V’è un punto che proprio non riesce a passare. Che, di più, non deve passare. Che i signori delle superstrutture e i padroni del discorso vogliono con tutte le loro (peraltro non esigue) forze che non passi. Alle elezioni di marzo non ha vinto il centrodestra. Non ha vinto il centrosinistra. Non ha perso il centrodestra. Non ha perso il centrosinistra. Semplicemente, ha vinto il basso. E ha perso l’alto.
Ha vinto il basso, ossia il Servo precarizzato, la massa nazionale-popolare degli sconfitti della mondializzazione: i quali vogliono meno mercato e più diritti sociali, meno liberalizzazioni e più tutele, meno globalizzazione e più lavoro dignitoso. Ha perso l’alto, il Signore globalista, i padroni liberal-libertari della globalizzazione infelice: i quali vogliono più Europa, più libera circolazione delle merci e delle persone mercificate, più competitività deregolamentata e meno protezioni sociali, più economia finanziarizzata e meno politica sovrana, più liberismo e meno democrazia.
Ha vinto il basso, hanno vinto i partiti detti populisti, che i padroni del discorso chiamano così, in ciò ostentando il disprezzo loro e del Signore mondialista per il popolo dei lavoratori e dei precari. Ora i detentori delle superstrutture fanno di tutto per frammentare i partiti populisti, per dividerli, per riproporre cadaveri concettuali come centrodestra e centrosinistra. Per far sì che la vittoria del Servo di capovolga ancora una volta in una vittoria del Signore.