“Un’ aggressione politica nei miei confronti. Spero che siano voci non fondate sulla mia realtà”, così ha esclamato Berlusconi quando ha saputo di Loro, ultimo e notevole film di Paolo Sorrentino. Eppure l’ex premier inspira simpatia anche ai non berlusconiani di fede e di giuramento. Sorrentino è stato, quasi, indulgente con Lui (proprio con L maiuscola, come lo chiamano nel film). E, diciamocelo pure, B. è uno che continua a vincere, anche quando perde. Forza Italia perde alle ultime elezioni, ma Lui è ancora l’ago della bilancia delle consultazioni. Di Lui si sono occupati un Premio Nobel della Letteratura e cantore della debolezza umana (Josè Saramago) e un Premio Oscar (per l’appunto Sorrentino).
Il film è diviso in due parti e la seconda uscirà il 10 maggio. Un film molto sorrentiniano, un po’ felliniano, che ricalca il solcato del La Grande Bellezza. Fatti verosimili, comunque accaduti. E raccontati con sguardo distaccato, lo stesso con il quale uno scienziato analizzerebbe sul vetrino il bacillo di un virus. Il virus si chiama berlusconismo e i riflettori sono puntati sulla sua corte di affaristi, politicanti, procacciatori di ballerine, veline (che Sorrentino chiama coccinelle). Il riferimento a volti noti lo lascia intendere.
L’agente che fa lo scouting nel pollaio di adoranti, non ci sono dubbi, è Lele Mora. Il ministro ridicolizzato potrebbe essere chiunque. Fabrizio Bentivoglio è una sintesi grottesca di Formigoni e Bondi. Il faccione di Berlusconi tatuato sul fondo schiena di un’escort folgara Riccardo Scamarcio (che veste alla grande i panni del faccendiere Gianpaolo Tarantini) che per arrivare a Lui è disposto a tutto. Anche ad affittare un villone vicino di tenuta a Villa Certosa a Porto Rotondo e lo riempe di un bestiario umano, tra sniffate, pasticche di ecstasy, smandibolamenti (per l’effetto anfetamina) e tuffi in piscina.
“Vedrai che Lui ti noterà”, gli aveva assicurato la reginetta delle starlettine. Quando le telefona, sul cellulare compare solo la scritta Lui e Scarmarcio ha un’erezione. Invece Berlusconi non compare, farà la sua apparizione dopo un’ora abbondante di pellicola. Il pubblico in sala lo aspetta. Toni Servillo, bravissimo, è una maschera di make up, sembra fatto di gomma. Il maggiordomo allinea le scarpe e con diligenza infila i rialzi. Eccolo travestito da scintillante odalisca per fare una sorpresa a Veronica. Lei lo guarda con indifferenza. Premuroso le chiede cosa leggi? Annoiata alza gli occhi: “Un libro che parla male di te”.
Qualche licenza Sorrentino se l’è presa. Nella realtà Berlusconi si maschera da ancheggiante danzatrice del ventre durante la festa di compleanno di Veronica a Marrakech. E lei, commossa, sta al gioco. E’ cronaca quando lui, con fare da principe feudatario, ai pranzi di Natale della Mondadori distribuisce, collane di perle per le signore e costosi orologi per i direttori, trattandoli come suoi vassalli. E’ cronaca quando alle cene ad Arcore un cameriere gli porge un forziere e lui distribuisce ori al suo codazzo di soubrettine.
La politica è liquidata in poche battute: passa un cameriere con un sacco di immondizia. Lui chiede: “Non sarà mica D’Alema?”. Il nipote gli dice: “Nonno, i compagni di classe dicono che devi andare in prigione”. Chiede quanti sono. Tredici su trenta. Si fa i conti. “E’ un 30%”. Anche gli italiani, ma solo un 30%, mi vogliono in galera”. Un camion che si ribalta dal quale cade una pioggia di munnezza che investe tutti è la metafora di un’era che il regista, l’Arcimboldo della contemporaneità, definisce “amorale, decadente, ma anche straordinariamente vitale”. Si aspettano solo i fuochi d’artificio del finto vulcano di Villa Certosa. Arriveranno pure loro.
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