In una nota il Collegio delle guide alpine italiane spiega che il collega morto nella spedizione sulla Haute Route aveva tutti i dispositivi necessari con sé e che il gruppo è partito quando le condizioni meteo erano buone. Punti che contrastano con la ricostruzione di Tommaso Piccioli
Era ben organizzato, aveva con sé tutti i dispositivi necessari e quando il gruppo è partito le condizioni meteo erano buone. Sono questi i tre punti che emergono dalla nota del Collegio nazionale guide alpine italiane, che ricostruisce la dinamica della tragedia avvenuta sulla Haute Route nella quale hanno perso la vita sette persone. Tra loro anche Mario Castiglioni, la guida incaricata di portare il gruppo sull’alta via Chamonix-Zermatt. E’ caduto in un crepaccio nel tentativo di raggiungere in solitaria il rifugio per lanciare l’allarme. Lui, si legge nella nota “è stato ritrovato più sotto rispetto al resto del gruppo: è stato il primo a morire nella tragedia, non si sa se per il freddo o per una caduta o per entrambe le ragioni”. Ma con sé aveva “tutti i dispositivi necessari per la sicurezza, Gps, telefono satellitare e smartphone con carta topografica svizzera”.
Un punto che contrasta nettamente con quanto dichiarato dal superstite Tommaso Piccioli, che ha spiegato come si fossero persi varie volte durante l’escursione. Tanto che l’uomo, che ha resistito tutta la notte in mezzo alla bufera di neve, ha deciso di portare avanti il gruppo “perché – ha detto – ero l’unico ad avere un gps funzionante fino a che siamo arrivati a un punto in cui non si poteva più procedere perché con quella visibilità non era possibile”. E Piccioli si era spinto anche oltre: per lui “era una gita difficile non da fare in una giornata dove alle 10 sarebbe iniziato il brutto tempo. Non era neanche da pensarci”.
Ma secondo il Collegio nazionale guide alpine italiane “il gruppo era perfettamente attrezzato per l’itinerario dal punto di vista dell’equipaggiamento” e “le condizioni della neve e le previsioni meteo permettevano di compiere il percorso. Le previsioni parlavano di un peggioramento meteo, ma comunque compatibile con il tempo necessario a coprire la tappa che di solito richiede circa 6 ore di marcia”. Gli escursionisti guidati da Castiglioni erano partiti “dalla Cabane des Dix come da programma e nei tempi previsti per un regolare svolgimento della gita” fino alle 9.30 circa “meteo è stato buono con ottima visibilità, come dimostrano le foto scattate da alcuni scialpinisti poi travolti nella tragedia: nell’arco di pochi minuti è subentrata una tempesta molto violenta (temperature molto al di sotto dello zero e venti oltre i 100 chilometri orari)”.
Il gruppo di Mario Castiglioni “da programma avrebbe dovuto pernottare al Rifugio Nacamuli, situato su suolo italiano e più lontano della Cabane des Vignettes: per entrambi i rifugi ad ogni modo il percorso coincide fino al piano sottostante i pendii su cui il gruppo si è fermato”. Vicino a loro, conclude la nota, “si muoveva anche un gruppo di scialpinisti francesi, distanti da loro pochi metri. Si sono arrestati sopra una dorsale di roccette a 3.280 metri, nei pressi di un grosso ometto di pietra che è un punto di riferimento dell’itinerario dalla Cabane des Vignettes al Pigne d’Arolla. Lì li ha trovati il Soccorso alpino svizzero”.
(immagine tratta da YouTube)