Abbiamo provato God of War, il nuovo capitolo dell'epopea di Kratos, rimanendone affascinati. Per rendere onore ad una trama ben studiata abbiamo scelto di non includere alcuno spoiler nella recensione
Ci sono personaggi che irrompono nell’immaginario collettivo videoludico e si confermano eterni, come déi. Kratos è uno di questi: approdato su PS2 in un’epoca in cui tutti quanti avevano bisogno di un nuovo pilastro, in un action dalle dinamiche hack ‘n slash che hanno tenuto i giocatori incollati davanti allo schermo per ore, è rimasto nel cuore dei giocatori come l’antieroe il cui nome è divenuto leggenda. Quel gameplay, che è stato da tutti amato ed apprezzato nella sua irruenza, torna oggi completamente rivoluzionato con il nuovo God of War.
Le dinamiche di gioco non sono le uniche ad aver visto un rework incredibile, che in un certo senso vede snaturate le origini di God of War: anche Kratos si presenta diverso, invecchiato, seppur la sua potenza maestosa e divina permea lo schermo, trascinando il giocatore con sé e portandolo in un certo senso a sentire sulla propria pelle il peso degli anni che sono passati e il logoramento che solo una tale furia cieca può aver causato. Il divino Kratos si ritrova a vivere una nuova avventura dai toni della mitologia Norrena, ma soprattutto un nuovo ruolo, quello del padre.
È evidente sin dai primi passi che muoveremo nel gioco che Kratos non abbia idea di cosa significhi ricoprire il ruolo del genitore. Dovrà imparare a piccoli passi come comportarsi, sbagliando, esitando, ma pur sempre cercando di forgiare suo figlio Atreus, per far sì che sia in grado di sapersi difendere e sopravvivere in un mondo che ha davvero poco di buono da donare. La crescita è però reciproca: il carattere empatico e sensibile del figlio sarà infatti in grado di insegnare qualcosa di nuovo a Kratos.
Ci si trova ad affrontare un numero incalcolabile di nemici e creature mostruose, ma il filo conduttore resta la trama, solida e densa di spunti di riflessione: due generazioni a confronto, che cercano di incontrarsi, spesso scontrandosi. Ci si rispecchia nella figura del figlio, cercando di capire le motivazioni del padre, in una storia narrata con un’incredibile sensibilità emotiva che in certi punti arriva a toccare il player nel vivo, lasciando il segno.
Come anticipatovi poco sopra, God of War si ripropone in veste radicalmente differente rispetto ai capitoli precedenti. Il lavoro certosino operato da Santa Monica Studio catapulta il giocatore in ambientazioni mozzafiato, che si possono apprezzare a pieno grazie alla nuova tipologia di visuale. Se nei primi titoli la telecamera restava fissa sul protagonista, ora la si può muovere con maggiore libertà, osservando l’ambiente circostante, soprattutto nei combattimenti. Sebbene in origine si fosse pensato ad una struttura open world, il team di sviluppatori ha preferito optare per un percorso ben definito, seppure ampio e ricco di zone segrete. Una decisione che sottolinea quanto la trama sia volontariamente messa in risalto, a scapito dell’esplorazione libera della quale non si sente comunque la mancanza.
L’hardware PlayStation è sfruttato al massimo della sua potenza, lustrando gli occhi del player durante ogni scena. Certo, giocando su PlayStation 4 Pro l’esperienza risulta più fluida e godibile rispetto alle console standard che invece denotano alcuni cali di frame ed imperfezioni che comunque non rovinano il corso della nostra avventura.
Era stato annunciato ed era evidente sin dai primi trailer: le dinamiche hack ‘n slash hanno lasciato spazio ad uno stile di combattimento più action, seguendo il trend degli ultimi anni. Non temete, la furia di Kratos non viene ridotta ai minimi termini. Il sangue scorrerà a fiumi e la potenza del nostro antieroe preferito si scaglierà impetuosa su ognuno dei nemici che si ci troverà ad affrontare.
Tattica prima di tutto: abbandonate le combinazioni di mosse, si dovrà gestire il campo di battaglia in maniera più intelligente, utilizzando sì l’attacco classico, ma trovando nelle schivate e nelle parate due validi alleati per contrattaccare ed accumulare un numero significativo di danni.
Oltre all’albero delle abilità ci si interfaccia con un sistema di specializzazione costruito con intelligenza dal team di sviluppo. I sei valori sui quali Kratos basa il suo potere sono: Forza, Runico, Difesa, Vitalità, Fortuna e Ricarica. Queste specializzazioni cresceranno in base a ciò che decideremo di equipaggiare. Ogni equipaggiamento fornisce dei bonus particolari che, se studiati nei minimi dettagli, si rivelano alleati fondamentali soprattutto nelle boss fight più difficili.
Il team di Santa Monica Studio ha dato tutto sé stesso in questo titolo. Il risultato è una vera e propria opera d’arte videoludica. Il comparto artistico è una perla rara del genere, esaltato dalla cura maniacale per i dettagli, dal character design senza imperfezioni – solo per decidere la forma della barba di Kratos ci sono volute settimane di studi – e da paesaggi mozzafiato che portano a fermarsi ed ammirare il mondo che ci circonda, dimenticando per un momento che tutto questo è un videogame.
Queste ambientazioni uniche, in combinazione ad una storia dalla rara profondità, sono accompagnate da una colonna sonora dai toni solenni, che impreziosisce il tutto come fosse la pennellata finale ad un capolavoro di un grande artista.
La squadra capitanata da Cory Barlog si è assunta un rischio non indifferente nel rivoluzionare uno dei capisaldi della storia dei videogame, ma questo rischio ha pagato, eccome! Questo non è l’ultimo capitolo della saga, ma un nuovo punto di partenza per Kratos, una nuova storia, una vita diversa che saprà cambiarlo, ma soprattutto lascerà un segno nel cuore di chi saprà godersi tutte le 30 e passa ore di gioco.
Kratos è tornato!