Il 14enne Samuele, affetto dalla sindrome di George, aveva diritto a 18 ore di sostegno domiciliare ma la scuola ne ha concesse solo 6,69 a settimana. I giudici capitolini hanno applicato il principio di massima tutela degli alunni in assistenza domiciliare. "Non si possono dare tutele minime a questi ragazzi altrimenti ci sarebbe una discriminazione tra il ragazzo e gli altri alunni”, spiega il presidente della Rete sostegno e tutela dei diritti delle persone con disabilità
Avrebbe dovuto avere 18 ore di sostegno ma la scuola ne ha concesse solo 6,69 a settimana. Nonostante la richiesta di lezioni domiciliari fosse legata a una grave malattia. C’è voluta un’ordinanza del tribunale di Roma per ridare giustizia a Samuele, (nome di fantasia) alunno 14enne vittima, secondo il giudice Silvia Albano, di una “condotta discriminatoria”. A raccontare la vicenda è Maurizio Benincasa, presidente della Federazione italiana rete sostegno e tutela dei diritti delle persone con disabilità, al quale i genitori di Samuele si sono rivolti dopo essersi appellati alla scuola e persino alla ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli. Dalla numero uno del Miur, però, non è arrivata alcuna risposta.
“Il ragazzo iscritto al primo anno dell’istituto Urbani di Roma – spiega l’avvocato Benincasa – è affetto dalla sindrome di George, una malattia rara accompagnata da un grave deficit del sistema immunitario. Nella diagnosi funzionale fatta dall’Asl di Torino e dalla certificazione medica rilasciata dall’ospedale pediatrico Bambin Gesù risultava che avrebbe dovuto usufruire del servizio domiciliare scolastico”. Come per ogni ragazzo in quello stato è stato fatto un Piano educativo individualizzato che ha rilevato la necessità del numero massimo di ore a domicilio. “Il progetto di scuola domiciliare redatto dall’istituto – prosegue Benincasa – tuttavia ha disposto di sole 6,69 ore di sostegno a casa anziché il numero massimo previsto dal Pei a causa dell’organico assegnato”.
Samuele ha dunque potuto contare solo su quattro ore di sostegno. Il resto era tenuto dagli insegnanti curriculari e attraverso collegamenti via Skype. A dare una mano alla famiglia ci ha provato anche la scuola con una missiva congiunta al ministero: nulla da fare però. L’ultimo atto è stato quello di rivolgersi alla First: “Abbiamo fatto un ricorso d’urgenza e il giudice in quattro giorni ha adottato un’ordinanza obbligando i docenti di sostegno a svolgere le loro 18 ore a casa del ragazzo. L’udienza fissata a giugno. È un’ordinanza storica non ricordo precedenti in questo senso e applica il principio di massima tutela degli alunni in assistenza domiciliare. Non si possono dare tutele minime a questi ragazzi altrimenti ci sarebbe una discriminazione tra il ragazzo e gli altri alunni”.
Nel provvedimento della sezione Diritti della persona e immigrazione civile il giudice è chiaro: “Non vi è dubbio che sussista in capo al minore il diritto a ricevere il numero di ore adeguato di sostegno, individuato nel Pei nel numero di 18 ore settimanali a domicilio per garantire al medesimo, nel suo primario interesse, il pieno godimento dei diritti fondamentali, tra cui l’integrazione scolastica e sociale, nonché allo studio, permettendogli di sviluppare liberamente la propria persona nel corso degli anni, eliminando le eventuali disuguaglianze derivanti da condotte discriminatorie”. Non solo. Nell’ordinanza si precisa che “è senz’altro sussistente l’estrema urgenza di provvedere in quanto il minore sta subendo un grave danno che si aggrava ogni giorno che passa”.