Il cranio e le ossa del fanciullo sono state ritrovate al di sotto di uno strato di circa 10 centimetri. Un fatto inusuale, dicono gli esperti, perché solitamente nella stratigrafia dell'eruzione del Vesuvio è presente il lapillo nel livello più basso e poi la cenere che sigilla tutto. L'ipotesi è che in questo caso sia penetrato solo il flusso piroclastico
Durante l’eruzione del 79 d.C. aveva cercato riparo nelle Terme centrali. Ma il flusso piroclastico (un mix di gas e materiale vulcanico) è entrato dalle finestre e lo ha sommerso. È questa la storia di un bambino di 7-8 anni il cui scheletro è stato ritrovato nel complesso termale del Parco archeologico di Pompei durante un restauro. Una “scoperta eccezionale“, l’ha definita il direttore del Parco Massimo Osanna, per le peculiarità con cui è arrivata fino a noi.
Il cranio e le ossa del fanciullo sono emerse infatti durante la pulizia di un ambiente di ingresso delle Terme centrali al di sotto di uno strato di circa 10 centimetri. Un ritrovamento senza precedenti, spiegano gli esperti, perché di solito nella stratigrafia dell’eruzione del Vesuvio è presente il lapillo nel livello più basso e poi la cenere che sigilla tutto. Ma non in questo caso. L’ipotesi è che proprio i lapilli non siano riusciti a entrare nell’ambiente, né a sfondare il tetto. È penetrato soltanto il flusso piroclastico che ha ucciso il bambino nelle fasi finali del fenomeno e lo ha ricoperto di uno strato sottile di materiale lavico.
Siamo “a una svolta per la ricerca archeologica, non solo per le scoperte eccezionali che regalano forti emozioni come nel caso di questo ritrovamento, ma anche perché si è consolidato un nuovo modello di approccio scientifico che affronta in maniera interdisciplinare le indagini di scavo”, ha spiegato il direttore Osanna. “Un team di professionisti specializzati quali archeologi, architetti, restauratori ma anche ingegneri, geotecnici, archeobotanici, antropologi, vulcanologi lavora stabilmente, fianco a fianco e con il supporto di risorse tecnologiche all’avanguardia, per non lasciare al caso nessun elemento scientifico, e dunque ricostruire nella maniera più accurata possibile un nuovo pezzo di storia che, attraverso gli scavi, ci viene restituito”. Lo scheletro, fa sapere in una nota il Parco archeologico, è stato rimosso e trasferito al Laboratorio di ricerche applicate. Grazie alle indagini sarà possibile stabilire con più precisione l’età del bambino e determinare eventuali patologie.
Le Terme centrali dove è stata fatta la scoperta erano già state scavate tra il 1877 e il 1878. L’ipotesi degli archeologi è che lo scheletro del bambino fosse già stato ritrovato all’epoca ma non portato alla luce perché lo strato vulcanico non permetteva la realizzazione di un calco. L’intero complesso, che si sviluppa all’interno dell’insula 4 della Regio IX del Parco archeologico, è oggetto di interventi di consolidamento e di restauro da gennaio dello scorso anno.