Il commissario agli Affari economici Moscovici ha detto che l'Italia ha fatto "sforzi strutturali pari a zero", invece che ridurre il deficit strutturale dello 0,3% del pil come concordato. Dovrà rimediare il prossimo governo, trovando le coperture per l'ammanco oltre ai 12,4 miliardi necessari per evitare gli aumenti Iva. Il ministero si limita a ripetere la sua versione: "Deficit ridotto di un decimo di punto"
Si dice “sforzi strutturali pari a zero“, si legge “buco da 5,1 miliardi“. Da coprire varando una manovra correttiva o aggiungendo quella cifra alle coperture da trovare per la prossima legge di Bilancio, che già parte dai 12,4 miliardi necessari per disinnescare le clausole di salvaguardia ovvero gli aumenti automatici dell’Iva. Se il Tesoro si è affrettato, in una nota, a garantire che “la contabilità definitiva del 2018, che potrà essere apprezzata soltanto nella primavera 2019, mostrerà un andamento in linea con le regole europee”, il giudizio sui conti pubblici italiani contenuto nelle previsioni di primavera della Commissione europea racconta un’altra storia.
I dati presentati dal commissario agli Affari economici Pierre Moscovici attestano che, come emerso già lo scorso autunno, l’ultima legge di Bilancio firmata dal ministro dell’Economia uscente Pier Carlo Padoan non ha ridotto il deficit strutturale italiano dell’ammontare imposto dal patto di Stabilità. Anzi, non l’ha ridotto affatto. A fronte di un miglioramento dello 0,3% concordato con Bruxelles, infatti, il deficit in termini strutturali – cioè al netto degli effetti del ciclo economico e delle misure una tantum – rimane quest’anno all’1,7% del pil potenziale, livello identico a quello del 2017 e 0,3 punti sopra il 2016. Nel 2019, poi, peggiorerà di 0,3 punti arrivando a toccare il 2%. Si tratta di previsioni a politiche invariate, visto che il Def presentato dal governo Gentiloni (in carica per gli affari correnti) comprende solo la parte tendenziale e lascia al prossimo esecutivo il compito di approvare un programma di stabilità con le anticipazioni sugli interventi da mettere in campo il prossimo autunno.
Alla luce delle previsioni di primavera, sulla scrivania del prossimo presidente del Consiglio ci sarà dunque anche la necessità di aggiustare i conti dello 0,3% del pil: circa 5,1 miliardi. Ma il 23 maggio, quando l’esecutivo Ue presenterà le raccomandazioni per i singoli Paesi, a Palazzo Chigi si sarà probabilmente insediato un nuovo inquilino e la Commissione potrebbe a quel punto rinviare la richiesta di correzione all’autunno. Cioè al momento del varo della legge di Bilancio per 2019, che a quel punto partirà da una base di 17,5 miliardi da trovare prima ancora di mettere in campo qualsiasi misura espansiva. A via XX Settembre, in attesa del passaggio di consegne, si prende tempo. La nota diffusa dopo le dichiarazioni di Moscovici, intitolata ottimisticamente “La Commissione Ue conferma per l’Italia pil e occupazione in crescita”, si limita a ribadire che “il governo ha stimato una riduzione di un decimo di punto percentuale nel 2018, a partire da un saldo 2017 migliore delle stime precedenti”.
Il ministero rivendica pure che “la Commissione apprezza la discesa del deficit all’1,7% del pil per l’anno in corso (1,6% nelle stime del Governo) coerente con l’incremento dell’avanzo primario all’1,9%, e per il debito stima una ulteriore discesa in rapporto al pil rispettivamente al 130,7% e 129,7% per il biennio 2018-2019 (le stime del Governo sono rispettivamente 130,8% e 128,0%)”. Nessun commento sul fatto che l’Italia rimane ultima tra i 28 Paesi Ue – a pari merito con il Regno Unito che si prepara alla Brexit – per crescita prevista nel 2019: solo +1,2%, contro il +1,4% previsto dal governo nel Def.