Una mafia dei colletti bianchi, in cui “broker”, “facilitatori” e professionisti della finanza e del diritto si mettono al servizio del tessuto delinquenziale a Roma. O addirittura scendono in campo in prima persona. È uno dei “salti di qualità” che la criminalità sta compiendo in questi ultimi anni nella Capitale d’Italia. Un percorso che sta seguendo il modello mai abbandonato dalla Banda della Magliana. Un “sistema multilivello”, che continua ad attingere manovalanza nei quartieri della periferia – guadagnando consenso anche attraverso i social network – ma poi ricicla i capitali raccolti in attività commerciali anche legali drogando l’imprenditoria cittadina. È questo il maggiore elemento di novità che emerge dal terzo rapporto “Mafie nel Lazio”, realizzato dall’Osservatorio Tecnico-Scientifico per la Sicurezza e la Legalità della Regione Lazio presieduto da Gianpiero Cioffredi e che per la prima volta dedica duecento delle trecento pagine del volume prodotto alla criminalità nella città di Roma. Tutto questo in attesa che la corte d’Appello decide di accogliere il ricorso della ptocura di Roma sull’inchiesta Mondo di Mezzo: il processo di primo grado si è concluso con le condanne di Massimo Carminati e Salvatore Buzzi, ma per associazione a delinquere semplice e non mafiosa.
LA “BORGHESIA MAFIOSA”
Si parla soprattutto, come racconta il procuratore aggiunto Michele Prestipino, “di soggetti che di mestiere sono commercianti e imprenditori, con pochi o non rilevanti precedenti penali, che hanno iniziato ad utilizzare direttamente o indirettamente il metodo mafioso, l’intimidazione con il solo fine di arricchirsi, di rilanciare gli affari nell’ambito di un mercato caratterizzato da alti tassi di indebitamento”. Contesti su cui “gli investigatori chiedono” da tempo maggiore trasparenza” ovvero “l’ambito delle professioni e quello bancario e finanziario”: la contemporanea presenza di questi tre settori in alcune complesse e delicate indagini della dda di Roma “evidenza il rischio dell’espandersi del metodo mafioso in questo sistema a onde elastiche”. Nel 2017 ci sono state tre operazioni che hanno segnato l’upgrade della mafia capitolina: le indagini “Luna Nera”, “Babylonia” e “Assunta Madre”. Ecco che dalla compravendita di automobili di Alessandro Presutti, benedetta dal “capo della camorra a Roma”, Michele Senese, si passa ai bar, pizzerie, sale slot, 262 immobili, 222 rapporti finanziari e bancari, 54 società e 24 partecipazioni (280 milioni totali) riconducibili a Gaetano Vitagliano a Spinaceto, fino ai ristoranti chic del “dominus” Gianni Micalusi. “Facilitatori” e “colletti bianchi”, come i protagonisti del Mondo di Mezzo. Tutte attività che “alterano il mercato legale”, potendo godere di capitali provenienti da attività criminali come il traffico di droga, l’usura e il racket.
IL “CONTAGIO CRIMINALE” E LA MAFIA AUTOCTONA
Quello che emerge è che la mafia romana sta imparando da quelle siciliane, calabresi e campane. E che sta diventando sempre di più “autoctona”. Ma a differenza di quanto avviene nel Meridione, a Roma i capi si conoscono, si rispettano e arrivano anche a collaborare. “I boss – si legge nel rapporto – avrebbero negli anni cercato una ‘via romana’ nell’esercizio del metodo mafioso: allearsi, mettere in comune le proprie abilità criminali, in uno scambio vantaggioso per i diversi clan coinvolti, senza irrigidire le strutture di riferimento”. Questi “sanno entrare in affari scambiando il proprio know-how criminale”, quello che viene definito “contagio criminale”. La Capitale, da questo punto di vista, si conferma terra d’incontro e di accordi: “La rete che da gran parte d’Italia attraversa il Paese porta dritta a Roma. Spesso qui contratta alleanze, ristabilisce patti, risolve conflitti. E riparte da Roma”, in una sorta di “intesa criminale”, per una città in cui, paradossalmente “le mafie sono tutte libere e tutte legate”.
LA RICERCA DEL CONSENSO E LA MALAVITA SOCIAL
L’oro dei gruppi criminali, come detto, resta la periferia, dove questi “cercano il consenso” dei residenti nel quartiere, “la loro complicità, il silenzio, spesso conquistato con finti interventi di natura sociale”. Messaggi indiretti che arrivano anche grazie ai social network e attraverso il “culto dei boss”, come accade con il clan Cordaro a Tor Bella Monaca. Gran parte della città è interessata dalle piazze di spaccio – ce ne sono oltre 100 – e i clan che le controllano sono almeno 11, ma i quartieri dove dalle carte giudiziarie emerge il cosiddetto “controllo del territorio” sono 4: Ostia, Tor Bella Monaca, Romanina e San Basilio. In pratica il litorale e Roma est. In queste zone si può affermare, senza giri di parole, che “c’è la mafia”: autonoma, diffusa e organizzata. I clan principali sono quelli dei Fasciani e degli Spada a Ostia, il clan Pagnozzi del Tuscolano che controlla le piazze al Rione Monti, Pigneto, Quarticciolo, Centocelle e Quadraro, il gruppo Senese a Tor Bella Monaca.
I NUMERI DELLA MAFIA CAPITOLINA
Come al solito, sono più di ogni altra cosa i numeri a raccontare il fenomeno. In questo 2017 sono state aperte 6 inchieste per mafia con 29 indagati, accertati 58 reati aggravati dal metodo mafioso, 1.010 indagati per traffico di stupefacenti, 21 inchieste con 164 indagati per traffico illecito di rifiuti, 9 inchieste con 40 indagati per usura, 8.783 chili di droga sequestrati, 9.769 operazioni finanziarie sospette, 5.706 bonifici in entrata dai paradisi fiscali e 4.371 bonifici in uscita verso questi paesi, 512 aziende sequestrate, 1.732 beni confiscati, 154 clan attivi di cui 93 citati nelle inchieste degli ultimi 4 anni e, come detto, 100 piazze di spaccio che funzionano h 24.
Mafie
Mafia, Roma terra d’incontro di professionisti e boss: il contagio criminale della Capitale che sfrutta anche i social
Un “sistema multilivello”, che continua ad attingere manovalanza nei quartieri della periferia ma poi ricicla i capitali raccolti in attività commerciali anche legali drogando l’imprenditoria cittadina. E che segue ancora il modello della Banda della Magliana. È questo il maggiore elemento di novità che emerge dal terzo rapporto “Mafie nel Lazio”, realizzato dall’Osservatorio Tecnico-Scientifico per la Sicurezza e la Legalità della Regione Lazio
Una mafia dei colletti bianchi, in cui “broker”, “facilitatori” e professionisti della finanza e del diritto si mettono al servizio del tessuto delinquenziale a Roma. O addirittura scendono in campo in prima persona. È uno dei “salti di qualità” che la criminalità sta compiendo in questi ultimi anni nella Capitale d’Italia. Un percorso che sta seguendo il modello mai abbandonato dalla Banda della Magliana. Un “sistema multilivello”, che continua ad attingere manovalanza nei quartieri della periferia – guadagnando consenso anche attraverso i social network – ma poi ricicla i capitali raccolti in attività commerciali anche legali drogando l’imprenditoria cittadina. È questo il maggiore elemento di novità che emerge dal terzo rapporto “Mafie nel Lazio”, realizzato dall’Osservatorio Tecnico-Scientifico per la Sicurezza e la Legalità della Regione Lazio presieduto da Gianpiero Cioffredi e che per la prima volta dedica duecento delle trecento pagine del volume prodotto alla criminalità nella città di Roma. Tutto questo in attesa che la corte d’Appello decide di accogliere il ricorso della ptocura di Roma sull’inchiesta Mondo di Mezzo: il processo di primo grado si è concluso con le condanne di Massimo Carminati e Salvatore Buzzi, ma per associazione a delinquere semplice e non mafiosa.
LA “BORGHESIA MAFIOSA”
Si parla soprattutto, come racconta il procuratore aggiunto Michele Prestipino, “di soggetti che di mestiere sono commercianti e imprenditori, con pochi o non rilevanti precedenti penali, che hanno iniziato ad utilizzare direttamente o indirettamente il metodo mafioso, l’intimidazione con il solo fine di arricchirsi, di rilanciare gli affari nell’ambito di un mercato caratterizzato da alti tassi di indebitamento”. Contesti su cui “gli investigatori chiedono” da tempo maggiore trasparenza” ovvero “l’ambito delle professioni e quello bancario e finanziario”: la contemporanea presenza di questi tre settori in alcune complesse e delicate indagini della dda di Roma “evidenza il rischio dell’espandersi del metodo mafioso in questo sistema a onde elastiche”. Nel 2017 ci sono state tre operazioni che hanno segnato l’upgrade della mafia capitolina: le indagini “Luna Nera”, “Babylonia” e “Assunta Madre”. Ecco che dalla compravendita di automobili di Alessandro Presutti, benedetta dal “capo della camorra a Roma”, Michele Senese, si passa ai bar, pizzerie, sale slot, 262 immobili, 222 rapporti finanziari e bancari, 54 società e 24 partecipazioni (280 milioni totali) riconducibili a Gaetano Vitagliano a Spinaceto, fino ai ristoranti chic del “dominus” Gianni Micalusi. “Facilitatori” e “colletti bianchi”, come i protagonisti del Mondo di Mezzo. Tutte attività che “alterano il mercato legale”, potendo godere di capitali provenienti da attività criminali come il traffico di droga, l’usura e il racket.
IL “CONTAGIO CRIMINALE” E LA MAFIA AUTOCTONA
Quello che emerge è che la mafia romana sta imparando da quelle siciliane, calabresi e campane. E che sta diventando sempre di più “autoctona”. Ma a differenza di quanto avviene nel Meridione, a Roma i capi si conoscono, si rispettano e arrivano anche a collaborare. “I boss – si legge nel rapporto – avrebbero negli anni cercato una ‘via romana’ nell’esercizio del metodo mafioso: allearsi, mettere in comune le proprie abilità criminali, in uno scambio vantaggioso per i diversi clan coinvolti, senza irrigidire le strutture di riferimento”. Questi “sanno entrare in affari scambiando il proprio know-how criminale”, quello che viene definito “contagio criminale”. La Capitale, da questo punto di vista, si conferma terra d’incontro e di accordi: “La rete che da gran parte d’Italia attraversa il Paese porta dritta a Roma. Spesso qui contratta alleanze, ristabilisce patti, risolve conflitti. E riparte da Roma”, in una sorta di “intesa criminale”, per una città in cui, paradossalmente “le mafie sono tutte libere e tutte legate”.
LA RICERCA DEL CONSENSO E LA MALAVITA SOCIAL
L’oro dei gruppi criminali, come detto, resta la periferia, dove questi “cercano il consenso” dei residenti nel quartiere, “la loro complicità, il silenzio, spesso conquistato con finti interventi di natura sociale”. Messaggi indiretti che arrivano anche grazie ai social network e attraverso il “culto dei boss”, come accade con il clan Cordaro a Tor Bella Monaca. Gran parte della città è interessata dalle piazze di spaccio – ce ne sono oltre 100 – e i clan che le controllano sono almeno 11, ma i quartieri dove dalle carte giudiziarie emerge il cosiddetto “controllo del territorio” sono 4: Ostia, Tor Bella Monaca, Romanina e San Basilio. In pratica il litorale e Roma est. In queste zone si può affermare, senza giri di parole, che “c’è la mafia”: autonoma, diffusa e organizzata. I clan principali sono quelli dei Fasciani e degli Spada a Ostia, il clan Pagnozzi del Tuscolano che controlla le piazze al Rione Monti, Pigneto, Quarticciolo, Centocelle e Quadraro, il gruppo Senese a Tor Bella Monaca.
I NUMERI DELLA MAFIA CAPITOLINA
Come al solito, sono più di ogni altra cosa i numeri a raccontare il fenomeno. In questo 2017 sono state aperte 6 inchieste per mafia con 29 indagati, accertati 58 reati aggravati dal metodo mafioso, 1.010 indagati per traffico di stupefacenti, 21 inchieste con 164 indagati per traffico illecito di rifiuti, 9 inchieste con 40 indagati per usura, 8.783 chili di droga sequestrati, 9.769 operazioni finanziarie sospette, 5.706 bonifici in entrata dai paradisi fiscali e 4.371 bonifici in uscita verso questi paesi, 512 aziende sequestrate, 1.732 beni confiscati, 154 clan attivi di cui 93 citati nelle inchieste degli ultimi 4 anni e, come detto, 100 piazze di spaccio che funzionano h 24.
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Politica
Tajani: “L’Italia non userà fondi di coesione per comprare armi”. Si spacca il Pd: chi sta con Schlein
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "In un mutato e minaccioso quadro internazionale, il piano Ue per la difesa è per i Socialisti e Democratici europei un primo importante passo per assicurare il necessario sostegno all’Ucraina e la sicurezza dei nostri cittadini. A Bruxelles siamo al lavoro perché dal Parlamento venga una spinta forte nella direzione della condivisione e del coordinamento degli investimenti, verso una vera difesa comune europea". Lo scrive sui social l'eurodeputato Pd, Giorgio Gori.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "La linea del Partito Socialista Europeo è chiara, netta ed inequivocabile: il ReArm Europe è un atto iniziale importante per la creazione di una difesa comune europea". Lo scrive la vicepresidente del Parlamento Ue, Pina Picierno del Pd, sui social.
"Non c’è nessuna rincorsa bellicista, nessuna distruzione del welfare e di quanto con fatica abbiamo costruito dopo la pandemia ma solo la necessità di rendere più sicuro il nostro continente e le nostre democrazie. Cosi come fu per il NextGenerationEu siamo davanti ad una svolta storica per l’Unione Europea che punterà su indipendenza strategica, acquisti comuni e innovazione".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - “Per la difesa europea servono investimenti comuni in sicurezza, una sola politica estera, economia forte e società coesa, serve un vero salto di qualità verso gli Stati Uniti d’Europa. Di fronte alle minacce che si profilano bisogna sostenere le nostre capacità di difesa nel modo più credibile, senza frammentare le spese tra gli Stati e neanche dando ancora soldi all’America come vorrebbe Trump. Il punto di vista portato dalla segretaria Schlein al vertice del Pse è stato ascoltato ed è positivo l’accordo dei socialisti europei sui fondi di coesione. Il Pd indica una strada di fermezza, consapevolezza e responsabilità sociale, senza farsi distrarre da alcun richiamo”. Lo dichiara Debora Serracchiani, componente della segreteria nazionale del Partito democratico.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Decidere maggiori investimenti per rendere più sicuro e protetto il nostro continente è una scelta non più rinviabile. La difesa europea è un pilastro fondamentale della nostra autonomia strategica. Non possiamo avere tentennamenti su questo obiettivo. La discussione non è sul se, ma sul come arrivarci". Così Alessandro Alfieri, capogruppo Pd in commissione Esteri e Difesa a Palazzo Madama.
"In questi giorni i nostri a Bruxelles stanno facendo un lavoro prezioso per evitare che si utilizzino i fondi di coesione per finanziare spese militari e per incentivare, attraverso gli strumenti europei vecchi e nuovi, le collaborazioni industriali e gli acquisti comuni fra Paesi Europei, l’interoperabilità dei sistemi e i programmi sugli abilitanti strategici (spazio, cyber, difesa aerea, trasporto strategico). In questo quadro, va salutato positivamente che dopo il Next Generation si consolidi l’idea di emettere debito comune per finanziare un bene pubblico europeo come la difesa".
"Anche perché sarà per noi meno complicato continuare la nostra battaglia per estenderlo agli altri pilastri dell’autonomia strategica, a partire dalle politiche per accompagnare la transizione ecologica e digitale. Un passo importante quindi, come sottolineato dal nostro gruppo a Bruxelles, a cui certamente ne dovranno seguire altri se si vuole davvero rafforzare la nostra difesa comune”.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "L’Unione Europea si trova a un bivio: o si presenta unita o rischia la marginalità politica. La guerra in Ucraina, e l’attuale voltafaccia americano, hanno reso evidente l’urgenza di una politica di difesa comune che non può essere frenata dagli interessi delle singole nazioni". Così l'eurodeputato Pd, Pierfrancesco Maran. "Una Difesa progressivamente comune perché, agendo come 27 eserciti nazionali, rischiamo l’impotenza".
"Oggi è necessario un passaggio di fase che aumenti gli investimenti volti a garantire una deterrenza da nuova aggressioni russe dopo il disimpegno americano ma anche a rendere più omogenea la difesa europea, con forniture simili, riducendo le duplicazioni di spese tra paesi e le inefficienze. L’Unione Europea deve dotarsi di una propria architettura di sicurezza, capace di garantire responsività e affermarsi come attore decisivo nello scenario internazionale".
"L’iniziativa della presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, al di là del nome infelice 'RearmEU', è un primo passo in questa direzione. Va tuttavia integrata e sviluppata identificando con chiarezza quali sono le linee di spesa utilizzate, in che modo questo aiuto può supportare immediatamente l’Ucraina, come si intende sostenere una crescente produzione industriale europea nell’ottica di arrivare ad una vera interoperabilità e difesa comune".
Roma, 6 mar (Adnkronos) - "Penso che sia l’ennesimo episodio di antisemitismo che vuole legare la guerra in Medio oriente all’insulto alla memoria della Shoah. È terribile". Lo dice all'Adnkronos il segretario di Sinistra per Israele Emanuele Fiano a proposito del ritrovamento nel cantiere del museo della Shoah a Roma di escrementi, una testa di maiale e scritte che ricordano i morti a Gaza oltre ad alcuni volantini pro Palestina sono. Sull'episodio indaga la Digos.
Roma, 6 mar (Adnkronos) - "La sinistra". Lo scrive su Twitter il senatore del Pd Filippo Sensi rilanciando un post di Pedro Sanchez in cui, a margine del Consiglio europeo straordinario, il premier spagnolo tra l'altro dice: "Oggi dobbiamo mandare un messaggio chiaro ai cittadini: l’Europa è molto più potente di quanto pensiamo. Nessuno minaccerà la nostra pace, la nostra sicurezza o la nostra prosperità".