Dopo l'annuncio del Capo dello Stato, grillini e Carroccio si affrettano a ribadire che non sosterranno un esecutivo tecnico. Ma non mancano le difficoltà: dal timore astensione ai temporeggiamenti di Silvio Berlusconi. E la prima data utile è il 22 luglio. Di Maio all'assemblea congiunta dei parlamentari: "Le liste per le nuove elezioni saranno probabilmente le stesse, la decisione finale spetterà comunque al garante"
Non ci sta il Movimento 5 stelle, non ci stanno Lega e Fratelli d’Italia. Sergio Mattarella si è rivolto ai partiti chiedendo “responsabilità” e “sostegno ad un governo neutrale”, gli hanno risposto le principali forze politiche negando che quell’appoggio possa arrivare una volta in Parlamento. Salvo sorprese delle prossime settimane, che in questo momento di grande fluidità non sono per niente escluse, l’esecutivo di servizio farà molta fatica ad arrivare al 31 dicembre. Da una parte infatti i 5 stelle hanno ribadito il loro no al governo neutrale: Luigi Di Maio l’ha definito “sinonimo di governo tecnico”, mentre Alessandro Di Battista ha detto che “chi lo sostiene dopo averci rifiutato è un traditore”. Dall’altra Matteo Salvini ha ribadito la linea della mattina: “E’ fondamentale che il voto degli italiani sia rispettato. Quindi o un governo del centrodestra, oppure elezioni il prima possibile, per la prima volta in estate. Non c’è tempo da perdere, non esistono governi tecnici alla Monti”. Tace per ora Silvio Berlusconi, mentre fa diffondere una nota a firma Forza Italia dove si prende tempo: “FI coerentemente con il voto degli italiani valuterà la posizione da assumere con gli alleati tenendo contro degli impegni presi tra i leader. Non ci spaventa il voto ma l’estate non aiuta, meglio l’autunno”. Chi non ha dubbi invece che bisogna essere responsabili è il Partito democratico: il partito distrutto tra liti interne e scarsi consensi teme fortemente un ritorno alle urne immediato e ha già annunciato il sostegno al governo voluto da Mattarella. Pallottoliere alla mano però, per il momento non ci sono i numeri per governare. Anche se non è così facile: serve il tempo di far insediare il nuovo esecutivo, serve una sfiducia effettiva e poi ci devono essere 60 giorni per far partire le procedure. Quindi non potrebbe essere prima del 22 luglio. E fino a quella data in tanti potrebbero cambiare idea.
Di Maio all’assemblea M5s: “No a governi tecnici. Il Pd? E’ un caso perso”. Si studia decreto per voto a giugno, ma c’è timore astensione
I 5 stelle sono contrari a qualsiasi governo neutrale e chiedono un ritorno alle urne che avvenga il primo possibile. Anche se il vero timore ora è il rischio astensione. Se da una parte il Movimento sta studiando con il suo staff legislativo se è percorribile la strada di anticipare il voto a fine giugno con una richiesta di un decreto ad hoc, dall’altro ci si chiede se sia davvero la strada migliore. Di Maio l’ha detto prima su twitter, poi davanti all’assemblea M5s: “Si vada al voto a luglio”. Parlando agli eletti il capo politico 5 stelle ha anche dato di nuovo una garanzia sul rinnovo della candidatura: “Visto che la legislatura praticamente non è iniziata, le liste per le nuove elezioni saranno probabilmente le stesse, la decisione finale spetterà comunque al garante”, ha detto specificando che rimarranno esclusi “i massoni e coloro che si sono tenuti parte delle restituzioni”. Ha quindi attaccato Salvini e la sua incapacità di mollare Silvio Berlusconi. E sul Pd ha detto: “E’ un caso perso”. E sul presidente della Repubblica: “Ora Mattarella per il governo propone nomi che non sono mai passati per le elezioni. Un governo neutrale è sempre un governo tecnico, che non ha connessioni con le esigenze dei cittadini. Il voto è l’unica strada”.
Nessuna fiducia a un governo “neutrale”, sinonimo di governo tecnico. Si vada al voto a luglio!
— Luigi Di Maio (@luigidimaio) May 7, 2018
Duro il commento di Di Battista su Facebook: “Lo chiamano ‘governo neutrale’, ‘governo del Presidente’, ‘governo di tregua’ etc, etc ma si tratterebbe sempre e comunque di un governo tecnico: un governo composto da personaggi non passati per le elezioni che, chiaramente, non avendo nessun rapporto con i cittadini fuori dalle Istituzioni, sarebbero in grado di compiere scelte dolorose come già avvenuto in passato. Chi, dopo aver detto no al Movimento 5 Stelle voterà la fiducia ad un governo tecnico è semplicemente un traditore della Patria. In un Paese che intende ancora mostrarsi minimamente democratico le opzioni sono due: o un governo portato avanti da chi ha vinto le elezioni o nuove votazioni il prima possibile. Bivaccare è ignobile!”.
Centrodestra, Forza Italia temporeggia mentre Salvini chiede il voto
Se il Carroccio insiste nel chiedere le urne, dall’altra restano i dubbi di Silvio Berlusconi. Nuove elezioni manderebbero il Paese nel caos, va ripetendo da tempo l’ex Cavaliere, da sempre restio al voto anticipato rispetto agli alleati Matteo Salvini e Giorgia Meloni. L’ex Cavaliere prova a resistere e a rinviare all’autunno le urne, sapendo che dovrà inseguire l’alleato leghista, che continua ad avere il boccino in mano, forte del rinnovato asse con Luigi Di Maio. E a Salvini che gli chiede di “mantenere la parola data” e votare “per cambiare l’Italia da soli” l’ex presidente del Consiglio replica con una nota del presidente dei deputati azzurri, Maria Stella Gelmini: “Non ci spaventa il voto (confronto elettorale) ma l’estate non aiuta la partecipazione. Meglio autunno”. La capogruppo forzista alla Camera spiega che la questione sarà oggetto di confronto con gli alleati nelle prossime ore: “FI, coerentemente con il voto degli italiani, valuterà posizione con alleati tenuto conto degli impegni presi tra i leader”. Berlusconi, raccontano, durante il vertice di ieri sera e quello di stamane a palazzo Grazioli, avrebbe spiegato che sarebbe meglio evitare il voto anticipato considerato una extrema ratio, da tirare in ballo solo in caso di fallimento di qualsiasi tentativo per formare un governo ponte. L’Italia ha bisogno di stabilità, di un esecutivo per le urgenze del Paese, non ci possiamo permettere di stare a guardare, è il leitmotiv dell’ex premier sin dal primo giro di consultazioni al Colle.