E’ successo quello che tutti i tifosi giallorossi, ripetendolo, avevano cercato di esorcizzare. L’ha decisa Mohamed Salah. Ma il Liverpool è stato molto di più del suo uomo da due gol e due assist stupendi. Come la Roma è stata infinitamente più piccola di quella vista nei quarti di finale magici contro il Barcellona. Ad Anfield è finita 5-2 per i Reds. Ha sbagliato Eusebio Di Francesco a pensare di poter sfidare Jürgen Klopp sul suo terreno. Hanno fallito i giallorossi, perché semplicemente in una semifinale di Champions League non ci si può permettere un’amnesia di un’ora. Ha vinto, infine, quel ritmo di gioco all’inglese che il nostro calcio ancora percepisce come marziano. Il risveglio giallorosso nel finale lascia più rabbia che speranza. Per la partita che poteva essere e non è stata. Perché un’altra rimonta di tre gol è più utopia che sogno.
Di Francesco sceglie di confermare il 3-5-2 della rimonta con il Barcellona ma sceglie la velocità di Ünder al posto di Patrik Schick. E’ l’errore madre del tecnico, che lascia la sua difesa in balia del trio riproposto da Klopp lì davanti con Mané, Firmino e Salah. I Reds devono rinunciare a Emre Can, dopo pochi minuti si fa male anche Oxlade-Chamberlain ma chi entra, Wijnaldum, tira fuori il partitone.
La parola d’ordine è ritmo e la Roma sembra starci. Ma l’illusione di giocare a fare il Liverpool ad Anfield contro il Liverpool dura appena venti minuti. L’entusiasmo si spegne sulla traversa colpita con una bordata da Kolarov. Fin lì i giallorossi avevano controllato la partita: è solo un’amara illusione.
Quando i Reds indiavolati di Klopp rompono gli equilibri diventano un frullatore di gioco in cui la Roma non ha testa, gambe e misure per capirci anche solo qualcosa. Troppo facile dare la colpa a Juan Jesus che Salah proprio non lo vede mai. O a Ünder che giustamente viene sostituito a fine prime tempo per Schick. E’ tutta la Roma a vivere un’amnesia totale semplicemente imperdonabile.
I ritmi del Liverpool sono un qualcosa di sconosciuto dalle nostre parti. Dalla prima occasione sbagliata da Mané al 25’ gli uomini in rosso non si fermano mai fino a una rimessa laterale al 60’ sul 3-0, quando si prendono giusto 10 secondi di tempo per rifiatare prima di rimettere il pallone in gioco e ricominciare la danza. Le mezzali corrono e verticalizzazione, Firmino fa il falso nueve come deve essere fatto. Apre le acque della difesa giallorossa e lancia le frecce Mané e Salah.
E poi c’è l’egiziano, in questo momento l’unico giocatore al mondo che può reggere il confronto con Cristiano Ronaldo. Quando al 36’ stoppa, alza lo sguardo e poi manda il pallone all’incrocio, nessuno ancora lo sa ma è già calato il sipario sulla partita. L’egiziano non esulta, ma fa esattamente quello che i suoi ex tifosi temevano: segna. Da quel momento la Roma diventa il perfetto sparring partner dello show targato Liverpool.
Pressing e verticalizzazioni: che i Reds fossero questi lo si sapeva. Ma che facessero tutto al doppio della velocità era meno scontato. Quando Salah raddoppia allo scadere con uno scavetto su Alisson la Roma già non vede l’ora di tornare negli spogliatoi. Peccato che c’è un secondo tempo ancora da giocare e se possibile è ancora peggio.
L’incubo Salah infatti non si è ancora materializzato in tutta la sua prepotenza. Sui social i tifosi già ironizzano: per fermarlo bisognerebbe sparargli. La difesa della Roma però non può farlo. Passano dieci minuti ed è lui a impallinare ancora Juan Jesus e servire a Mané un pallone che questa volta il franco-senegalese non può sbagliare. Al 61’ Salah fa la stessa cosa: questa volta a raccogliere l’assist da buttare in porta c’è Firmino. E sono quattro. Diventano cinque con il colpo di testa dello stesso brasiliano da corner, ma la Roma non è più in campo.
In quel momento il Liverpool decide che la tempesta perfetta è finita. Entrano Gonalons e Perotti e miracolosamente i giallorossi si rianimano. Gli ultimi 15 minuti della Roma rendono se possibile ancora più indigeribile la sconfitta. Perché quando si svegliano, gli uomini di Di Francesco in campo ci sanno stare eccome. A dieci minuti dalla fine Dzeko segna su un lancio di Nainggolan. Poi Perotti su rigore raddoppia all’85’. I giallorossi vanno anche vicini al 5-3. Teoricamente servirà un altro 3-0 all’Olimpico. Ma il rammarico è non aver giocato un’ora di partita ad Anfield. Perché non può essere sempre Roma-Barcellona. Perché le rimonte sono belle proprie perché difficili e (solitamente) uniche.