La scuola volge al termine. A maggio – quel che ne rimarrà, tra scioperi, uscite d’istruzione e spettacoli di fine anno, che molti istituti organizzano per consuetudine – le ultime prove. Poi gli scrutini e le pagelle. Quelle online, naturalmente. Alla scuola media come alle elementari e alle superiori.
Già, alle medie più che altrove. Qui le valutazione di fine anno subivano non di rado una metamorfosi, almeno fino alle novità introdotte dalla “buona scuola”. Più propriamente, un aggiustamento che consentisse quanto meno di raggiungere la sufficienza. Come? Facile! L’alunno Fulvio Nobiliore veniva presentato dall’insegnante di lingua francese con quattro? Oppure l’alunna Giulia Drusilla aveva ugualmente quattro in matematica? No problem! Il consiglio di classe poteva trasformare quei “quattro” in “sei”. Ripensando, valutando nel complesso. Dando (ancora?) una possibilità a Fulvio e Giulia, che altrimenti “avrebbero rischiato”.
Quanto questa procedura di valutazione fosse sbagliata lo indiziavano i risultati. Quanto questa modalità fosse penalizzante per la classe lo suggeriva quel che accadeva spesso l’anno successivo. Con gli alunni “graziati”, che (una volta capito che anche il risultato modesto alla fine veniva premiato) perseveravano e con quelli promossi “per merito” tentati a impegnarsi di meno.
Gran parte degli insegnanti sanno quanto la valutazione sia importante. E sono anche ben consapevoli di quanto sarebbe stato necessario non ricorrere all’aggiustamento di fine anno. Un aggiustamento che mortificava loro, il loro lavoro e non faceva il bene degli studenti.
“Il momento della valutazione è un aspetto fondamentale della vita scolastica dell’alunno che prende consapevolezza della sua preparazione. Un tempo il voto aveva il suo enorme valore e rappresentava un elemento di autoanalisi per l’alunno che aveva appreso e per il docente che aveva trasmesso i suoi saperi e le sue conoscenza”, si legge in una lettera inviata alla redazione di orizzontescuola.it il 28 aprile scorso.
E già, perché il nodo è proprio questo: la valutazione. Quella reale, conseguita attraverso le prove sostenute. Quella che fotografa i risultati, i progressi. Quella che premia l’impegno, gli sforzi. Il desiderio di migliorarsi, la tenacia. Non solo dell’alunno ma anche dell’insegnante. Uno attore, l’altro regista in una rappresentazione che non può avere comparse, per risultare efficace. Quando si ricorre a una valutazione drogata la scuola ha fallito. Tutta. Lo hanno fatto gli alunni e insieme a loro i genitori che spesso sollecitano con prepotenza la trasformazione del voto. Lo hanno fatto i professori e insieme a loro il dirigente scolastico che hanno quanto meno avvallato l’operazione.
“I voti reali che gli alunni hanno conseguito durante un intero anno scolastico al termine della scuola subiscono la metamorfosi dei palloncini, con buona pace dei dirigenti scolastici” si spiega ancora nella lettera. Una metamorfosi (dei palloncini) che riguarda le valutazione ma che coinvolge più indirettamente la scuola. Quello che è diventata la scuola nella sua generalità. Un’istituzione che sempre più cerca di mascherare risultati non eccelsi nella didattica fondamentale, con progetti, attività extra-curriculari e altro. Un’istituzione nella quale si è avviata da tempo una competizione basata sul numero degli iscritti. Una competizione a colpi di Piani di offerta formativa, i cosiddetti Pof.
Le valutazioni non sono ghigliottine pronte a decapitare teste. Sono semplicemente la resa di quel che si è dato. Il saldo di una operazione. Un debito da pagare oppure un credito da riscuotere. Un anticipo della vita. Una espressione di democrazia. Per questo chi persegue la metamorfosi dei palloncini a scuola, con la pretesa di aiutarli, fa il male dei ragazzi.
Ora si cambia. Da quest’anno, via gli aggiustamenti. Ognuno avrà in pagella il proprio voto e se è un’insufficienza poco male. Salvo sorprese la promozione non è in pericolo. Se non altro addio discussioni nei consigli di classe. In ogni caso il modo peggiore possibile per ovviare all’aggiustamento.