La Serie A temporeggia e incrocia le dita per capire quando potrà (se potrà) incassare i soldi degli spagnoli. Se ne riparlerà il 22 maggio, quando è stata convocata la prossima riunione decisiva: due giorni dopo la fine del campionato, e ancora non si saprà chi trasmetterà il prossimo
Appesa a una fideiussione miliardaria che non arriva e da cui dipende la sopravvivenza di tutto il sistema, travolta dalla guerra di potere per i diritti tv tra il colosso Sky e MediaPro (la società che se li è aggiudicati per la cifra record di 1,05 miliardi di euro), la Serie A prende tempo e incrocia le dita. La montagna dell’assemblea di Lega calcio ha partorito il classico topolino: 15 giorni di tempo agli spagnoli per depositare la fideiussione che la società catalana ha congelato dopo aver saputo del ricorso con cui Sky ha ottenuto la sospensione del bando. I giudici dovrebbero pronunciarsi entro mercoledì e dopo la sentenza anche le intenzioni degli spagnoli dovrebbero essere più chiare.
Sembra un ultimatum, ed effettivamente lo è a leggere la lettera che domani partirà da via Rossellini in direzione di Barcellona. In realtà, però, si tratta più che altro di un’attestazione di fiducia. Perché i presidenti avrebbero già avuto le armi per portare subito in tribunale gli spagnoli dopo la mancata presentazione della garanzia. E poi comunque la scadenza delle due settimane non prevede nessuna sanzione: anche se MediaPro non dovesse pagare, la causa non partirebbe in automatico, come avrebbero voluto i club pro Sky capeggiati da Roma e Juventus (e anche lo stesso commissario Giovanni Malagò). Ci vorrà comunque un’altra assemblea, ancora più infuocata della precedente. Non c’è nulla di scontato. Nemmeno la fidejussione, come ha fatto notare il solito Claudio Lotito: “Agli altri non l’abbiamo mai chiesta, perché fare tanto i fiscali con gli spagnoli?”. Secondo una corrente di pensiero, se MediaPro superasse col suo capitale sociale una certa soglia non sarebbe obbligata a depositarla. Un’altra incognita, che però presidenti e commissario si augurano di non dover affrontare. Per questo temporeggiano, in attesa del giudizio del Tribunale di Milano (nelle prossime 48 ore) e dei soldi. Le alternative, del resto, sono molto poco rassicuranti: escludendo un terzo bando per mancanza di tempo, o trattativa privata con Sky o canale tematico sempre con gli spagnoli.
Nulla di fatto anche per la governance, che Malagò avrebbe voluto chiudere ieri e invece richiederà più tempo. Il presidente designato, Gaetano Miccichè, non può insediarsi fino a quando non saranno nominati tutti i membri del consiglio e comincia a dare segni di impazienza: “Non sono venuto qui a perdere tempo, se non cominciamo a lavorare me ne vado: ho già firmato la lettera di rinuncia”, ha ammonito in assemblea. Ma i presidenti pensano solo ai soldi dei diritti tv. L’unica buona notizia, su questo fronte, viene dalla Coppa Italia: la Rai ha respinto l’assalto di Mediaset, che avrebbe voluto strappare alla tv di Stato anche la coppa nazionale dopo i Mondiali, ma per farlo ha dovuto offrire la bellezza di 35,5 milioni di euro a stagione fino al 2021 (+60% rispetto al precedente contratto). In totale sono oltre 100 milioni. Comunque spiccioli, in confronto alla torta miliardaria della Serie A che non fa dormire i presidenti. Se ne riparlerà il 22 maggio, quando è stata convocata la prossima assemblea decisiva: due giorni dopo la fine del campionato, e ancora non si saprà chi trasmetterà il prossimo.