Marianna Sergio, la sorella della prima foreign fighter italiana Maria Giulia ‘Fatima’, è stata condannata col rito abbreviato a 5 anni e 4 mesi di reclusione. Una pena che è diventata definitiva oggi oggi in appello dopo la decisione dei giudici in primo grado. Maria Giulia è stata invece condannata in contumacia in Assise a 9 anni per terrorismo internazionale ed è probabilmente morta in Siria dove era andata a combattere per l’Isis. La Cassazione, si è saputo oggi, lo scorso 16 aprile ha ritenuto di confermare le condanne non solo per Marianna Sergio ma anche per i suoi coimputati che avevano scelto il processo con il rito alternativo: 3 anni e 8 mesi e 2 anni e 8 mesi per Arta Kakabuni e Baki Coku, zii di Aldo Kobuzi, marito di Fatima e 3 anni di carcere a Lubjana Gjecaj, accusata di favoreggiamento.
Intanto per la foreign fighter, per il marito condannato in primo grado a 10 anni – non si sono più avuti segnali se siano in vita o meno – e per altre tre persone, è stato fissato per il prossimo 13 giugno il processo di secondo grado davanti alla Corte d’Assise d’Appello. Le indagini, coordinate dall’allora procuratore aggiunto Maurizio Romanelli, ora responsabile di fatto dell’antiterrorismo italiano, e dal pm Paola Pirotta, avevano accertato che Maria Giulia Sergio, che viveva a Inzago (Milano) si era convertita all’Islam con tutta la famiglia – madre e padre pure loro indagati sono nel frattempo morti -, per raggiungere la Siria nell’autunno 2014, con il marito Aldo Kobuzi.
Il prossimo 10 maggio, invece, si aprirà sempre a Milano l’udienza preliminare su un altro caso di terrorismo internazionale. Quello di Ahmed Taskour, marocchino di 47 anni, nato a Casablanca e residente a Bresso (Milano) che non solo era diventato un foreign fighter dell’Isis ma nel dicembre 2014 aveva portato in Iraq anche la famiglia: la moglie marocchina e i due figli, una ragazzina quattordicenne e un bimbo che ai tempi, dieci anni appena, compariva in un video diffuso su youtube e con il logo dello Stato Islamico, nel quale pronunciava parole di odio e guerra contro i ‘crociati’. Per questa vicenda, sulla quale ha indagato l’attuale responsabile dell’antiterrorismo milanese Alberto Nobili e il pm Enrico pavone, il gup probabilmente sospenderà il procedimento in quanto non si hanno più notizie da tempo dell’intera famiglia.