Cronaca

Pedofilia, la Chiesa è troppo egoista per sconfiggerla davvero

Quella raccontata da Andrea Cattaneo ed Ersilio Mattioni sull’ultimo numero di Fq Millennium è una storia di ordinaria pedofilia clericale: in una sera di dicembre del 2011, a Rozzano, periferia milanese, il giovane prete don Mauro Galli convinse la famiglia di Davide, un ragazzino quindicenne che frequentava l’oratorio, a lasciarlo dormire nei locali della parrocchia. Il sacerdote persuase i genitori del giovane che a trascorrere quella notte in parrocchia ci sarebbero stati parecchi coetanei di Davide. E invece ad un certo punto i ragazzi andarono via tutti, Davide rimase da solo e don Mauro se lo portò nel letto facendolo accomodare accanto a sé sotto le lenzuola. Il giorno seguente, la mamma e il papà di Davide vennero avvisati dalla scuola che il ragazzo non stava bene, che c’era qualcosa che non andava. Seguirono la scoperta di quello che era avvenuto la sera prima, il tentativo di ottenere giustizia dalla diocesi, un tentativo di suicidio del ragazzo, la denuncia ai carabinieri, il processo a don Mauro.
La vicenda suggerisce alcune considerazioni:

1. La burocrazia ecclesiale ha operato avendo a cuore soprattutto il proprio bene. Il bene di non perdere un suo funzionario è quello che spiega il precipitoso trasferimento del prete in una parrocchia pochi chilometri più a Nord. A quel primo spostamento ne seguiranno altri: a Roma, in vari ospedali milanesi e nella nuova sconosciuta residenza di oggi. Mettere al riparo dai guai una propria preziosa pedina in tempi di difficile reclutamento di nuovi effettivi sembra essere stato, almeno all’inizio, un obiettivo prioritario, in nome del quale, lo si legge nell’articolo di Cattaneo e Mattioni, si è potuto anche arrivare a dire alla comunità di fedeli di Legnano dove il giovane sacerdote era stato ricollocato (come responsabile della pastorale giovanile di quattro oratori!) dopo l’episodio increscioso, che il povero prete transfuga da Rozzano stava tentando di sfuggire alla persecuzione messa in atto dalla famiglia di un adolescente difficile scappato di casa che lui aveva generosamente accolto in parrocchia. La famiglia persecutrice sarebbe quella di Davide, il perseguitato don Mauro.

Una sollecitudine analoga per la sorte del proprio funzionario è quella che ha portato l’attuale vescovo di Milano (allora vicario di Scola) Mario Delpini, in un primo tempo a ringraziare i familiari per non essersi rivolti alla magistratura e poi, quando le cose si sono messe male per il giovane prete, a cercare più volte di incontrarlo e a metterlo infine in contatto con l’avvocato della Curia. Protezione della risorsa umana minacciata e tutela dell’immagine e del decoro dell’istituzione ecclesiale. I principi guida dell’istituzione paiono essere stati questi.

2. Il vertice del cattolicesimo non sembra particolarmente sensibile al tema della lotta alla pedofilia dei propri uomini. Pochi mesi fa, Mario Delpini è stato nominato vescovo di Milano e nel gennaio di quest’anno, nel corso della sua visita in Cile, papa Francesco ha esplicitamente dichiarato che quelle contro il vescovo Barros, accusato di aver ripetutamente protetto un prete pedofilo, erano tutte calunnie, che contro l’alto prelato non c’era uno straccio di prova.

Jorge Mario Bergoglio ha poi fatto, nelle settimane successive e in seguito alla fortissima reazione negativa che le sue parole hanno prodotto tra i fedeli e nell’opinione pubblica cilena e mondiale, una vigorosa marcia indietro, sostenendo di essere stato male informato. Intanto quelle parole sono state pronunciate e non potevano certo nascere da un giudizio improvvisato. Io credo che molti dirigenti ecclesiali siano, da un lato, perfettamente consapevoli dell’enorme minaccia che proviene, per la reputazione della loro organizzazione, dall’esplosione di casi come quello di Rozzano, ma che dall’altro non riescano a modificare davvero le loro reazioni e i loro comportamenti. E non vi riescono perché al fondo non vogliono e non possono, a mio parere, accettare l’idea che si diffonda nel pubblico, tra i credenti, l’idea che l’istituzione “sacra” per eccellenza, la mediatrice di salvezza per tutti i peccatori, accolga, educhi e promuova così tanti autori di un crimine orrendo come la pedofilia, perché non vogliono e non possono prendere in considerazione l’idea che il modo in cui formano il clero nei seminari sia una delle cause che produce la patologia successiva.

In attesa che la Chiesa inizi a riflettere su tutto questo, ai genitori di ragazzini che disgraziatamente finissero nella situazione di Davide mi sento di consigliare di rivolgersi subito alla “Rete l’abuso”, l’associazione che ha aiutato i genitori di Rozzano e tante altre vittime di preti pedofili, e soprattutto ai carabinieri. E di esigere dallo Stato e dall’intera comunità civile che venga fatta, e al più presto, giustizia. Nell’interesse loro e di noi tutti.

L’inchiesta completa di Andrea Cattaneo ed Ersilio Mattioni è sul numero Fq Millennium di aprile, per gli ultimi giorni in edicola e disponibile sullo shop online