritorno al voto. Il Pd e il Movimento 5 stelle sono usciti dal primo incontro con il presidente della Camera Roberto Fico e hanno dato segnali di apertura. “Con spirito di leale collaborazione”, ha detto per primo il dem Maurizio Martina, “non nascondendoci le diversità e punti di partenza differenti anche dal punto di vista programmatico su temi essenziali, ci impegniamo ad approfondire questo possibile percorso di lavoro”. “Esprimo apprezzamento per l’apertura”, ha replicato poco dopo Luigi Di Maio. Certo la lista delle condizioni è lunga e piena di ostacoli: da una parte i democratici dovranno passare dal voto della direzione e affrontare la rivolta dei renziani, dall’altra i 5 stelle chiederanno la ratifica dell’eventuale contratto di governo da parte degli iscritti M5s alla piattaforma Rousseau. Ma qualcosa si è mosso: il mandato esplorativo della terza carica dello Stato, mirato alla ricerca della maggioranza tra Pd e 5 stelle, per ora non ha trovato veti insormontabili come quello della presidente Maria Elisabetta Alberti Casellati. Innanzitutto non è stato messo in discussione Di Maio, segno che almeno per ora anche i democratici, se otterranno garanzie sui temi (Martina ha chiesto ad esempio risposte su Europa, lavoro e democrazia), non si opporranno alla sua leadership. Il capo politico 5 stelle, come richiesto dal Pd, ha riconosciuto la chiusura definitiva del fronte con la Lega accusando Matteo Salvini di “volersi consegnare all’irrilevanza”: (“Forse voleva dire coerente e leale”, gli ha replicato poi il leader del Carroccio. Di Maio comunque, dopo il colloquio con Fico si è rivolto direttamente ai dem e ha detto: “Con il Pd ci sono profonde differenze e anche dei trascorsi da non ignorare ma sui temi ci siamo. Chiedo al Pd di venire al tavolo per verificare i presupposti”. Ma ha anche detto, per la prima volta: “Se fallisce questo percorso per noi si torna al voto. Con 388 parlamentari non possiamo essere all’opposizione”.
I segnali, iniziati già in mattinata dal fronte Pd, indicano però che qualcuno crede nell’apertura. Ma il vero problema ora è interno: riuscire a convincere le anime ribelli dell’una e dell’altra parte a votare la fiducia e stare nel patto. Il Pd, il primo a essere stato ricevuto da Fico, è entrato diviso alle consultazioni e ne è uscito comunque spaccato. Infatti mentre il segretario reggente Maurizio Martina si dimostrava possibilista alle aperture e condizionava il tutto a una valutazione della direzione dem, i fedelissimi dell’ex segretario su Twitter si affrettavano a scrivere che avrebbero votato contro. L’hashtag utilizzato, #senzadime, è lo stesso finito al centro delle polemiche nei giorni subito dopo il voto perché diffuso da un numero limitato di account sospetti. Oggi a usarlo sono gli stessi renziani, da Michele Anzaldi ad Anna Ascani fino a Sandro Gozi. Tutti in coro ribadiscono che, se interpellati, voteranno contro.
Di Maio: “Apprezzamento per le parole di Martina”. Giovedì assemblea gruppi M5s
Per i 5 stelle è un momento molto delicato. Il forno Pd è uno dei più rischiosi: la base e molti degli eletti temono che il compromesso per sedersi al tavolo con gli avversari storici sia troppo rischioso. E anche di questo parleranno nell’assemblea dei gruppi parlamentari in programma giovedì 26 aprile. Di Maio però rimane convinto dell’importanza di continuare a sondare le reali intenzioni del Partito democratico, per vedere anche fino a che punto accetteranno di stare al gioco. E per farlo ha chiuso definitivamente a Matteo Salvini, almeno davanti ai riflettori: “Salvini si è condannato a irrilevanza. Governo con centrodestra non più percorribile. Qualsiasi discorso con la Lega si chiude qui”. E ha ribadito che l’accordo sarà ratificato dagli iscritti alla piattaforma Rousseau. “Sono passati circa 50 giorni in cui abbiamo provato in tutti modi e tutte le forme a firmare un contratto di governo per il cambiamento del Paese con Salvini e la Lega ma loro hanno deciso di condannarsi all’irrilevanza per rispetto dei loro alleati e del loro alleato invece di andare al governo nel rispetto degli italiani. E’ chiaro che un governo del centrodestra non è più un’ipotesi percorribile, gli unici che non l’hanno capito sono forse proprio loro ma dopo il fallimento del mandato di Casellati quell’ipotesi tramonta del tutto”. Nel merito della parole di Martina invece, ha detto: “Abbiamo apprezzato le parole del segretario del Pd Martina, sono parole che vanno in direzione dell’apertura. Abbiamo detto al presidente Fico che manteniamo la linea delle elezioni, di insistenza sui temi per il cambiamento del paese e abbiamo detto che non rinunciamo ai nostri valori e alle nostre battaglie politiche”. “Se fallisce con il Pd, noi chiederemo il ritorno al voto. Con 388 parlamentari non possiamo essere opposizione”.
Martina apre, i renziani si ribellano. Ma il confronto è rimandato alla direzione
La strategia dell’apertura Pd è gestita dal segretario reggente Martina, sostenuto dalle anime dialoganti come Dario Franceschini e Andrea Orlando. Davanti a Fico si è presentato con i due capigruppo Graziano Delrio e Andrea Marcucci, ma anche il presidente Pd Matteo Orfini. Uscendo dal colloquio con il presidente della Camera ha dato il via alle manovre di dialogo, ma chiedendo come prima condizione che sia chiuso il fronte di accordo con la Lega e che “il percorso nuovo” sia approvato e discusso dalla direzione. E, come presupposto per far andare avanti il dialogo, ha chiesto che arrivino risposte su tre temi definiti prioritari dai democratici: “un’agenda europeista”, il rinnovamento della “democrazia superando il populismo” e le “politiche del lavoro rispettando gli equilibri di finanza pubblica”. Durissima la reazione a caldo del fronte renziano che, a più voci, ha chiuso e annunciato il voto contrario nella direzione che potrebbe essere convocata già il 30 aprile.
“Abbiamo detto a Fico una cosa”, ha dichiarato Martina al termine dell’incontro, “dopo 50 giorni di questa situazione che abbiamo tutti osservato e vissuto di impossibilità ad arrivare ad una proposta di governo, noi siamo disponibili a valutare il fatto nuovo se verrà confermato in queste ore e cioè la fine di qualsiasi tentativo di un accordo con la Lega“. Il segretario reggente ha quindi dato segnali di apertura, condizionati però da un confronto con “i gruppi dirigenti”: “Con spirito di leale collaborazione, non nascondendoci le diversità e punti di partenza differenti anche dal punto di vista programmatico su temi essenziali, ci impegniamo ad approfondire questo possibile percorso di lavoro comunque coinvolgendo i nostri gruppi dirigenti”. Quindi “la direzione nazionale deve essere chiamata a valutare, approfondire discutere ed eventualmente deliberare un percorso nuovo che ci coinvolga”. Martina in particolare ha chiesto “risposte” sulle “priorità del Partito democratico”. Il Pd è disponibile a dialogare con M5s sulla base dei 100 punti del suo programma di governo e su tre punti “già evidenziati durante le consultazioni al Quirinale”: una “agenda europeista”, il “rinnovamento della democrazia superando il populismo”, politiche del lavoro “rispettando gli equilibri di finanza pubblica”. Quindi Martina ha concluso: “Attendiamo di capire gli sviluppi, lo faremo con la massima disponibilità, tenendo fermi la chiarezza, la responsabilità, il riconoscimento della fase del Paese che sta attraversando. Il tira e molla di questi 50 giorni che non hanno prodotto nulla non lo si deve certo al Pd“.
Le prime reazioni di chiusura sono arrivate appunto dagli esponenti più vicini a Matteo Renzi. Intanto Matteo Orfini, che pur essendo stato parte della delegazione ha detto: “Di Maio in questo momento ci sta chiedendo pubblicamente di fare un accordo sulla base di un confronto programmatico. Per chiarezza, sulla proposta di un accordo per un governo politico Pd-M5s la mia personale posizione resta la stessa di sempre: sono contrario”. Salvo poi aggiungere che comunque convocherà al più presto la direzione. Ancora più duri i renziani storici. Il deputato Michele Anzaldi ad esempio, su Twitter ha inveito: “Davvero qualcuno nel Pd pensa di fare il governo con Di Maio e Casaleggio? Messaggio incomprensibile e umiliante per i nostri elettori”. Ma anche la deputata Anna Ascani: “Qualora il reggente Martina sottoponesse qualsivoglia ipotesi di governo Pd-5 stelle alla direzione del partito, io voterò convintamente, senza esitazioni, contro”. Stessa opinione anche per il sottosegretario agli Affari europei Sandro Gozi: “Al momento non vedo le condizioni per un accordo con il M5s e in direzione nazionale voterei contro. Cosa ne pensa Renzi? Chiedetelo a lui”, ha sorriso Gozi, secondo il quale “la chiusura del dialogo con la Lega sarebbe il primo, minimo segnale dal M5s”. No anche da Alessia Morani: “Sono certa che nessuno si stupirà se, in coerenza con quanto ho sempre affermato, dovessi esprimere la mia contrarietà a un’ipotesi di accordo politico con i Cinquestelle. Non trovo un solo punto di contatto tra noi e loro, abbiamo programmi incompatibili a partire da lavoro, scuola e salute. Troppe cose ci dividono, le distanze sono incolmabili”. Tra chi invece lascia uno spiraglio all’ipotesi di accordo c’è Gianni Cuperlo: “Sono d’accordo con Maurizio Martina”, ha detto. “Se il Movimento 5 stelle dichiara archiviato il tavolo con la Lega, il Pd deve tener conto della novità. La direzione, da convocare al più presto, si confronti ed esprima sul nuovo scenario una posizione condivisa”.
Politica
Governo, il tavolo Pd-M5s è aperto. Di Maio: “Discorso con la Lega finisce qui, elezioni se fallisce questo percorso”
Il primo giro di incontri del presidente della Camera ha raccolto segnali di apertura da parte dei dem e dei 5 stelle. Anche se la lista delle condizioni rimane lunga: i primi chiederanno il voto della direzione, i secondi faranno ratificare l'eventuale accordo agli iscritti tramite la piattaforma Rousseau. Per il momento non viene messa in discussione la leadership del capo politico 5 stelle. Renziani in rivolta e preoccupazione tra i grillini. Salvini replica: "Io condannato all'irrilevanza? Forse volevano dire che sono leale e coerente"
Non è un accordo, ma un primo passo per iniziare un dialogo sui “temi”. Un nuovo tentativo che, stando a quando dichiarato dai 5 stelle, è anche l’ultimo possibile prima di chiedere il ritorno al voto. Il Pd e il Movimento 5 stelle sono usciti dal primo incontro con il presidente della Camera Roberto Fico e hanno dato segnali di apertura. “Con spirito di leale collaborazione”, ha detto per primo il dem Maurizio Martina, “non nascondendoci le diversità e punti di partenza differenti anche dal punto di vista programmatico su temi essenziali, ci impegniamo ad approfondire questo possibile percorso di lavoro”. “Esprimo apprezzamento per l’apertura”, ha replicato poco dopo Luigi Di Maio. Certo la lista delle condizioni è lunga e piena di ostacoli: da una parte i democratici dovranno passare dal voto della direzione e affrontare la rivolta dei renziani, dall’altra i 5 stelle chiederanno la ratifica dell’eventuale contratto di governo da parte degli iscritti M5s alla piattaforma Rousseau. Ma qualcosa si è mosso: il mandato esplorativo della terza carica dello Stato, mirato alla ricerca della maggioranza tra Pd e 5 stelle, per ora non ha trovato veti insormontabili come quello della presidente Maria Elisabetta Alberti Casellati. Innanzitutto non è stato messo in discussione Di Maio, segno che almeno per ora anche i democratici, se otterranno garanzie sui temi (Martina ha chiesto ad esempio risposte su Europa, lavoro e democrazia), non si opporranno alla sua leadership. Il capo politico 5 stelle, come richiesto dal Pd, ha riconosciuto la chiusura definitiva del fronte con la Lega accusando Matteo Salvini di “volersi consegnare all’irrilevanza”: (“Forse voleva dire coerente e leale”, gli ha replicato poi il leader del Carroccio. Di Maio comunque, dopo il colloquio con Fico si è rivolto direttamente ai dem e ha detto: “Con il Pd ci sono profonde differenze e anche dei trascorsi da non ignorare ma sui temi ci siamo. Chiedo al Pd di venire al tavolo per verificare i presupposti”. Ma ha anche detto, per la prima volta: “Se fallisce questo percorso per noi si torna al voto. Con 388 parlamentari non possiamo essere all’opposizione”.
I segnali, iniziati già in mattinata dal fronte Pd, indicano però che qualcuno crede nell’apertura. Ma il vero problema ora è interno: riuscire a convincere le anime ribelli dell’una e dell’altra parte a votare la fiducia e stare nel patto. Il Pd, il primo a essere stato ricevuto da Fico, è entrato diviso alle consultazioni e ne è uscito comunque spaccato. Infatti mentre il segretario reggente Maurizio Martina si dimostrava possibilista alle aperture e condizionava il tutto a una valutazione della direzione dem, i fedelissimi dell’ex segretario su Twitter si affrettavano a scrivere che avrebbero votato contro. L’hashtag utilizzato, #senzadime, è lo stesso finito al centro delle polemiche nei giorni subito dopo il voto perché diffuso da un numero limitato di account sospetti. Oggi a usarlo sono gli stessi renziani, da Michele Anzaldi ad Anna Ascani fino a Sandro Gozi. Tutti in coro ribadiscono che, se interpellati, voteranno contro.
Di Maio: “Apprezzamento per le parole di Martina”. Giovedì assemblea gruppi M5s
Per i 5 stelle è un momento molto delicato. Il forno Pd è uno dei più rischiosi: la base e molti degli eletti temono che il compromesso per sedersi al tavolo con gli avversari storici sia troppo rischioso. E anche di questo parleranno nell’assemblea dei gruppi parlamentari in programma giovedì 26 aprile. Di Maio però rimane convinto dell’importanza di continuare a sondare le reali intenzioni del Partito democratico, per vedere anche fino a che punto accetteranno di stare al gioco. E per farlo ha chiuso definitivamente a Matteo Salvini, almeno davanti ai riflettori: “Salvini si è condannato a irrilevanza. Governo con centrodestra non più percorribile. Qualsiasi discorso con la Lega si chiude qui”. E ha ribadito che l’accordo sarà ratificato dagli iscritti alla piattaforma Rousseau. “Sono passati circa 50 giorni in cui abbiamo provato in tutti modi e tutte le forme a firmare un contratto di governo per il cambiamento del Paese con Salvini e la Lega ma loro hanno deciso di condannarsi all’irrilevanza per rispetto dei loro alleati e del loro alleato invece di andare al governo nel rispetto degli italiani. E’ chiaro che un governo del centrodestra non è più un’ipotesi percorribile, gli unici che non l’hanno capito sono forse proprio loro ma dopo il fallimento del mandato di Casellati quell’ipotesi tramonta del tutto”. Nel merito della parole di Martina invece, ha detto: “Abbiamo apprezzato le parole del segretario del Pd Martina, sono parole che vanno in direzione dell’apertura. Abbiamo detto al presidente Fico che manteniamo la linea delle elezioni, di insistenza sui temi per il cambiamento del paese e abbiamo detto che non rinunciamo ai nostri valori e alle nostre battaglie politiche”. “Se fallisce con il Pd, noi chiederemo il ritorno al voto. Con 388 parlamentari non possiamo essere opposizione”.
Martina apre, i renziani si ribellano. Ma il confronto è rimandato alla direzione
La strategia dell’apertura Pd è gestita dal segretario reggente Martina, sostenuto dalle anime dialoganti come Dario Franceschini e Andrea Orlando. Davanti a Fico si è presentato con i due capigruppo Graziano Delrio e Andrea Marcucci, ma anche il presidente Pd Matteo Orfini. Uscendo dal colloquio con il presidente della Camera ha dato il via alle manovre di dialogo, ma chiedendo come prima condizione che sia chiuso il fronte di accordo con la Lega e che “il percorso nuovo” sia approvato e discusso dalla direzione. E, come presupposto per far andare avanti il dialogo, ha chiesto che arrivino risposte su tre temi definiti prioritari dai democratici: “un’agenda europeista”, il rinnovamento della “democrazia superando il populismo” e le “politiche del lavoro rispettando gli equilibri di finanza pubblica”. Durissima la reazione a caldo del fronte renziano che, a più voci, ha chiuso e annunciato il voto contrario nella direzione che potrebbe essere convocata già il 30 aprile.
“Abbiamo detto a Fico una cosa”, ha dichiarato Martina al termine dell’incontro, “dopo 50 giorni di questa situazione che abbiamo tutti osservato e vissuto di impossibilità ad arrivare ad una proposta di governo, noi siamo disponibili a valutare il fatto nuovo se verrà confermato in queste ore e cioè la fine di qualsiasi tentativo di un accordo con la Lega“. Il segretario reggente ha quindi dato segnali di apertura, condizionati però da un confronto con “i gruppi dirigenti”: “Con spirito di leale collaborazione, non nascondendoci le diversità e punti di partenza differenti anche dal punto di vista programmatico su temi essenziali, ci impegniamo ad approfondire questo possibile percorso di lavoro comunque coinvolgendo i nostri gruppi dirigenti”. Quindi “la direzione nazionale deve essere chiamata a valutare, approfondire discutere ed eventualmente deliberare un percorso nuovo che ci coinvolga”. Martina in particolare ha chiesto “risposte” sulle “priorità del Partito democratico”. Il Pd è disponibile a dialogare con M5s sulla base dei 100 punti del suo programma di governo e su tre punti “già evidenziati durante le consultazioni al Quirinale”: una “agenda europeista”, il “rinnovamento della democrazia superando il populismo”, politiche del lavoro “rispettando gli equilibri di finanza pubblica”. Quindi Martina ha concluso: “Attendiamo di capire gli sviluppi, lo faremo con la massima disponibilità, tenendo fermi la chiarezza, la responsabilità, il riconoscimento della fase del Paese che sta attraversando. Il tira e molla di questi 50 giorni che non hanno prodotto nulla non lo si deve certo al Pd“.
Le prime reazioni di chiusura sono arrivate appunto dagli esponenti più vicini a Matteo Renzi. Intanto Matteo Orfini, che pur essendo stato parte della delegazione ha detto: “Di Maio in questo momento ci sta chiedendo pubblicamente di fare un accordo sulla base di un confronto programmatico. Per chiarezza, sulla proposta di un accordo per un governo politico Pd-M5s la mia personale posizione resta la stessa di sempre: sono contrario”. Salvo poi aggiungere che comunque convocherà al più presto la direzione. Ancora più duri i renziani storici. Il deputato Michele Anzaldi ad esempio, su Twitter ha inveito: “Davvero qualcuno nel Pd pensa di fare il governo con Di Maio e Casaleggio? Messaggio incomprensibile e umiliante per i nostri elettori”. Ma anche la deputata Anna Ascani: “Qualora il reggente Martina sottoponesse qualsivoglia ipotesi di governo Pd-5 stelle alla direzione del partito, io voterò convintamente, senza esitazioni, contro”. Stessa opinione anche per il sottosegretario agli Affari europei Sandro Gozi: “Al momento non vedo le condizioni per un accordo con il M5s e in direzione nazionale voterei contro. Cosa ne pensa Renzi? Chiedetelo a lui”, ha sorriso Gozi, secondo il quale “la chiusura del dialogo con la Lega sarebbe il primo, minimo segnale dal M5s”. No anche da Alessia Morani: “Sono certa che nessuno si stupirà se, in coerenza con quanto ho sempre affermato, dovessi esprimere la mia contrarietà a un’ipotesi di accordo politico con i Cinquestelle. Non trovo un solo punto di contatto tra noi e loro, abbiamo programmi incompatibili a partire da lavoro, scuola e salute. Troppe cose ci dividono, le distanze sono incolmabili”. Tra chi invece lascia uno spiraglio all’ipotesi di accordo c’è Gianni Cuperlo: “Sono d’accordo con Maurizio Martina”, ha detto. “Se il Movimento 5 stelle dichiara archiviato il tavolo con la Lega, il Pd deve tener conto della novità. La direzione, da convocare al più presto, si confronti ed esprima sul nuovo scenario una posizione condivisa”.
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Fondazione Open, Renzi prosciolto insieme ad altri 10 indagati: anche Boschi, Lotti e Carrai
Roma, 19 dic. (Adnkronos) - “Dopo anni di sofferenza oggi è stata fatta giustizia. Sono felice per Matteo Renzi, Maria Elena Boschi e i loro cari”. Lo scrive sui social Elena Bonetti, vicepresidente di Azione.
Roma, 19 dic. (Adnkronos) - La Corte costituzionale, con la sentenza numero 210 del 2024, ha respinto le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal Consiglio di Stato, sezione sesta, in relazione a due disposizioni del Codice del commercio della Provincia autonoma di Bolzano (legge della Provincia autonoma di Bolzano numero 12 del 2019). L’articolo 3, comma 1, lettera v), numero 2) della legge provinciale – secondo il quale per "somministrazione" si intende, "nell’ambito dell’attività di commercio su aree pubbliche, il consumo immediato dei prodotti stessi, con esclusione del servizio assistito di somministrazione" – era stato censurato per violazione dell’articolo 27, comma 1, lettera a), del decreto legislativo numero 114 del 1998, che definisce il "commercio sulle aree pubbliche" senza escludere da tale ambito la somministrazione di alimenti e bevande con servizio assistito ai tavoli. La Corte ha dichiarato la questione non fondata, ritenendo che alle regioni speciali si estenda la competenza legislativa piena in materia di commercio spettante alle regioni ordinarie: dunque, dopo il 2001 il decreto legislativo numero 114 del 1998 ha acquisito carattere cedevole, applicandosi solo alle regioni che non abbiano adottato una propria legislazione nella materia del commercio.
L’articolo 65 della citata legge provinciale era stato censurato in quanto limiterebbe l’ambito del rinnovo dodicennale delle concessioni di posteggio su area pubblica (previsto dall’articolo 181, comma 4-bis, del decreto-legge numero 34 del 2020), circoscrivendolo alle sole concessioni non implicanti il servizio assistito di somministrazione. La Corte ha dichiarato le questioni sollevate inammissibili per incompleta ricostruzione del quadro normativo, in quanto il giudice a quo non ha tenuto conto della direttiva Bolkestein (direttiva servizi 2006/123/Ce). Dal momento che l’articolo 181, comma 4-bis, del decreto-legge numero 34 del 2020 (oltre all’articolo 11 della legge numero 214 del 2023, che ha fatto salva la proroga già disposta fino al 2032), appare in contrasto con l’articolo 12 della direttiva servizi, norma considerata self-executing dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea Cgue, il giudice avrebbe potuto disapplicare tali norme nell’ambito della causa di sua competenza. In alternativa alla disapplicazione, però, avrebbe potuto altresì rimettere alla Corte costituzionale la questione di legittimità costituzionale concernente le norme sul rinnovo dodicennale delle concessioni, dato che tali norme componevano il quadro normativo rilevante nel suo giudizio, rappresentando il fondamento della pretesa dei concessionari.
La Corte ha ribadito che il sindacato accentrato di costituzionalità non si pone in antitesi con un meccanismo diffuso di attuazione del diritto europeo, ma con esso coopera a costruire tutele sempre più integrate. Sarà il giudice ad individuare il rimedio più appropriato, ponderando le peculiarità della vicenda sottoposta al suo esame.
Roma, 19 dic. (Adnkronos) - La mancata esclusione dal blocco stipendiale per il triennio 2011-2013 del beneficio degli scatti per invalidità di servizio ex articolo 1801 del codice dell’ordinamento militare, che, 'pur aggiungendosi al trattamento economico, non persegue specificamente la finalità di miglioramento patrimoniale propria degli incrementi retributivi, ma risponde ad un’esigenza di tutela indennitaria del lavoratore colpito da invalidità per ragioni di servizio, esibisce una intrinseca irragionevolezza'. È quanto ha affermato la Corte costituzionale nella sentenza numero 207, depositata oggi, con la quale è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale, per contrasto con il principio di ragionevolezza ex articolo 3 della Costituzione, dell’articolo 9, commi 1 e 21, del decreto-legge numero 78 del 2010, convertito, con modificazioni, nella legge numero 122 del 2010, nella parte in cui non esclude dal proprio ambito di applicazione l’incremento economico previsto dall’articolo 1801 del codice dell’ordinamento militare.
La questione era stata sollevata dalla del Consiglio di Stato, seconda sezione consultiva, il quale aveva denunciato l’irragionevolezza delle disposizioni suddette – oltre che dell’articolo 1, comma 1, lettera a), del d.P.R. numero 122 del 2013 che ne ha prolungato l’efficacia sino al 31 dicembre 2014 –, nella misura in cui sottopongono al medesimo regime di blocco tutti gli aumenti stipendiali, senza prevedere una deroga per gli scatti per invalidità di servizio, nonostante tale beneficio sia diretto a riparare la menomazione dell’integrità psicofisica del dipendente divenuto invalido per fatti di servizio e non a migliorarne la posizione giuridica ed economica.
Il rimettente aveva anche lamentato la violazione dell’articolo 38 della Costituzione, osservando che, per effetto delle previsioni censurate, il personale interessato non potesse «fruire di adeguate misure di sostegno in caso di malattia ed invalidità», subendo, peraltro, una ingiustificata discriminazione rispetto agli altri dipendenti pubblici, per i quali, in caso di riconoscimento di una infermità contratta per causa di servizio, l’ordinamento prevede misure di ristoro non collegate al trattamento stipendiale e, quindi, sottratte alla disciplina del blocco.
La Corte ha, in primo luogo, richiamato le pronunce con le quali aveva già scrutinato la disciplina del blocco stipendiale, escludendone, sotto vari profili, l’illegittimità costituzionale, per rimarcare come, nel caso di specie, oggetto di censura non siano le misure di contenimento della spesa pubblica in sé considerate, ma la mancata esclusione dal novero degli incrementi ad esse assoggettati dello speciale beneficio di cui all’art. 1801 cod. ordinamento militare.
Tale provvidenza, ha osservato la Corte, assolve una funzione indennitaria, in quanto, come già evidenziato nella sentenza numero 13 del 2024, risponde al 'principio generale della 'compensazione dell’infermità' ed è volta a ristorare 'il sacrificio derivante dall’attività di servizio'. La sentenza ha, quindi, affermato che l’inclusione del beneficio ex articolo 1801 del codice dell’ordinamento militare nel perimetro applicativo del blocco determina 'un’incoerenza teleologica, poiché annette le medesime conseguenze giuridiche a fattispecie eterogenee sul piano finalistico'. Il mancato riconoscimento degli scatti per invalidità di servizio maturati nel periodo di vigenza delle misure restrittive imposte dal decreto-legge numero 78 del 2010, come convertito, comporta, infatti, per i dipendenti interessati, la perdita, senza possibilità di recupero, di uno specifico strumento di compensazione dell’invalidità subita a causa del servizio svolto.
Da ultimo, la sentenza ha ricordato che gli scatti per invalidità di servizio, non solo offrono 'una sorta di “riparazione” per il danno alla persona riconducibile al servizio prestato', ma, in concorso con l’equo indennizzo e la pensione privilegiata, sopperiscono alla mancata previsione, per il personale al quale sono destinati, di una specifica tutela assicurativa contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali. Le altre questioni sollevate sono state dichiarate inammissibili.
Roma, 19 dic. (Adnkronos) - "Cinque anni di massacro mediatico per un'accusa infamante e ingiusta. Ora che è finita il mio primo pensiero va a chi non ha mai dubitato mai di noi, a cominciare dalla mia famiglia, da mia moglie e dai miei figli". Così al TG1 Matteo Renzi, prosciolto dal Gup di Firenze con gli altri indagati per l'inchiuesta sulla Fondazione Open.
Roma, 19 dic. (Adnkronos) - "Finisce l’incubo. Dopo anni di sofferenza silenziosa oggi si chiude la pagina di Open: sono stata prosciolta". Lo scrive in un post su Facebook la deputata di Italia Viva Maria Elena Boschi.
"Da avvocato - spiega - conoscevo l’assurdità delle accuse. Da parlamentare ero certa della correttezza del nostro operato. Ma da donna ho sofferto molto, quasi sempre in silenzio. Ringrazio Giulio per avermi abbracciata e capita. Ringrazio i miei genitori e i miei fratelli, tutta la famiglia, per avermi aiutata e sostenuta, a cominciare da mio padre che aveva dovuto soffrire un trattamento persino peggiore ma altrettanto ingiusto. Ringrazio i miei avvocati, Nanni e Pellegrini e soprattutto Paola Severino collega amica e faro. Abbraccio Matteo, Luca e tutti i miei amici e colleghi. E do a tutti l’appuntamento alla prossima Leopolda, a ottobre 2025". "Non smettiamo di lottare per un Paese più giusto. E più garantista", conclude Boschi.
Roma, 19 dic. (Adnkronos) - Nonostante il ritardo nella discussione generale di oggi, la conferenza dei capigruppo della Camera ha confermato il calendario per l'approvazione della legge di bilancio. Quindi, in anticipo rispetto alla pausa dei lavori di 24 ore prevista dal regolamento, le dichiarazioni avranno inizio domani alle 9:30, seguite dalla chiama per appello nominale a partire dalle 11.
Dalle 12.30 alle 20 si voteranno i restanti articoli, gli emendamenti e gli odg. Dalle 20 alle 21 ci sarà l'esame della nota di variazione, e dalle 21 fino alle 22:30 dichiarazioni di voto e votazione finale.
Alle 12, l'aula della Camera voterà anche le dimissioni da deputato di Enrico Letta.
Roma, 19 dic. (Adnkronos) - "Per me è un gran piacere, anche se in maniera virtuale, sentirmi ancora una volta a bordo della Vespucci. Vi ringrazio per quanto state facendo, dimostrando al Mondo la qualità professionale della nostra Marina. Il giro del Mondo che sta per concludersi è stato entusiasmante certamente per gli allievi, per l'equipaggio. Lo è stato per i Paesi toccati dall'arrivo della Vespucci, per l'Italia, per i nostri concittadini seguendo l'itinerario. Ovunque è stato recato un messaggio di grande prestigio e fascino per l'Italia". Lo ha affermato il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, durante il saluto alle missioni italiane impegnate all'estero.