C’era una volta il Real Madrid dei Galácticos che più acquistava e meno vinceva. Poi c’è quello di oggi che meno spende e più diventa imbattibile. L’unica costante è lui, Zinedine Zidane, artista del sinistro all’incrocio che regalò ai Blancos la Champions del 2002, ora sceneggiatore della squadra che ha conquistato la terza finale europea consecutiva, la quarta in cinque anni. Un lustro in cui il Real ha alzato già tre volte la Coppa e ora attende Kiev, il 26 maggio, per prendersi la quarta. Sono loro i favoriti, a prescindere da quel che sarà tra Roma e Liverpool: dominano l’Europa e all’orizzonte non si vede chi possa fermarli.

A plasmare la macchina perfetta delle notti di Champions era stato Carlo Ancelotti, l’artefice della Decima, vincente a Lisbona nel 2014. Esclusi Casillas, Di Maria, Khedira e Coentrao, quell’undici fa ancora oggi parte della rosa dei Blancos che martedì sera ha eliminato il Bayern Monaco in semifinale. C’erano Benzema e Marcelo, decisivi contro i tedeschi, c’era pure Isco che oggi è un punto fermo mentre allora partiva dalla panchina. In quattro estati Florentino Perez, sì, lo stesso presidente che all’inizio del nuovo millennio collezionava figurine, non ha acquistato praticamente nessuno: solo, si fa per dire, quei tasselli che hanno reso il Real Madrid una macchina da finali.

La formazione che due anni dopo a Milano, con Zidane già in panchina, batteva ancora l’Atletico Madrid nell’ultimo atto della Champions 2016, potrebbe essere la stessa che scenderà in campo il 26 maggio a Kiev. Forse solo Bale, fermato dagli infortuni, non sarà nell’undici iniziale. Nelle ultime stagioni il Real non è mai stato protagonista del mercato, vendendo i quattro già citati, oltre ai vari Morata, Danilo e James Rodriguez, ultimi tre in ordine di tempo. Nel frattempo sono arrivati giocatori poco conosciuti, diventati poi comprimari perfetti, come Asensio, Lucas Vazquez e Casemiro. L’acquisto più costoso degli ultimi 5 anni, tra i giocatori ancora presenti in rosa, è stato Mateo Kovacic: più dei 31 milioni di euro per il croato, che fa la riserva fissa, il Real non ha speso.

Ridurre la forza di Cristiano Ronaldo e compagni al motto “squadra che vince non si cambia” sarebbe però banale. La realtà è che a Madrid giocano dei calciatori, acquistati negli anni precedenti e poi trasformati in squadra da Ancelotti, che hanno caratteristiche uniche e insostituibili. Per questo sarebbe follia venderli o provare a rimpiazzarli. A partire dalla difesa, con Carvajal, Ramos, Varane e Marcelo che giocano insieme sempre, anche nelle partitelle in spiaggia, da ormai tre anni. Per passare poi a Luka Modric, il centrocampista più sottovalutato del calcio moderno. Dove lo trovi uno che vale quanto Iniesta e Xavi, ma corre più di loro? Infine Benzema, l’eterno criticato: chi ha provato a soffiargli il posto ha sempre finito con il fare le valigie per lasciare Madrid.

Ronaldo vale un discorso a parte, perché la sua trasformazione negli ultimi anni è l’emblema di quello che è successo anche al Real. Era un giocatore fortissimo che esaltava sé stesso, ora è un campione che esalta il gioco di un’intera squadra. Il passaggio dallo spettacolo al cinismo, nascosto dietro qualche numero da giocoliere concesso qua e là, sono parte principale della spiegazione del fenomeno Ronaldo. Allo stesso modo, chi affronta i Blancos pensa ancora di avere di fronte una squadra simil-brasiliana, dimenticandosi che è stata partorita da un italiano e chi la allena oggi si è formato calcisticamente in Italia, o meglio alla Juventus.

Eccoli i meriti di Zidane che vince con la semplicità e facendo quasi sempre il minimo indispensabile. Di fronte a una squadra che gioca da sola, che in Europa ha avuto dal 2013 in poi un solo blackout nella semifinale persa contro la Juventus ormai tre anni fa, la sua capacità è stata quella di saper dialogare con i campioni. Chi ha provato a imporre un suo stile, leggasi Benitez, è stato rigettato come corpo estraneo dopo appena sei mesi. Poi è arrivato Zidane che ha semplicemente tolto il superfluo, quello che c’era di troppo. E ha inserito nel suo Real minimalista il concetto del turnover: giocano tutti, tutti stanno in panchina, compreso Ronaldo. Che ha capito e accettato quando si è reso conto di poter così essere veramente decisivo nelle partite che contano.

Quelle che la squadra di Zidane non ha sbagliato neanche questa volta, eliminando nell’ordine Paris Saint Germain, Juventus e Bayern Monaco. Tre squadre che la Champions League volevano e potevano vincerla. In finale troverà invece una outsider, che sia il Liverpool o la Roma. Magari sarà l’imboscata perfetta per interrompere un dominio che ricorda quello del primo Real di Di Stefano. Ma in ogni caso il prossimo autunno i Blancos saranno ancora la squadra da battere.

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