Tornare alle urne il prima possibile non è quello in cui speravo. Tuttavia, più ci penso e più mi convinco che sia la strada giusta per evitare al nostro Paese danni ben maggiori. In due mesi non è stato possibile né formare un nuovo governo e neppure iniziare delle trattative con prospettive incoraggianti.

Il MoVimento 5 Stelle si è dimostrato disponibile a discutere su tutto, però con un punto fermo: No a un governo con la partecipazione di Silvio Berlusconi, se il MoVimento avesse ceduto su questo aspetto specifico, probabilmente avremmo già il governo. Non si tratta di un No rivolto a una persona specifica, un signore verso il quale non nutro alcun rancore personale, ma la constatazione che non si può fare un governo del cambiamento con chi, pur essendo al governo con larghe maggioranze, nulla ha cambiato negli ultimi 20 anni. Andare al governo non serve a occupare delle poltrone: bisogna mettersi al servizio dei cittadini.

Non nego che avevo la speranza di un passo indietro da parte del signore di cui sopra, se non altro perché nella vita è bello cambiare e dedicarsi ad altro. L’ultimo compito di chi si ritiene un leader a qualsiasi livello dovrebbe essere il lasciare spazio ai propri allievi, che possano finalmente camminare con le proprie gambe.

Come comportarsi in questo scenario? L’unica soluzione è tenere la schiena dritta e non venire meno ai propri principi. Marco Travaglio e tanti altri hanno correttamente osservato che tornare al voto con questa legge elettorale (voluta da tutte le forze politiche tranne il MoVimento 5 Stelle, è bene ricordarlo) potrebbe spostare di pochissimo la consistenza numerica dei gruppi in parlamento, senza che nessuna coalizione possa raggiungere una maggioranza. In realtà, lo stallo non è dovuto alla legge elettorale in sé (nessuna legge elettorale costituzionale avrebbe potuto portare alla formazione di una maggioranza numerica con i risultati del 4 marzo) ma piuttosto al come il Rosatellum sia stato interpretato dalle altre forze politiche.

Nel Pd, ad esempio, le candidature sono state decise da Renzi senza consultare gli iscritti. Questo spiega perché nonostante i risultati disastrosi al di là di ogni possibile immaginazione (il vecchio PCI, oramai lontano parente del Pd, non era mai sceso sotto il 20%) il senatore semplice Renzi possa affermare con sicumera che “non conosce nessuno dei 52 senatori eletti con il Pd disposti a votare la fiducia a un governo M5S”. Quelli in grado di pensare in modo autonomo sono stati eliminati nella lunga notte in cui Renzi ha scelto i candidati, o in alternativa sono stati posti in posizioni ineleggibili. Provare a scrivere assieme un contratto di governo sul modello tedesco con il Pd era un dovere morale verso i cittadini, ma come prevedibile si è rivelata un’impresa impossibile.

Nuove elezioni potrebbero cambiare molto lo scenario politico, non tanto perché cambierebbero significativamente i rapporti numerici tra le forze politiche, ma perché si spera che da eventuali primarie uscirebbe una rosa di candidati più autonoma e meno soggetta ai diktat dei capi partito, a partire proprio dal Pd.

L’unica forza politica che ha lasciato la parola ai cittadini è stata il MoVimento 5 stelle, permettendo l’elezione anche di personalità esterne, come Gregorio De Falco o Gianluigi Paragone. I parlamentari delle altre forze politiche hanno un debito di riconoscenza non certo verso i propri elettori, ma piuttosto verso chi li ha messi in lista nella posizione vincente. Non a caso, le altre forze politiche hanno chiesto contributi di decine di migliaia di euro ai propri candidati.

I parlamentari eletti in questo modo sono difficilmente autonomi nel dare il proprio assenso alla formazione di un governo. Al voto subito quindi, anche perché abbinare le politiche ai ballottaggi delle amministrative è ancora tecnicamente possibile.

L’alternativa sarebbe un governo Frankenstein, che nella migliore delle ipotesi discuterebbe un paio di anni al fine produrre l’ennesima legge elettorale mostro, nella quale ciascuno vorrebbe mettere un emendamento fondato sul che cosa conviene in base all’ultimo sondaggio. Al voto subito e non se ne parli più.

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