Un anno fa il tribunale l'ha definita "dipendente modello". Per l’Inps invece la signora Arcuri, 66 anni, oggi è un soggetto “pericoloso”. Così una comunicazione interna ai dirigenti dell’ente definisce la funzionaria di Crotone che da 8 anni chiede (inutilmente) di sapere se il suo dirigente - 150mila euro l’anno di stipendio - avesse mai fatto il concorso pubblico come vuole la legge. Il 3 maggio dovrà difendersi davanti alla Direzione generale
Per il tribunale è una “dipendente modello”, per l’Inps è un “soggetto pericoloso”. Saranno i 66 anni portati in modo giovanile, magari i temibili pinsher che si porta al seguito, ma proprio così dirigenti dell’ente definiscono ormai Marisa Arcuri, la funzionaria di Crotone che da 8 anni chiede inutilmente di sapere se il diretto superiore gerarchico (150mila euro l’anno di stipendio) abbia mai fatto un pubblico concorso, come impone la legge. La prova, come l’esibizione di una graduatoria in Gazzetta, non salta ancora fuori ma nel frattempo la signora Arcuri finisce per la seconda volta nel mirino dell’Ufficio Disciplina e la sua vicenda, raccolta dal fattoquotidiano.it e ripresa più volte da Le Iene, si colora sempre più di venature kafkiane.
Il 3 maggio la signora Arcuri dovrà comparire avanti la Direzione Generale dell’ente per difendersi da un pacchetto d’accuse che comprende le dichiarazioni non autorizzate alla stampa, l’essersi sottratta a compiti non conformi alla sua qualifica e in ultimo la mancata comunicazione di un procedimento penale a suo carico. In effetti tre anni fa la signora ha avuto la disavventura di una lite condominiale da cui sono scaturite denunce penali incrociate per tutti i coinvolti, che toccherà a un giudice districare. Ma la vicenda nulla c’entra con la questione che da mesi gira attorno al nome della Arcuri, ormai sottoposta a richiami e disciplinari in serie con un intento non proprio amichevole. L’ultima contestazione più delle altre, forse, rende esplicito l’intenzione di mettere alla porta la dipendente che imbarazza molte persone.
Nell’ultima trasmissione de Le Iene, ad esempio, si vedono sia la dirigente dai titoli dubbi, sia il presidente dell’Inps Tito Boeri che quello dell’Anac Raffaele Cantone più vari funzionari in evidente difficoltà: non mettono più la mano sul fuoco, si auto-assolvono da responsabilità passate, ne assumono di molto vaghe circa il futuro. Nel frattempo viene però acclarato, grazie a un accesso agli atti, che l’ente non è in grado di produrre la documentazione che attesti il superamento di un vero concorso pubblico ma solo di quello svolto internamente a un consorzio privato. Le Iene sollevano anche il sospetto, con tanto di perizia calligrafica, che il concorso interno l’abbia redatto la stessa vincitrice, autopromuovendosi “dirigente”.
Ma il problema resta la dipendente che lo denuncia. L’Inps accusa ora la Arcuri di non aver comunicato il procedimento a suo carico, la quale per tutta risposta non arretra ma denuncia il proprio datore di lavoro alla Procura di Roma per quella stessa contestazione. Il suo avvocato, Gian Paolo Stanizzi, diffida l’ente sostenendo che la contestazione sia strumentale, priva di presupposti giuridici e lesiva della privacy e dell’imparzialità della pubblica amministrazione. Non solo o tanto perché “la corretta prassi amministrativa vuole che qualora il datore di lavoro intenda richiedere un certificato di carichi pendenti di un dipendente lo possa fare con una richiesta al Ministero della Giustizia”. Il caso vuole infatti che a trasmettere il decreto di citazione in giudizio siano stati due dirigenti dell’Ufficio Disciplina dell’Inps con una comunicazione via mail interna piuttosto singolare che – dice l’avvocato Stanizzi – “non ha altra finalità che rappresentare negativamente, attraverso la diffusione di documenti riservati, informazioni non divulgabili perché ancora all’esame del giudice di primo grado, la reputazione e la professionalità della sottoscritta nell’instaurato procedimento disciplinare”.
Due righe sono piuttosto eloquenti: “Altra documentazione che descrive la pericolosità del soggetto (rinvio a giudizio per minacce molto “pesanti”), si legge. “Pericolosa?”, trasecola l’avvocato Stanizzi sottolineando la gravità di quel “altra documentazione” che sa di dossieraggio e delle valutazioni squisitamente personali dei dirigenti. Parole che stridono poi con una sentenza della Corte di Appello di Catanzaro che giusto l’anno scorso, non dieci anni fa, sollevando la cliente da un altro disciplinare Inps ne definiva così il comportamento: “espressivo di quei doveri di cura del pubblico interesse cui i lavoratori pubblici dovrebbero sempre conformarsi”. A qualcuno la signora, ormai prossima alla pensione e con due cagnetti al seguito, evidentemente fa così paura da sembrare pericolosa.