La grande occasione di Trieste: in città si libera uno spazio grande quanto il centro storico. Sono i 600mila metri quadrati del Porto Vecchio costruito dall’Austria nell’800. Splendidi capannoni affacciati sul mare che sono stati sdemanializzati e riconsegnati alla città. Un’operazione avviata dalla governatrice Debora Serracchiani e dall’allora sindaco Roberto Cosolini che ora sarà gestita dai nuovi timonieri della città: il primo cittadino di centrodestra, Roberto Dipiazza e il governatore che verrà eletto domenica. Favorito è il leghista Massimiliano Fedriga. Insomma, sarà il centrodestra ad avere in mano la grande occasione che potrebbe portare in città investimenti per 5 miliardi.

Per l’operazione di riqualificazione, tra le più grandi d’Europa – quasi il doppio, per dire, del porto antico di Genova – si fanno avanti archistar come Massimiliano Fuksas e grandi progetti. Ma c’è chi teme il rischio dello spezzatino: progetti senza un disegno unitario, centri commerciali, residenze. Anche la criminalità organizzata annusa l’affare e si prepara a farsi avanti.

Ma la grande occasione, forse, sarebbe la scienza. Proprio nel Porto Vecchio nel 2020 sarà ospitato l’Esof. Trieste sarà la Capitale Europea della Scienza. In questa città che ha il record europeo di ricercatori per abitanti: 35 per mille. Più del doppio della Finlandia. Un esercito di 10mila studiosi che popolano 40 centri di ricerca, dalla Sissa al sincrotrone del Carso, un impianto di eccellenza dove gli elettroni vengono sparati al 99,99 per cento della velocità della luce. Per riuscire a vedere dove nessuno strumento riesce ad arrivare.

Ecco Trieste oggi. Una città unica in Italia. Capitale delle diversità. Che nel passato hanno portato tragedie. Il Fatto vi porterà nel Magazzino 18, proprio nel cuore del Porto Vecchio. Qui, dopo la Seconda Guerra Mondiale, migliaia di istriani profughi dalla loro terra lasciarono i  loro beni sperando un giorno di poterli recuperare. Sono ancora lì, la Pompei di un mondo cancellato dalla diaspora: sedie, mobili, bicchieri, foto di gente ormai senza nome. Per ricordare la tragedia di 350mila istriani, il novanta per cento della popolazione italiana. Quando i profughi eravamo noi, quando lasciavamo la nostra terra per salire sui barconi ed essere accolti nei campi profughi. Per anni i profughi istriani sono stati accusati di essere fascisti, soltanto perché volevano vivere in Italia. Per decenni la loro storia è stata negata. Oggi, anche grazie allo spettacolo Magazzino 18 di Simone Cristicchi, l’Italia finalmente ricorda.

Ecco Trieste capitale della diversità dove il Fascismo perseguitò gli slavi. Dove i nazisti, a San Sabba, sterminarono migliaia di ebrei, partigiani, italiani. Uccisi a colpi di bastone e cremati. Ma Trieste dove le diversità hanno anche convissuto e convivono. Qui dove si prega in chiese cattoliche e ortodosse, nella sinagoga. Dove grandi scrittori come James Joyce si sentivano a casa. Dove ancora oggi vivono 4.500 serbi. Trieste città multietnica che, pur tra tante tragedie, ha saputo fare della diversità ricchezza. Occasione d’incontro. Letteratura e scienza. Vita.

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