di Adriano Cirillo *
Come descritto in un precedente contributo sul tema della robotica, la tecnologia può avere un forte impatto sul mondo del lavoro. Infatti uno studio del McKinsey Global Institute rivela che il 5% dei lavori scompariranno, perché totalmente robotizzati. Per esempio, iCub è un giovanissimo robot italiano, residente a Genova ed è l’umanoide più completo esistente. Al momento è solo un bambino, ma arrivato all’età matura potrebbe essere il responsabile della perdita di tre milioni di posti di lavoro in Italia e non solo.
Lo sviluppo tecnologico non può di certo essere fermato, ma può (anzi, deve) essere governato. Il problema innanzi al quale ci troviamo riguarda infatti la legislazione dello Stato, il quale, purtroppo, su tematiche d’importanza cruciale come il rispetto della dignità umana si rivela sempre più “neutrale”.
La scienza tuttavia non è mai stata “neutrale” e i suoi risultati dipendono unicamente da come viene impiegata dalle persone, dalle finalità perseguite e dai bisogni a cui cerca di dare risposta. In altre parole, dall’uso che ne fa l’uomo.
L’obiettivo, allora, dovrebbe essere quello di cavalcare il progresso tecnologico e indirizzarlo verso gli obiettivi più “alti”, mettendo “la persona” al centro e legiferare di conseguenza.
Purtroppo il legislatore non dimostra questa sensibilità e l’essere umano, anziché essere messo al centro, è relegato ai margini rispetto, per esempio, ad altri elementi, in primis il profitto. Tuttavia, senza una corretta disciplina normativa sull’uso delle macchine e della robotica, questi possono rivelarsi una grave sventura.
L’assenza di una normativa che disciplini ed orienti la robotica porta infatti con sé il pericolo che l’essere umano venga equiparato, o addirittura coincida, con la macchina e come il “Leviatano” di Thomas Hobbes alla creazione di “cittadini-sudditi” che devono rinunciare ad esercitare i diritti collegati alle proprie libertà individuali per poter vivere in pace.
Hobbes paragonò la forza del Leviatano col potere assoluto dello Stato ed infatti nel suo omonimo trattato di filosofia politica egli paragona il potere dello Stato alla devastante forza della creatura del mare, necessaria al mantenimento della pace e dell’ordine. Il caso dei braccialetti di Amazon porta con sé un’immagine emblematica e inquietante che richiama alla mente proprio il Leviatano di Hobbes: il cittadino suddito coincidente con la macchina.
La macchina tuttavia non è neutra e, di conseguenza, lo Stato non può essere neutro rispetto ai valori coinvolti dall’utilizzo dello strumento tecnico. Il rischio, senza un intervento a tutela della persona, sarà creare un uomo disperato e per questo facilmente manipolabile. È un tema che riguarda tutti, nessuno è escluso.
Tale tema non deve essere lasciato alla regolamentazione del mercato e del lassaiz faire. Da un lato si deve, sì, consentire il progresso ma, dall’altro, è necessario pensare a come tutelare e valorizzare la persona in quanto tale.
È lontana l’epoca in cui lo Stato promulgava leggi a favore del rispetto della dignità della persona (periodo oggi da molti liquidato come retaggio di un’epoca ormai passata) e alcuni baluardi nati in quel periodo sono caduti o scricchiolano vistosamente (artt. 18 e 4 St. lav.).
Siamo di fronte all’«abbassamento della guardia del diritto del lavoro» che da solo poco, o nulla, può contro le nuove forme di sfruttamento in particolare sulle nuove forme di controllo dell’impresa sul lavoratore o addirittura sull’elusione dei minimi contrattuali.
Urge una nuova rinascita, un risveglio delle coscienze che prenda consapevolezza del fatto che ci troviamo di fronte a nuove problematiche, per affrontare le quali non basta invocare un generico diritto alla privacy.
Il vuoto da colmare è enorme ed in assenza di uno Stato che non legifera più norme a favore della persona, altri operatori del diritto, e non solo, sono chiamati a fare la loro parte: magistrati, avvocati, Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, sindacato, ma anche i cittadini, tutti devono trovare nuovi strumenti di resistenza e chiedere con forza la tutela ed il rispetto della propria dignità di persone, pena – dopo essere passati da cittadini a consumatori – passare da consumatori ad automi.
*Avvocato giuslavorista, sono nato il 15 agosto 1970, laureato a Milano e avvocato dal 2003. Il diritto del lavoro è la materia per la quale ho, da sempre, un particolare interesse, perché convinto della rilevanza sociale e personale che il lavoro ha nella vita delle persone. Ritengo che le persone debbano essere sempre al centro di ogni norma e interpretazione giuridica. Esercito la professione in modo indipendente. Nel 2013 ho conseguito un dottorato di ricerca a Cà Foscari, Venezia, in diritto del lavoro, nonché cultore della materia presso l’Università Statale di Milano.
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