Nove le persone coinvolte nell'inchiesta, secondo cui il centrista Forzese, definito un "cavallo di razza" da Pierferdinando Casini, fece sparire un fascicolo per permettere a un imprenditore di non pagare. In cambio - sostengono gli investigatori - ottenne voti alla Regionali 2017. Ai domiciliari anche l'ex consigliere comunale di Forza Italia, il direttore dell'Ispettorato e la responsabile legale. Un'altra operazione anti-corruzione a Foggia: 13 arresti, c'è anche un carabiniere
A ottobre era la punta di diamante dei Centristi per Micari alle Regionali siciliane, il “cavallo di razza”, come lo definì Pierferdinando Casini durante un incontro elettorale. Ora l’ex deputato regionale Marco Forzese è ai domiciliari, indagato assieme ad altre 8 persone per corruzione. Secondo la procura di Catania, aveva preso un fascicolo sanzionatorio dall’Ispettorato del lavoro e lo aveva consegnato a un imprenditore, che lo fece sparire per non pagare”.
Fascicoli scomparsi e rateizzazioni al minimo – Il gip del tribunale etneo ha disposto gli arresti domiciliari per altre tre persone e ha interdetto dalla professione altre cinque sulla base delle indagini della Guardia di finanza, che avrebbe scoperto, all’interno dell’Ispettorato del lavoro, ente che dipende dall’assessorato regionale al ramo, “un quadro corruttivo consolidato e alimentato da uno spregiudicato scambio di favori” attraverso il quale i pubblici ufficiali indagati, precedenti titolari di cariche istituzionali pubbliche e imprenditori, “non hanno esitato a sancire accordi sacrificando i rilevanti interessi collettivi in gioco”. Fascicoli scomparsi, richieste di sanzioni annullate, rateizzazioni al minino in cambio non di soldi, ma di favori: voti dagli imprenditori aiutati, e un soccorso politico alla Regione per ottenere promozioni o assunzioni in strutture pubbliche.
Gli investigatori sostengono che l’ex deputato regionale, eletto nella scorsa legislatura con Mpa e poi passato per Udc, Megafono e Centristi per la Sicilia, “prese un fascicolo sanzionatorio dall’ispettorato e lo consegnò a un imprenditore che lo fece sparire per non pagare”. Il fascicolo è stato trovato oggi a casa dell’imprenditore e, stando alle indagini, Forzese in cambio ottenne voti per le Regionali 2017. L’ex deputato è stato il più votato della lista, ma le sue 7.785 preferenze raccolte non sono bastate per tornare all’Ars poiché i Centristi per Micari non hanno superato la soglia di sbarramento del 5%.
“Situazione devastante” – Per gli altri cinque indagati – il direttore sanitario dell’Asp Franco Luca, il rappresentante legale dell’Enaip Ignazio Maugeri, il commercialista Giovanni Patti, gli imprenditori Orazio Emmanuele e Salvatore Calderaro – il giudice per le indagini preliminari ha emesso un provvedimento di interdizione dalla professione. I finanzieri, che ha condotto l’inchiesta tra la fine del 2017 e i primi mesi del 2018, hanno eseguito perquisizioni, anche nella sede dell’ufficio dell’Ispettorato provinciale del lavoro di Catania. “Ci sono funzionari pubblici che invece di fare gli interessi della comunità si mettono al servizio dei privati. È una situazione devastante: imprese che hanno appoggi politici e amministrativi grazie all’amico ‘buono’ riescono a ottenere illeciti benefici, mentre imprese oneste guardano attonite quello che accade”, ha detto il procuratore di Catania, Carmelo Zuccaro.
Quattro casi contestati – Quello del fascicolo fatto sparire da Forzese è uno dei quattro episodi contenuti nell’ordinanza del gip che “ha svelato l’esistenza, all’interno dell’ufficio pubblico in questione, di un consolidato circuito corruttivo alimentato da saldi legami di amicizia che uniscono corrotti e corruttori”. Per la procura “è stato appurato come il continuo scambio di utilità (pacchetto di voti, incarichi alla Regione Siciliana, assunzioni in ospedali e fornitura di beni) ruotasse intorno all’illegittima archiviazione di verbali originati dagli accertamenti ispettivi dai quali sono emerse, spesso, violazioni per lavoratori assunti irregolarmente o in nero”. “In alcuni casi – rivela la Procura – si è assistito anche alla materiale sparizione dei verbali stessi e/o comunque ad audizioni “amichevoli” nelle quali è stata palese la mancata tutela degli interessi erariali in gioco”. Sotto accusa il potere discrezionale attribuito al direttore dell’ente pubblico che, sostiene la procura “anziché essere interpretato quale fonte di responsabilità è stato asservito alle volontà dei corruttori comprimendo così definitivamente gli interessi pubblici confliggenti”.
A Foggia 13 misure cautelari – Un’altra operazione ha coinvolto l’Ispettorato del lavoro, a Foggia. Tredici le persone per le quali è stata disposta una misura cautelare. Coinvolti anche pubblici ufficiali, un carabiniere consulenti e professionisti, accusati a vario titolo di reati contro la pubblica amministrazione, il patrimonio e la fede pubblica. Secondo quanto accertato nel corso dell’inchiesta, venivano pagate tangenti per evitare o addolcire i controlli sul lavoro, in particolare in agricoltura. Stando all’operazione, denominata “Mercanti nel tempio”, uno dei consulenti si era interfacciato con alti funzionari della Marina militare – non indagati, ma le cui posizioni sono ancora al vaglio degli inquirenti – per far superare il concorso al figlio di un ispettore, che in cambio avrebbe rallentato un procedimento su irregolarità legate alla sicurezza e all’assunzione di lavoratori in nero.