Michele De Luca, direttore del Centro di medicina rigenerativa “Stefano Ferrari” dell’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia in questi primi giorni di maggio è a Bologna per la quarta edizione del Festival della scienza medica. A il Fattoquotidiano.it lo scienziato racconta i progressi della medicina rigenerativa, che offre terapie avanzate contro malattie rare considerate finora incurabili
Il suo gruppo di ricerca è stato il primo in Europa a utilizzare le cellule staminali adulte per i trapianti di pelle e il primo al mondo per la ricostruzione della cornea. Un esempio di medicina che ripara i tessuti in modo mirato, personalizzato. L’opposto del cosiddetto metodo Stamina “che promette, invece, soluzioni miracolistiche, senza avere solide evidenze scientifiche”. Michele De Luca, direttore del Centro di medicina rigenerativa “Stefano Ferrari” dell’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia in questi primi giorni di maggio è a Bologna per la quarta edizione del Festival della scienza medica dedicata a “Il tempo della cura”. A il Fattoquotidiano.it lo scienziato racconta i progressi della medicina rigenerativa, che offre terapie avanzate contro malattie rare considerate finora incurabili.
Professore, cos’è la medicina rigenerativa?
È una branca nuova della medicina che si prefigge di ricostruire un tessuto danneggiato, o di curare un difetto genetico in quelle popolazioni di cellule, le staminali, che possono garantire il mantenimento di questo tessuto nel tempo. La prima terapia con staminali, in particolare quelle adulte del sangue, è stata il trapianto di midollo osseo. Oltre alle staminali adulte, che variano a seconda del tessuto di appartenenza, si possono però adoperare anche le staminali embrionali. Sono le più versatili, le uniche capaci di differenziarsi in qualunque tessuto del corpo, ma più difficili da applicare e sulle quali abbiamo ancora molto da imparare.
Esistono sperimentazioni cliniche in corso con le staminali embrionali?
Sì, un gruppo di Londra le sta ad esempio sperimentando su due pazienti anziani con una malattia dell’occhio, la degenerazione della macula retinica. Grazie alle staminali embrionali, fatte differenziare in cellule della retina, cresciute in laboratorio e poi reimpiantate come un sottile cerotto applicato alla stessa retina, hanno parzialmente riacquistato la vista. Inoltre, quest’anno o al massimo l’anno prossimo un gruppo svedese le userà per una sperimentazione clinica su pazienti con il morbo di Parkinson. Le potenzialità delle embrionali sono tantissime ma, se si escludono questi casi che ho appena citato e pochi altri, siamo ancora in una fase di sperimentazione preclinica.
In Italia, però, l’utilizzo di queste cellule è vietato per legge
È una delle ultime barriere della Legge 40 sulla fecondazione assistita che ancora resiste, a differenza di altre già cadute dopo sentenze della Consulta. La legge 40 vieta di usare le blastocisti in sovrannumero, che si formano tra il quarto e il 14esimo giorno dopo la fecondazione e che sono la fonte per ricavare le staminali embrionali. Si preferisce lasciarle a deteriorare nei congelatori delle cliniche che fanno procreazione assistita. Nei Paesi in cui, invece, la ricerca è più libera e non esistono questi divieti si usano le staminali embrionali per trattare pazienti con patologie altrimenti incurabili.
Nonostante tutto, però, nella ricerca sulle staminali l’Italia è all’avanguardia
Il nostro Paese ha un primato mondiale per i trattamenti con alcuni tipi di staminali adulte, come quelle del sangue, della pelle e della cornea. Su sei o sette terapie approvate dall’Ema (European medicine agency), l’Agenzia europea per i medicinali, tre sono italiane. Ne è un esempio il primo prodotto a base di cellule staminali geneticamente corrette (Strimvelis), sviluppato dai ricercatori dell’Istituto San Raffaele-Telethon di Milano contro una malattia che compromette le difese immunitarie rendendo vulnerabili a qualunque infezione: la cosiddetta malattia dei bambini bolla (Ada-Scid). Questo trattamento è stato approvato dall’Ema nel 2016, appena un anno dopo l’approvazione del primo prodotto di terapia cellulare (Holoclar) indicato per la cura della cecità da ustioni corneali attraverso cellule staminali epiteliali e sviluppato a Modena dal nostro spin-off universitario Holostem. Il nostro gruppo ha anche sviluppato la terapia genica che ha reso famoso in tutto il mondo il piccolo Hassan, il “bambino farfalla” siriano di 7 anni colpito da epidermolisi bollosa giunzionale, una malattia genetica della pelle che la rende delicatissima come le ali di una farfalla. Il bimbo ha ricevuto un trapianto salvavita di epidermide geneticamente corretta sull’80% del corpo, e adesso riesce a compiere attività che prima gli erano precluse, come andare sullo scivolo e giocare a calcio. È, inoltre, italiana anche la prima sperimentazione clinica con cellule staminali per la distrofia muscolare di Duchenne.
Si va sempre più verso terapie mirate
La medicina rigenerativa è uno degli esempi più forti di medicina di precisione, personalizzata. Un modello nuovo di medicina, che pone problemi di costi elevati, cui spetta ai Governi far fronte, e che non ammette scorciatoie.
Si riferisce al caso Stamina?
Esatto. Stamina è un esempio di ciò che non è medicina rigenerativa. È priva di qualunque evidenza scientifica di efficacia e non ha alle spalle una ricerca di base robusta, ma solo soluzioni miracolistiche. Un autentico mercato delle illusioni.