Non saranno stati in grado di fare un governo in due mesi di tira e molla (vedremo se ci riescono in zona Cesarini), ma perbacco che creatività linguistica hanno dimostrato i nostri politici! Dal gioco delle tre carte alla Treccani.
A partire dalle ipotesi fantasiose di governo. Noi, piccoli scolari istituzionali, ci eravamo affezionati alle poche definizioni recenti del “governo tecnico” (che poi smette il loden da saggio, si candida alle elezioni col trench politico e torna al loden, lasciandoci in dote Andrea Romano), “di scopo”, “delle riforme” (per “fare solo la legge elettorale e poi tornare al voto”, ma già che ci siamo rivoluzioniamo la Costituzione, il Parlamento, il mondo del lavoro, la scuola e troviamo pure il tempo di occuparci delle banche del territorio). Tutti esecutivi, comunque, contraddistinti da un grande “senso di responsabilità nell’interesse del Paese”. E chi siamo noi per metterlo in dubbio?
A ‘sto giro però si è volati ancora più alto e il nostro scarno vocabolario è stato arricchito e aggiornato: governo di “servizio” (mezzo o pieno? pubblico o privato?), “tregua” (eravamo in guerra a nostra insaputa?), “transito” (da un’elezione all’altra? e nel transito si rischia caduta massi o attraversamento cinghiali?), “salvagente” (o salvapoltrone?), su su fino al – già noto – governo “del presidente”, ma con l’aggiunta della chicca “neutrale”. Nel Paese in cui nulla è neutrale e pure i bagnini sono di nomina politica, cosa c’è di meglio di un bel governo Neutro ph7?
D’altronde, siamo pure il Paese in cui si evoca continuamente l’informazione “imparziale”, che poi è quella schierata, ma dalla parte “giusta”. Ecco dunque l’elenco dei papabili competenti neutrali dell’ennesimo governo non espressione degli elettori, profumato al femminile per inebriarli (ma ricordate sempre Eau de Fornerò), cui spetterebbero scelte – nomine e un sacco di miliardi da trovare per l’Iva – che non possono in nessun modo essere neutrali.
Ma i politici non ci hanno donato solo gemme sui governi: Renzi è riuscito addirittura a piegare il tempo – tipo orologio molle di Dalì – e trasformare i due anni di silenzio promesso nel nanosecondo (o meno?) in cui da “Signornò” (Franceschini dixit) il suo Pd gli ha detto “Signorsì”. Del resto cosa aspettarsi da un partito che annoverava – altra perla di questi giorni indimenticabili – dei “contrari ma senza chiusure” all’accordo coi Cinquestelle?
Tutto e il contrario di tutto, passato e presente al Nazareno si uniscono e l’ex è il leader. Outfit veto non veto per i Cinque stelle nei confronti di Silvio Berlusconi, che potrebbe ricambiare con una strabiliante “benevolenza critica” nei confronti di un accordo di governo tra Salvini e Di Maio: cioè fa un passo di lato ma solo per bucargli le ruote della ruspa? O resta lì, piantato tra i due, ma almeno gli sorride? Boh, vedremo domani, se ci sveglieremo neutrali (o neutralizzati), se nascerà il governo giallo-verde con premier Giorgetti (il fine pontiere leghista che solo lunedì diceva “Di Maio non conta più un c***o”), se andremo a votare in braghe di tela (già ci siamo), o si inventeranno altre perle, chessò, “rivoluzione conservatrice”, “accordo decathlon” o “astensione petalosa”.