La memoria è importante perché chi non la coltiva è destinato a ricommettere gli errori del passato. La storia dell’Italia contemporanea è una buona dimostrazione della validità di questo assioma. 73 anni fa la lotta dura dei nostri padri e nonni e il sacrificio di migliaia di loro consentirono al popolo italiano di ottenere la libertà dal nazifascismo, ma – come testimoniato di recente da Carlo Smuraglia – la guerra di liberazione era diretta anche a ottenere un Paese più giusto e degno. Ne scaturì la Costituzione repubblicana, fondamentale documento che dovrebbe essere alla base della nostra convivenza pacifica e democratica. Ma purtroppo essa è rimasta in buona parte sulla carta. Dov’è l’uguaglianza formale e sostanziale? Dove il diritto al lavoro? Dove i limiti alla proprietà e all’impresa? Dove il ripudio della guerra? E l’elenco delle inadempienze potrebbe continuare a lungo.
Progressivamente, anzi regressivamente, una classe politica sempre peggiore da ogni punto di vista – anche al di là delle tradizionali distinzioni fra destra e sinistra – ha non solo dimenticato ma anche oltraggiato e violato il sacro testo costituzionale. Gli ultimi sprazzi di fedeltà allo stesso si sono visti negli anni Settanta, con lo Statuto dei lavoratori, il servizio sanitario nazionale, l’istituzione delle Regioni, la riforma del diritto di famiglia. Ne è seguita una stagione sempre più cupa, segnata sempre più a fondo dall’indebolimento del potere dei lavoratori e dall’avanzata di mafia e corruzione in tutte le sue forme.
Attacchi alla salute e all’ambiente, devastazione del territorio e rovina del patrimonio culturale per effetto della speculazione edilizia, degenerazione di istruzione e sanità, politica estera contrassegnata dalla piena sottomissione ai centri del potere imperiale. Questo è quanto ha combinato una pessima classe dirigente negli ultimi, grosso modo, 40 anni. Frutti velenosi ne sono stati prima Silvio Berlusconi e poi Matteo Renzi, autore di una proposta di cambiamento del testo costituzionale fortemente respinto a grande maggioranza dall’elettorato.
Il tutto ovviamente, in pieno dispregio dell’eredità trasmessaci dalle brigate partigiane e dei principi contenuti nella Costituzione repubblicana. In un contesto sempre più segnato dai processi della globalizzazione stiamo affrontando nuovi fenomeni, in buona misura inediti per il nostro Paese. Le migrazioni di massa – che non sono il frutto del complotto di qualcuno ma un portato inevitabile dello sviluppo squilibrato del pianeta – ci hanno trasformato da Paese di emigrati a Paese di emigrati e di immigrati, anche se i primi continuano a essere più dei secondi. L’assenza dello Stato – maldiretto e anzi spesso saccheggiato dalla pessima classe politica di cui sopra – ha fatto sì che questo fenomeno epocale venisse sfruttato economicamente dalle mafie e politicamente da forze politiche come la Lega Nord o i vari gruppuscoli nazifascisti che si muovono nella sua orbita.
Il contesto è indubbiamente difficile. Eppure, la Resistenza e la Costituzione repubblicana devono continuare a costituire il nostro faro e il nostro punto di riferimento fondamentale. Tenendo presente che il nemico che dobbiamo combattere è lo stesso che a suo tempo affrontarono i partigiani. Un fascismo che torna alla carica ansioso di rilegittimazione e forte dell’analfabetismo di ritorno e della mancanza totale di memoria di gran parte della popolazione italiana. Una mafia che – sebbene condannata anche nelle sue propaggini istituzionali dai giudici di Palermo con la recente sentenza sulla cosiddetta trattativa – continua a essere fortissima in tutto il Paese e sul piano internazionale alimentandosi inoltre dei processi di finanziarizzazione essendo in grado di gettare sul piatto enormi liquidità e a godere di complicità di alto bordo (il cosiddetto terzo livello che è ancora ben lungi dall’essere smantellato o anche solo identificato con precisione). Un razzismo che addita agli ingenui e ai demuniti gli stranieri e i “negri” come bersaglio da combattere.
Un’orrida Trimurti, questa fascismo-mafia-razzismo, che esprime indubbiamente il peggio della nostra storia e del nostro carattere nazionale. Contro di essa dovrà esprimersi e organizzarsi con forza sempre maggiore, l’attività dei nuovi partigiani. Per una nuova Liberazione che non tarderà a venire, se lavoreremo bene e indicheremo con chiarezza la situazione a tutte e tutti coloro che vorranno e potranno intenderla.