La relazione presentata al Parlamento lo scorso febbraio proprio dal ministro uscente sosteneva che il divario di reddito si era ridotto nel 2017 e che il miglioramento sarebbe proseguito quest'anno. Smentito anche il rapporto diffuso nel giugno 2017 dall'Istat, che aveva già ritrattato ammettendo che le politiche del governo Renzi hanno solo attenuato lievemente il rischio povertà
E’ “una delle conseguenze più drammatiche della crisi e della recessione in cui abbiamo perso 10 punti di pil”. E “come sappiamo è aumentata“. A parlare è il ministro dell’Economia uscente, Pier Carlo Padoan. Argomento, la disuguaglianza dei redditi. Un “aspetto importante che deve essere oggetto di strategie, di politiche economiche e sociali da subito”, ha ammonito Padoan durante la presentazione del Documento di economia e finanza, in cui sono inseriti anche 12 Indicatori di benessere equo e sostenibile. E ha subito colto l’occasione per invitare i successori a “continuare sulla strada” avviata dal governo in carica, che “ha varato misure importanti come il Reddito di inclusione“. L’allargamento della forbice tra ricchi e poveri indicato giovedì dal titolare di via XX Settembre – e certificato pochi giorni fa anche dall’Eurostat – contraddice però l’analisi messa nero su bianco proprio dal Tesoro nella Relazione sugli indicatori di benessere equo e sostenibile trasmessa al Parlamento da Padoan lo scorso 20 febbraio, poco prima delle elezioni politiche.
In quel rapporto si leggeva che la disuguaglianza, misurata in base al “rapporto fra il reddito equivalente totale ricevuto dal 20 per cento della popolazione con più alto reddito e quello ricevuto dal 20 per cento della popolazione con il più basso reddito”, secondo il modello usato dal Mef “avrebbe registrato una riduzione di un punto decimale, scendendo a 6,2” e “nel 2018 l’indicatore mostra un ulteriore miglioramento rispetto al 2017, riducendosi a 6,1“. Cosa che veniva spiegata con il “rafforzamento delle misure a sostegno dei redditi più bassi, entrate in vigore nel 2018”. In particolare l’estensione della no tax area e l’aumento della quattordicesima per i pensionati oltre all’avvio del Reddito di inclusione, la nuova misura universale di contrasto alla povertà. “Si inverte dunque – commentava il Mef – la tendenza all’accentuazione delle disuguaglianze, che è il grave lascito della crisi globale del 2008”.
Peraltro, aggiungeva la relazione presentata da Padoan, “i valori dell’indicatore, presentati nella Tabella II.1 (vedi immagine), non colgono pienamente l’impatto potenzialmente positivo sulla struttura dei redditi più bassi delle recenti misure di incentivo ai giovani neoassunti introdotte dalla Legge di Bilancio 2018. Pertanto il profilo degli indicatori potrebbe riflettere una sottostima nella dinamica di riduzione della diseguaglianza negli anni 2018-2020″.
Ora, in procinto di lasciare l’incarico, l’ex vice segretario generale dell’Ocse rettifica allineandosi alle analisi di Oxfam secondo cui le differenze tra ricchi e poveri sono in aumento. “Fra il 2008 e il 2012 la disuguaglianza risale”, si legge nell’Allegato 6 al Def presentato giovedì, “anche a motivo della crisi finanziaria ed economica. Segue quindi un biennio di sostanziale stabilità e un aumento nel 2015. L’Istat stima che il rapporto interquintilico rimanga stabile nel 2016 e aumenti nel 2017 raggiungendo un valore pari a 6,4″.
Le dichiarazioni del ministro smentiscono anche il rapporto sulle disuguaglianze diffuso nel giugno 2017 dall‘Istat. Che in un primo tempo aveva sostenuto che le politiche del governo Renzi le avevano fatte diminuire, salvo poi – dopo i rilievi del fattoquotidiano.it – ritrattare ammettendo che gli interventi messi in campo fino a quel momento avevano solo “ridotto lievemente il rischio povertà” ma non avevano avuto alcun impatto sulla distribuzione dei redditi.