Il rapporto misura la differenza tra il costo sostenuto dal datore di lavoro e quello che arriva effettivamente nelle tasche del lavoratore. Nel 2017 in Italia il costo di un lavoratore single è stato di 69.421 euro, peggio di Grecia e Portogallo. Per una famiglia di 4 persone con un unico reddito il cuneo è del 38,6%
L’Italia è al terzo posto tra i paesi Ocse per il peso del cuneo fiscale sul costo del lavoro. Che è più alto che in Grecia, Spagna e Portogallo. Nel nostro paese, secondo il rapporto ‘Taxing Wages’ presentato a Parigi, nel 2017 il costo per un lavoratore single è stato di 69.421 euro, con tasse e contributi che hanno pesato per il 47,7% sullo stipendio. Una percentuale in calo di appena lo 0,09% rispetto al 2016, ma oltre dieci punti sopra la media Ocse del 35,9% (nel 2016 era al 37).
Il rapporto misura la differenza tra il costo sostenuto dal datore di lavoro e il corrispondente reddito netto che arriva effettivamente nelle tasche del lavoratore, dopo aver quindi sottratto l’imposta personale sui redditi e gli oneri sociali e contributivi a carico di entrambe le parti, ma tenendo anche presente qualsiasi forma di agevolazione fiscale.
Peggio dell’Italia fanno Belgio (53,7%) e Germania (poco sotto il 50%). L’Italia perde anche il duello con la Spagna, dove il costo medio di un lavoratore è stato di 63.949 dollari. Il cuneo fiscale per i single senza figli è superiore al 45% anche in Austria, Francia e Ungheria, mentre è al 20% o anche più basso in Cile (minimo del 7%), Messico e Nuova Zelanda.
Il peso di tasse e contributi scende al 38,6% per le famiglie di 4 persone con un unico reddito, ma anche qui siamo ben oltre contro la media Ocse del 26,1 per cento. In generale, nei 17 anni di osservazione del rapporto, in Italia il cuneo fiscale è aumentato, seppur debolmente, per i lavoratori single e diminuito, altrettanto lievemente, per i nuclei familiari con due figli ed una sola persona che percepisce un reddito.