di Cristian Giaracuni
Si staglia all’orizzonte ancora un’opzione di governo, l’ultima verosimilmente rimasta: il governo tecnico, o neutrale, o del Presidente, che poi è lo stesso, sostenuto dall’agghiacciante convergenza centrodestra-Pd, qualora Matteo Salvini cedesse alla volontà di Berlusconi, quindi ipotesi più che probabile. Non c’è ancora nessun incarico ma già si leva alto il coro degli indignati che gridano al tradimento della volontà popolare, al colpo di Stato che taglia fuori il primo partito, il M5S, dall’area di governo. Peccato però che non ci sia nessun colpo di Stato in vista, nessun ribaltamento del risultato elettorale. È tutto maledettamente legittimo. Tanto legittimo quanto prevedibile ben prima delle elezioni. Legittimo perché i governi hanno bisogno di maggioranze e le maggioranze le fanno i numeri, i seggi e gli accordi.
E la responsabilità, anzi la colpa, di questa desolante prospettiva non è certo dei poteri forti né del destino cinico e baro. È colpa nostra che, ancora una volta, abbiamo tenuto in vita un sistema politico marcio e inciucista a caccia del potere per il potere.
Sapevamo benissimo, nonostante il sistema informativo italiano, chi fosse Silvio Berlusconi. Sapevamo della sua condanna, sapevamo dei suoi rapporti con la mafia, sapevamo dei disastri seminati nel suo passato di governo, sapevamo dei suoi conflitti di interesse e della sua totale incapacità di pensare all’interesse generale. Eppure Forza Italia ha preso il 14%. Sapevamo che il leader della Lega, Salvini, sarebbe rimasto suo alleato anche se spergiurava di rifiutare corrotti e delinquenti. Sapevamo che quell’alleanza sarebbe stata indissolubile senza il consenso di B. Sapevamo che la Lega è il partito più vecchio del panorama politico italiano, anche se tutti l’hanno fatto passare per nuovo. Sapevamo che Salvini era quello di “Napoli colera” e “Vesuvio lavali col fuoco”, eppure anche al Sud ha preso tanti voti. Sapevamo che avrebbe sempre dovuto render conto a B., sempre, eppure ha preso il 17%.
Sapevamo anche che il Pd era ostaggio di Matteo Renzi, sapevamo quali personaggi erano stati piazzati nelle liste elettorali dall’allora segretario del partito, sapevamo quali politiche avrebbero riproposto. Sapevamo che Renzi e, quindi, il Pd non avrebbe cambiato idea su niente, nonostante l’annunciata emorragia di voti. Sapevamo quanto il Pd fosse un partito sempre più vicino alla destra e quanto la cosiddetta opposizione interna (ahahah) fosse ridicolmente labile. Sapevamo che Renzi e soci avrebbero boicottato qualsiasi tentativo di dialogo con chiunque non si chiamasse Silvio Berlusconi. Eppure il Pd ha preso il 18%.
Sapevamo che la legge elettorale era stata scritta per eliminare i 5 stelle da un possibile governo e per spianare la strada al governo Renzusconi. Sapevamo quanto Pd e Forza Italia fossero affini e reciprocamente attrattivi e sapevamo che alla fine avrebbero fatto di tutto per ripetere l’inciucio perpetuo e imbalsamare tutto. Sapevamo che con un sistema proporzionale vincono tutti ma alla fine non vince nessuno se non è autosufficiente.
Sapevamo che votando ancora certe facce sarebbe finita così. Stallo o Renzusconi, governo politico o istituzionale poco cambia. Stallo o larghe intese, perché ce lo chiede l’Europa, per scongiurare l’aumento dell’Iva, perché un governo ci vuole, per i mercati, per gli alieni, perché se non c’è il lupo cattivo.
Qualcuno ci aveva avvertito: o votate per chi nella stanza dei bottoni non c’è mai stato oppure vi riciucciate B. e il Bomba in cabina di regia. Lo sapevamo, eppure li abbiamo votati ancora. Il 50% dei votanti ha scelto questo. Ha ceduto al voto di scambio, si è fidato di promesse vecchie di venticinque anni, ha votato per abitudine, ha votato nella speranza che i topi divenissero farfalle, oppure non ha votato affatto, convinto di punire chi dell’astensione invece si nutre.
È tutta colpa nostra e, vista la patologica incapacità di voltare pagina, ci meritiamo anche di peggio.
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