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Telecom Italia, l’uomo di Bollorè entra in cda ma Vivendi perde la partita sul collegio sindacale

Passa la nomina di Genish. A capo dei sindaci resta però Roberto Capone, che ha dato del filo da torcere al consiglio di amministrazione sostenendo le ragioni del socio attivista Elliott. In attesa del prossimo round, il vicepresidente Bernabè ha chiesto ai soci "un atteggiamento meno conflittuale" e di evitare "toni eccessivi" che hanno "gravi ripercussioni" reputazionali

Mentre Vincent Bolloré affronta a Nanterre i guai giudiziari del suo gruppo, a Milano incassa una magra consolazione in Telecom Italia con l’ok al bilancio 2017 e la nomina del manager di fiducia Amos Genish ai vertici dell’ex monopolista. Una notizia che arriva proprio mentre Mediaset festeggia il ritorno all’utile. Tre storie, quella di Vivendi, di Telecom e di Mediaset, unite da un unico filo rosso: la guerra per il controllo e lo sviluppo dei contenuti media e dell’infrastruttura di rete che dovrà traghettarli fino a milioni di tv, tablet e telefonini. Il primo round nell’assemblea di Tim si è concluso a favore di Vivendi: in un clima attonito per il fermo di Bollorè per presunte tangenti in Africa, i soci di Tim hanno deciso di sostenere l’uomo voluto dal raider bretone: più del 97% degli azionisti presenti in assemblea ha votato a favore della nomina di Genish. Il manager israeliano guiderà dunque l’azienda almeno fino al 4 maggio quando si dovrà rinnovare l’intero consiglio.

Lo farà sotto il vigile controllo di Roberto Capone, il presidente del collegio sindacale di Tim che ha dato del filo da torcere al consiglio di amministrazione sostenendo le ragioni del socio attivista Elliott, il fondo che ha finanziato i cinesi nell’acquisto del Milan dalla Fininvest. Contro la volontà di Vivendi e fra gli applausi dei rappresentanti dei fondi, Capone è stato infatti riconfermato (58,3% dei votanti) ai vertici del collegio sindacale di Tim. Anche a dispetto del suo potenziale conflitto d’interesse: Capone è infatti anche presidente del collegio di Cdp Equity, la società della Cassa Depositi e Prestiti che controlla, assieme all’Enel, la rivale di Tim, Open Fiber. “A giudicare dall’elezione del presidente del collegio sindacale si direbbe che Elliott e i fondi abbiano la maggioranza in assemblea”, ha commentato il presidente dell’Istituto Bruno Leoni, Franco Debenedetti, in un intervento alla trasmissione Report di Class Cnbc. Non a caso il rappresentante del fondo Elliott, Giorgio Furlani, ha dichiarato che “l’assemblea del 4 maggio farà voltare pagina sulla governance e sui conflitti di interesse” nominando un cda che saprà “accompagnare il management nella creazione di valore per tutti gli azionisti”. Anche se al momento nulla esclude che numeri, presenze e pesi dei soci possano anche mutare nell’assise del 4 maggio: fino al 24 aprile era possibile infatti depositare le azioni per partecipare alla prossima assemblea Tim che ancora per un anno avrà come revisore la Pwc dopo la bocciatura delle candidature di Kpmg e EY. “Una situazione non prevista” come ha spiegato il presidente Capone.

In attesa del prossimo round, il vicepresidente Franco Bernabè ha chiesto ai soci “un atteggiamento meno conflittuale” evitando “toni eccessivi” che “danno conto di un clima sbagliato con gravi ripercussioni” reputazionali sull’azienda. Messaggio analogo è arrivato anche da Genish che ha dichiarato di voler “lavorare insieme con tutti” per portare a compimento il piano industriale nel 2022. Tuttavia, in assemblea, il manager ha colto l’occasione per evidenziare che l’operazione di separazione della rete dai servizi di telefonia richiederà fra i dodici e i diciotto mesi. Non potrà quindi avvenire in tempi stretti come auspicato dal governo uscente, ma avverrà sotto la guida della Cassa Depositi e Prestiti che ormai ha il 4,78% di Telecom Italia. Inoltre il manager ha evidenziato come siano ormai in “fase avanzata” i negoziati con Mediaset per la fornitura di contenuti televisivi. Anche a dispetto del braccio di ferro in atto fra Vivendi e Cologno Monzese dopo il voltafaccia francese sull’affare Premium e del successivo fallimento delle trattative sullo scambio di contenuti con Tim.

“Non stiamo parlando di quanto si discuteva mesi fa e in particolare nell’ultimo mese dell’anno scorso”, ha puntualizzato il direttore finanziario del Biscione, Marco Giordani, nella conferenza con gli analisti seguita all’ok al bilancio Mediaset, tornata in utile dopo un esercizio “reso anomalo, come noto, dagli effetti della vicenda Vivendi” come ha spiegato una nota di Cologno Monzese. Mediaset ha poi tagliato corto su altre possibili partnership con i francesi escludendo di fornitura di contenuti molto più “pesanti” alla joint venture che Tim intendeva creare con Canal+. Contenuti poi di fatto confluiti nel recente accordo tra il Biscione e Sky, mettendo nell’angolo Vivendi.