Il presidente del Consiglio: "Se il capo dello Stato mi chiedesse di restare? Preferirei di no. Il governo Cinquestelle-Lega è operazione legittima, ma è un'incognita per l'Europa. E attenzione a scelte su economia e esteri: a riportare l'Italia fuori strada è un attimo"
“Non era realistico che il Pd appoggiasse un governo guidato da Di Maio“, ma “il ‘tocca a loro‘” non va per “un partito come il Pd, che è per definizione un partito di sinistra di governo e deve dare il suo contributo, non è che per definizione si colloca all’opposizione”. A dirlo, in un’intervista a Che tempo che fa, è il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni che ammette che un patto di governo con i Cinquestelle sarebbe stato improbabile ma sottolinea che “si poteva discutere perché questo avrebbe messo a nudo le contraddizioni al loro interno”. Per Gentiloni, insomma, “forse si poteva discutere perché questo avrebbe messo a nudo le contraddizioni. Ma forse il gran rifiuto non era indispensabile“.
Serietà, competenza, passione. Per il #PD e per l’#Italia. Grazie @paologentiloni #chetempochefa
— Maurizio Martina (@maumartina) 6 maggio 2018
Sul piano generale Gentiloni dice a tutti i partiti che “dire no a Mattarella sarebbe dire no al Paese: è molto pericoloso“. Il riferimento è a Di Maio e Salvini che hanno già risposto che sono contrari a un possibile “governo del presidente”, ultima carta di Mattarella dopo due mesi di fallimenti dei partiti. Alla domanda di Fazio sulle sue vacanze, Gentiloni risponde di sperare di poterle fare “significa che non si va a votare tra quattro mesi“.
Da una parte il capo del governo non esulta certo davanti all’ipotesi di un governo formato da Cinquestelle e Lega che definisce comunque “un’operazione legittima”: “In campagna elettorale da una parte si è sentita la fiera delle velleità. Se poi pensiamo ai toni, ancora fatico a capire come la Lega e i Cinquestelle, che non sono parenti stretti, riescano a fare davvero un governo insieme. E comunque certamente è un’operazione legittima ma a livello europeo sarebbe considerata un’incognita abbastanza singolare per un grande Paese come l’Italia”. Gentiloni assicura che “i fondamentali sono a posto e non faccio profezie di sventura”. Ma, avverte, “a riportare fuori strada l’Italia ci si mette un attimo: in pochi mesi ci si può portare a una crisi molto pericolosa. Attenzione alle scelte che si fanno in economia e politica estera“.
Per il presidente del Consiglio “se in Europa sono tranquilli, è merito degli sforzi fatti dagli italiani in questi anni. Lo spread era a 600, ora siamo a 100. C’è una calma piatta a piazza Affari. Sul piano sociale c’è moltissimo da fare anche se sui grandi numeri siamo messi bene. E’ una calma di attesa, non di fiducia. Gli altri Paesi non si agitano particolarmente perché non hanno capito come si risolve la crisi”.
Dall’altra parte Gentiloni ha risposto “preferirei di no” a Fabio Fazio che gli chiedeva se era disponibile a mantenere la guida di Palazzo Chigi se il capo dello Stato glielo chiedesse. “Preferirei di no – dice – ma quello che decide il presidente della Repubblica mi troverà sempre pronto a rispondere. Lo considero un dovere. Se il presidente della Repubblica fa una richiesta non prenderla in considerazione è difficile”. Tantopiù che è stato Luigi Di Maio a dire che – se fallisse il suo ultimo tentativo con la Lega – un governo tecnico o la permanenza del governo Gentiloni sarebbe la stessa cosa, in attesa di tornare a elezioni già a luglio o a settembre. “Non so se Di Maio mi abbia fatto un favore o meno – commenta il capo del governo – perché il governo senza avere un rapporto di fiducia col Parlamento” sarebbe “un problema”.
In più il presidente del Consiglio aggiunge che senza un governo a pieno titolo “c’è il rischio e che l’Italia risulti troppo debole nella discussione sul futuro del’unione monetaria”. “Sono argomenti tecnici – continua – ma ci sono posizioni abbastanza diverse tra Francia e Germania in cui l’Italia potrebbe far prevalere la linea a favore della crescita e del lavoro e non a favore del rigore e a soffrirne saremmo per primi noi italiani”.