Oggi sull’Etna si conclude la tre giorni di tappe siciliane del Giro d’Italia numero 101. Quello che verrà ricordato per la partenza da Israele per una mossa dettata da questioni meramente economiche che, in tempo di vacche magre, sono condivisibili e, anche se fino a un certo punto, necessarie.
La mia sensazione, oggi che si correrà la sesta tappa del Giro è che la vera grande partenza della corsa sia stata martedì 8 maggio da Catania. Mi spiego e ammetto di essere assolutamente partigiano in questo perché siciliano e sicilianista oltre che appassionato di ciclismo e delle emozioni che esso deve regalare.
La Corsa Rosa ha trovato in Israele un Paese che sta provando a importare ciclismo: due anni fa gli imprenditori Sylvan Adams e Roni Baron fondarono la Israel Cycling Academy, la prima squadra israeliana nel ciclismo professionistico. Loro stessi sono stati i promotori dell’emigrazione del Giro d’Italia in Israele (la prima volta che una delle tre grandi corse a tappe, Tour, Vuelta e appunto Giro, varcasse i confini europei). L’organizzazione è sicuramente stata impeccabile, il successo di pubblico soggettivo e il riscontro dell’operazione lo si potrà valutare col tempo ma l’immagine che mi viene in mente oggi di quei giorni non mi trasmette entusiasmo, passione, “amore infinito” come dice il claim del Giro d’Italia.
Eccessiva, quasi soffocante ma magnificamente calorosa è stata l’accoglienza che i ciclisti hanno trovato in Sicilia, per la vera grande partenza di questo Giro! Direte che sono di parte, è vero, ma c’è una foto, che non ho di certo fatto io che parla per me e mostra il serpentone dei ciclisti schierato su via Etnea per il via della quarta tappa, la Catania-Caltagirone. Ai lati del gruppo due ali di folla strabordante che sembrava benedire con le mani (e il telefonino) rivolte sui propri beniamini.
Questa marea impetuosa di gente si apriva al passaggio del gruppo lungo tutta la via simbolo di Catania e aggiungerei, per tutti i chilometri percorsi in Sicilia in questi tre giorni Rosa. Ho visto catanesi stupiti della bellezza del teatro romano di via Vittorio Emanuele, ho saputo di siracusani e ragusani sorpresi dal vedere le loro campagne e i loro paesi dall’alto. Le riprese aeree raccontano in un altro modo le zone che viviamo e, seppur consci di abitare in piccoli paradisi, le riprese dall’elicottero ci straniscono ancora regalandoci quel pizzico di orgoglio.
Palazzolo Acreide, Ferla, Giarratana, Monterosso Almo dove al traguardo volante sembrava di stare a un arrivo, Caltagirone poi, coloratasi di rosa per tre giorni di fila e riempitasi di gente, anche troppa forse nei pressi della linea di arrivo. Agrigento e la valle del Belìce che ricordava il terremoto del 15 gennaio del 1968 hanno risposto presente e raccontato altra bellezza e poi la maestosità dell’Etna, affrontata oggi nella sesta tappa, la Caltanissetta-Etna appunto. In cima al vulcano più alto d’Europa ci si può sedere a ripensare a ciò che è stato e immaginare ciò che succederà nelle prossime tappe, da domani si risale lo stivale.
Il grande scrittore tedesco Johann Wolfgang Goethe, che oltre 230 anni fa visitò l’isola scrisse: “L’Italia senza la Sicilia non lascia immagine alcuna nello spirito. Qui è la chiave di ogni cosa […] La purezza dei contorni, la morbidezza di ogni cosa, la cedevole scambievolezza delle tinte, l’unità armonica del cielo col mare e del mare con la terra […] chi li ha visti una sola volta, li possederà per tutta la vita”. Più modestamente io, guardo ai tre giorni appena trascorsi con una certezza nel cuore, il Giro d’Italia è partito dalla Sicilia.