Anche le suore di clausura di un convento basco intervengono contro la sentenza di Pamplona, che ha condannato a soli 9 anni di carcere cinque ragazzi sivigliani – tra i quali un poliziotto della Guardia Civil – che hanno violentato una ragazza durante la corsa dei tori di Pamplona nel 2016. La loro denuncia arriva in un post su Facebook dove proclamano il diritto delle donne a vivere liberamente senza essere giudicate. “Noi viviamo in clausura – si legge sulla pagina del convento della cittadina basca di Hondarribia – indossiamo un abito fino alle caviglie, non usciamo di notte, non andiamo alle feste, non beviamo alcool e abbiamo fatto voto di castità. E’ una scelta che non ci rende migliori o peggiori di altri, anche se paradossalmente ci rende più libere e felici di tanti. E proprio perché è una scelta LIBERA, difendiamo in tutti i modi il diritto di tutte le donne a fare liberamente il contrario senza che siano giudicate, violentate, minacciate, assassinate o umiliate per questo”. Il messaggio termina con la formula “sorella, io ti credo”, che in questi giorni è stato lo slogan della protesta (#yotecreo su twitter).
Intanto continua a montare in Spagna l’indignazione per la sentenza della “Manada”, che tradotto significa “il branco”, e oltre 500mila persone hanno già firmato su change.org una petizione contro i giudici. A quanto scrive El Mundo si tratta della più rapida raccolta di firme su questa piattaforma in Spagna e la quinta nel mondo, dopo raccolte lanciate in paesi ben più popolosi come Stati Uniti e Messico. La rabbia, con manifestazioni in varie città e un’ondata di indignazione sui social, è scoppiata giovedì quando i giudici della Navarra hanno riconosciuto colpevoli solo di abuso sessuale, e non di stupro, cinque uomini che hanno violentato in gruppo una diciottenne durante la festa di San Firmin a Pamplona. I cinque, fra cui un militare e un poliziotto, hanno filmato la violenza sui telefonini e comunicavano fra loro con un gruppo WhatsApp chiamato la Manada. La sentenza, con una condanna a nove anni invece dei 20 chiesti dall’accusa, è stata possibile grazie alla distinzione che fa il diritto spagnolo fra l’abuso sessuale, dove non vi sarebbe violenza, e lo stupro. Ieri il governo di Madrid ha annunciato di valutare una ridefinizione dei reati sessuali. Intanto sia la procura che la vittima hanno annunciato che ricorreranno in appello.
La docente di diritto: “Speriamo nei ricorsi” – “Si tratta di una sentenza che rappresenta un’ulteriore aggressione alla vittima”, spiega Ines Iglesias, professoressa di diritto processuale penale e civile presso Università di Vigo ed esperta di violenza di genere. “Nonostante la Spagna sia molto avanti nella protezione delle donne – prosegue Iglesias -, la legge penale non basta. Speriamo negli strumenti processuali e nel risultato dei ricorsi. Se ci sarà stato un errore giudiziario ci auguriamo che si possa correggere presto”, in secondo e terzo grado, previsti dalla legge spagnola. In caso contrario, conclude la docente di diritto, “rimane incomprensibile come i giudici possano essere arrivati a una tale conclusione”.
di Alessandra Benvenuto