Martedì 24 aprile un tribunale militare egiziano ha condannato a cinque anni di carcere Hisham Genina per aver pubblicato “informazioni false allo scopo di danneggiare la sicurezza nazionale”. Genina era nel mirino delle autorità del Cairo già dal 2016, quando per aver denunciato la corruzione nel governo aveva perso il posto ai vertici dell’Organizzazione centrale per la revisione dei conti, un’agenzia indipendente che supervisiona la spesa pubblica e segnala possibili irregolarità nell’uscita di denaro dalle casse dello stato.

All’inizio del 2018 Genina era diventato consulente di un possibile avversario del presidente al-Sisi alle elezioni di marzo (stravinte, ovviamente): Sami Anan, un generale nominato dall’ex presidente Mubarak. Anan è stato messo fuorigioco con un pretestuoso arresto. Poco dopo, Genina è stato picchiato a sangue da sconosciuti. Il 13 febbraio, poche ore dopo aver rilasciato un’intervista alla versione araba dell’Huffington Post, Genina è stato arrestato.

Nell’intervista, Genina dichiarava di essere in possesso di documenti riservati sul ruolo avuto dall’esercito nel fomentare disordini dopo la rivoluzione del 2011 ed esprimeva critiche sul processo elettorale e su come il governo vi stesse interferendo. Genina è stato processato in corte marziale, in contrasto con gli standard internazionali che vietano che i civili compaiano di fronte ai tribunali militari. Una prassi invece del tutto comune in Egitto.

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