“Ala deviata del Pd”. Ha usato questo termine il procuratore generale del Piemonte Francesco Saluzzo per parlare dei rapporti fra almeno un paio di esponenti torinesi del partito e un boss della ‘ndrangheta, Salvatore De Masi detto Giorgio. L’occasione è stata la requisitoria del processo d’appello bis dell’inchiesta Minotauro, terminato nei giorni scorsi con 7 condanne. De Masi, che secondo gli investigatori fu a capo della locale di Rivoli, sono stati inflitti 9 anni di reclusione. Nessuno degli appartenenti al Pd è mai stato imputato in Minotauro, la più grande inchiesta degli ultimi anni sulla presenza della ‘ndrangheta nel Nord-ovest
Il 20 aprile il dibattimento si è concluso con sette condanne e due assoluzioni. Il giudizio riguarda nove imputati (un decimo è deceduto) e si è celebrata per ordine della Cassazione, che il 12 maggio 2016 aveva confermato 23 condanne, ma ne aveva annullate alcune con rinvio.
Fra gli interessati figura Antonino Battaglia, ex segretario comunale di Rivarolo, condannato a 1 anni e 4 mesi di reclusione e al pagamento di 300euro di multa per un reato elettorale semplice. La Corte d’Appello di Torino l’ha sospeso dal diritto elettorale e interdetto per un anno dai pubblici uffici.
“Questa sentenza – avevano commentato, dopo la lettura del dispositivo, il procuratore generale Francesco Saluzzo e il pm Monica Appatecola – conferma che la criminalità organizzata calabrese in Piemonte è iperattiva e pervasiva”. Nel procedimento hanno testimoniato alcuni pentiti, tra cui Domenico Agresta, detto ‘Nicu’, 29 anni, che aveva già reso delle dichiarazioni in un’altra indagine, quella sull’omicidio del magistrato Bruno Caccia. Salvatore De Masi, detto ‘Giorgio’ secondo gli investigatori a capo della locale di Rivoli con la dote di padrino, è stato condannato a 9 anni. La Corte ha poi inflitto un anno e dieci mesi a Velerio Ierardi, ‘esattore’ del gruppo criminale di Cuorgne’. Un anno e 4 mesi a Giovanni Macri’, imprenditore. Domenico Agresta, nome di spicco della locale di Volpiano è stato condannato a 5 anni di carcere, mentre per Rosario Marando la pena è di 4 anni di reclusione, in continuazione con una sentenza di Reggio Calabria che gli aveva inflitto 13 anni e 8 mesi di carcere. Marando appartiene ad un’altra storica famiglia calabrese di Volpiano e, alcuni anni fa, portò gli investigatori sulla Vauda di Volpiano per cercare tre cadaveri – quelli di Antonio, Antonino Stefanelli e Francesco Mancuso, uccisi nel 1997 – che non sono però mai stati ritrovati. Marco Zingarelli ha un anno e sei mesi di reclusione. Benvenuto Pratic è stato assolto perché il fatto non sussiste, mentre per Domenico Portolesi la Procura di Torino ha chiesto la trasmissione degli atti al tribunale di Reggio Calabria.
Nelle carte dell’inchiesta Minotauro figurano dei contatti, risalenti al 2010, finalizzati alla ricerca di voti per le primarie locali. Gli interessati, quando furono sentiti dagli investigatori, dissero che non sapevano che De Masi fosse legato alla criminalità organizzata.
“In realtà – ha spiegato Saluzzo, interpellato in proposito successivamente – a noi risulta che De Masi fosse un personaggio di altissimo livello. Al punto che era addirittura destinato a ricoprire il ruolo di capo della cosiddetta ‘casa di rappresentanza’ (un organismo intermedio di raccordo fra i clan locali e la casa madre in Calabria – ndr) che l’organizzazione stava progettando di insediare in Piemonte. Il fatto che fosse lui a tenere questo genere di contatti non era una casualità”. “Ovviamente – ha precisato il procuratore generale – io non ho parlato del Pd nel suo complesso. Il Pd non è questo. E queste persone non rappresentano tutto il Pd. Senza contare che il fenomeno della ricerca di serbatoi di voti è vasto e ha una portata più generale. Parliamo però di persone che facevano cattiva politica. Senza farsi troppe domande”. Nel caso Minotauro il procuratore generale Saluzzo non ha preso parte alla fase delle indagini preliminari ma è intervenuto solo in occasione del processo d’appello insieme alla collega Monica Abbatecola.