Vincent Bollorè è stato iscritto nel registro degli indagati nell’ambito dell’inchiesta per corruzione di pubblici ufficiali stranieri finalizzata a ottenere concessioni portuali in Togo e Guinea. Lo riferiscono fonti giudiziarie citate dai media francesi, al termine delle 36 ore di fermo del finanziere. Sono stati portati davanti ai giudici Serge Trounaire e Aude Buresi anche gli altri due dirigenti del gruppo interrogati dalla procura di Nanterre, vicino a Parigi: il responsabile del polo internazionale di Havas e il direttore generale del gruppo Bolloré. Francis Perez, presidente del gruppo Pefaco, società specializzata nel settore alberghiero e molto presente in Africa, anche lui in stato di fermo per 36 ore, è stato invece rilasciato senza addebiti.

Secondo i giudici istruttori stanno cercando il gruppo Bolloré avrebbe dunque utilizzato le attività del braccio “politico” della sua filiale Havas favorire alcuni leader locali e vedersi in cambio attribuire la gestione di porti a Lomé e Conakry attraverso la Bolloré Africa Logistics. In un comunicato, il gruppo Bolloré ha “formalmente” smentito di aver commesso irregolarità. Al centro dell’inchiesta, avviata dopo le denunce di un ex socio franco-spagnolo di Bolloré, Jacques Dupuydauby, c’è l’assistenza prodigata nel 2010 da Havas alle campagne presidenziali di Alpha Condé in Guinea e di Faure Gnassingbé in Togo. Entrambi fecero ricorso all’aiuto di Havas, guidata da Jean-Philippe Dorent.

Bolloré, che tramite la sua Vivendi è primo azionista di Tim e in queste settimane protagonista di uno scontro con il fondo Elliott per il controllo del gruppo delle tlc, sarebbe stato informato da almeno due settimane del fermo in arrivo. Pochi giorni fa aveva lasciato la guida del consiglio di Vivendi al figlio Yannick. Alla notizia pubblicata da LeMonde.fr e subito rilanciata dai grandi media di Francia e non solo la direzione del gruppo fondato due secoli fa ha replicato a stretto giro di posta, scartando l’ipotesi di irregolarità e garantendo massima trasparenza. “Il legame che alcuni tentano di fare tra l’ottenimento delle concessioni e le operazioni di comunicazione – è la secca replica – è privo di ogni fondamento e rivela una pesante ignoranza del settore industriale”. Profondamente radicato in Italia – non solo Telecom e Mediaset, ma anche Generali e Mediobanca (il ‘salotto buono’ da cui partì la sua avventura italiana, ormai 19 anni fa,anche grazie ai contatti giusti dell’amico banchiere Antoine Bernheim) – Bolloré è direttamente messo in causa e potrebbe quindi finire nel registro degli indagati. In Francia, il fermo può durare fino a un massimo di 48 ore.

Fu esattamente due anni fa, nell’aprile 2016, mentre pescava gamberetti a Beg-Meil, nella sua Bretagna, che il tycoon apprese della perquisizione negli uffici della sua filiale Bolloré Africa Logistics a Puteaux. Un sopralluogo scattato nell’ambito di un’inchiesta aperta quattro anni prima e durante il quale la polizia trovò (e sequestrò) documenti sulle presunte pratiche irregolari a favore dei leader di Togo e Guinea. A una domanda su quelle concessioni sospette, Alpha Condé disse in passato che “Bolloré riempiva tutte le condizioni della gara d’appalto.È un amico, privilegio gli amici. E allora?”. Il gruppo Bolloré conta circa 80.000 impiegati ed è è tra i primi duecento gruppi globali. Uno straordinario exploit, quello dell’imprenditore nato a Boulogne-Billancourt, che a partire dalle cartiere di famiglia sull’orlo del fallimento (Ocb) riuscì a costruire uno dei colossi più diversificati al mondo. Non solo media e Tlc con Vivendi, ma anche infrastrutture, logistica, trasporti, le avveniristiche auto elettriche di Parigi (Autolib’…non c’è fine ai possedimenti del bretone le amicizie giuste a Parigi e non solo. A cominciare da quella con l’ex presidente Nicolas Sarkozy, che invitò sul suo panfilo di 65 metri subito dopo l’elezione all’Eliseo nel 2007, tra le proteste di tanti connazionali indignati per quel plateale connubio tra soldi, politica e potere. Al punto che in un libro pubblicato tre anni fa, lo stesso Sarkò pronunciò un sentito ‘mea culpà. Lo yacht di Bolloré? “Un indiscutibile errore di valutazione”.

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