Le due ore di vertice del centrodestra dopo l'ultima offerta di Di Maio si trasformano in uno scontro frontale. Il leader leghista cerca di convincere l'ex premier che è bene far partire un "esecutivo politico", pena il ritorno alle urne. Il capo di Fi spinge per una soluzione istituzionale. Tutto viene rinviato alla mattinata di lunedì, prima delle consultazioni al Quirinale. Senza fatti nuovi Mattarella tenterà una sua soluzione
Due ore di confronto serrato, faccia a faccia, con richieste fuori dai denti, repliche franche. Da una parte Matteo Salvini, accompagnato da Giancarlo Giorgetti, decisi a far passare la linea della necessità di un accordo con i Cinquestelle alle condizioni avanzate in un’ultima offerta da Luigi Di Maio. Fino ad emarginare Forza Italia all’appoggio esterno. Perché “è sempre meglio un governo politico che dia risposte al Paese delle elezioni anticipate”, specie per un partito in crisi come Forza Italia. Dall’altra parte Silvio Berlusconi, sostenuto dal presidente dell’Europarlamento Antonio Tajani, fermo sul rifiuto a qualsiasi governo che umili l’ex presidente del Consiglio fuori dalla porta solo perché lo dice il M5s. La minaccia è incrociata: l’appoggio esterno non te lo darà mai; ok, allora si va ad elezioni anticipate.
Il risultato è che il vertice di Palazzo Grazioli finisce senza risultato. Salvini e Meloni lasciano la residenza romana di Berlusconi senza rilasciare dichiarazioni e nessuno dei partiti diffonde comunicati. Dentro Palazzo Grazioli resta per un po’ Tajani. La riunione viene aggiornata alla prima mattinata di lunedì, prima che alle 11 la delegazione (unita) della coalizione si presenti dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella per le consultazioni arrivate ormai al quinto giro tra Quirinale e mandati esplorativi di Casellati e Fico. Tutto tradotto significa, insomma, che lo scontro è stato frontale tra due linee completamente diverse, come d’altra parte è emerso in questi due mesi di trattative, in un ripetitivo gioco dell’oca: Salvini e Di Maio trattano, dicono che ci stanno a certe condizioni, ma poi Salvini va dagli alleati e Berlusconi a quelle condizioni non ci sta. La mancanza di note ufficiali è la dimostrazione della tensione altissima. Da una parte Salvini che vuole evitare qualsiasi ipotesi di “governo istituzionale”, tecnico o simili. Dall’altra Berlusconi che non vuole saperne di farsi da parte e però vuole evitare le elezioni anticipate e la ragione sta nei sondaggi ma anche nei risultati delle Regionali.
Il centrodestra si spacca sull’offerta di Di Maio a Salvini: il capo politico del M5s si è detto disposto a fare un passo indietro e a rinunciare all’incarico da presidente del Consiglio per formare un governo politico, a patto che nel programma ci sono alcuni punti fermi (come il reddito di cittadinanza, l’abolizione della legge Fornero e una “seria” legge anticorruzione) e che Berlusconi – come Di Maio e Salvini, viene sottolineato – si faccia da parte. In questo quadro – per via dell’impuntatura dell’ala renziana – è tornato puro spettatore il Partito Democratico.
Ed è per questo che l’offerta di Di Maio è l’ultima. Questo nuovo giro di scambi diplomatici tra i partiti usciti vincitori dalle Politiche del 4 marzo, con contatti rivitalizzati da venerdì tra i pontieri grillini e del Carroccio, si consuma alla stretta vigilia delle consultazioni del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che aspetta in modo laico l’ultimo giro di colloqui nello studio della Vetrata del Quirinale, sperando anche in un accordo in extremis, ma consapevole che sarà l’ultimo: i partiti hanno avuto tutto il tempo per dialogare e dopo oltre 2 mesi l’Italia ha bisogno di un governo almeno per un’agenda breve ma intensa di cui il Paese si deve occupare e deve dimostrarsi pronto: le emergenze economiche, i vertici internazionali a partire dall’Unione Europea e – se proprio bisogna sognare – una riforma elettorale per trovare una legge un po’ meglio del Rosatellum. E così, se al termine delle consultazioni di lunedì non verranno fuori elementi nuovi, la strada sarà il cosiddetto governo “del presidente”, cioè la soluzione individuata direttamente dal capo dello Stato. M5s e Lega hanno già dichiarato il proprio no a un esecutivo del genere ma al Quirinale puntano a una personalità “inattaccabile” agli occhi dei cittadini, soprattutto quelli che hanno votato per un cambiamento. Così ancora una volta toccherà ai partiti, eventualmente, prendersi la responsabilità di un no e rimandare subito il Paese a elezioni anticipate.
Le notizie da Palazzo Grazioli sono state raccolte da Manolo Lanaro