Il gip di Firenze, su richiesta della Dda fiorentina, ha archiviato l’indagine per riciclaggio a carico del costruttore Andrea Bulgarella, e eliminato ogni aggravante relativa al metodo e alla finalità mafiosa. Lo ha comunicato, in una nota, il gruppo Bulgarella. La vicenda, si ricorda nella nota, parte a ottobre 2015: Bulgarella, originario di Trapani ma trapiantato da anni a Pisa, viene raggiunto da un provvedimento di sequestro di alcuni documenti. La Dda, in base a indagini del Ros, sospettava che la sua attività avesse all’origine “il riciclaggio di denaro di provenienza mafiosa e in particolare del clan che fa capo a Matteo Messina Denaro“.
L’archiviazione parziale chiesta dalla Dda di Firenze e accordata dal gip Alessandro Moneti, cancella anche parte delle accuse rivolte a Fabrizio Palenzona, coindagato come vicepresidente di Unicredit insieme a dirigenti della stessa banca e presunti intermediari. Per Palenzona, così come per Bulgarella e altri imputati, cade in dettaglio l’accusa di associazione a delinquere finalizzata alla truffa e all’appropriazione indebita e l’aggravante dell’art.7 dl 152/91 per l’agevolazione di organizzazioni mafiose.
Restano in piedi le accuse per appropriazione indebita e concorso in truffa a carico dello stesso Palenzona, di Bulgarella, di un notaio di Pisa e dirigenti di Unicredit: secondo l’inchiesta sette indagati si prodigarono per far ottenere indebitamente finanziamenti bancari al gruppo Bulgarella mentre era in crisi. La procura porterà avanti l’inchiesta per questa parte di accuse, e per altre su altri fatti circoscritti, alleggerite dall’accusa di mafia.
Uno dei legali di Bulgarella, l’avvocato Nino Caleca che lo ha difeso insieme a Vincenzo Maria Giacona, sostiene poi che il provvedimento del gip è “nettissimo”: scrive che “non ci sono prove che attestino flussi di denaro o altre utilità di provenienza illecita reimmesse in attività economiche del Bulgarella”. Secondo la nota, infine, l’indagine “nasce da elementi poco consistenti, se non irrilevanti, da ricostruzioni inesatte, da sospetti e calunnie di noti imprenditori mafiosi (oggi diventati falsi “collaboratori di giustizia”), che però ha creato un grave danno di immagine a tutta l’attività del gruppo, dato che l’inchiesta ha avuto una grande eco sui giornali e le tv”.