Facciamo finta che non si stia parlando di processi vari a carico di persone che sarebbero autrici di fornitura donne/merce per feste di gente ricca e famosa. Facciamo finta che non si parli di un giro di soldi con scambio sessuo/economico a gratificazione dell’ego di un uomo e delle tasche di altri uomini d’affari. Facciamo finta di essere in un tempo futuro in cui nessuno giudica nessuno sebbene al governo si desideri che i governanti siano irreprensibili, non tanto per quel che riguarda la moralità ma affinché non sia usata la propria influenza dovuta al ruolo politico ottenuto per compensare le proprie abitudini sessuali.
Se un uomo adulto decide di pagare delle prostitute adulte e consenzienti si tratta di un rapporto chiaro in cui la scelta della sex worker va rispettata. Meglio se tutelata dalla legge con una regolarizzazione che compensi in diritti quel che già le sex workers pagano in tasse. Una sex worker libera di scegliere, da quel che so, attualmente chiede di autogestirsi o di costituire cooperative con altre colleghe affinché sia garantita la loro salute, la sicurezza e la possibilità di rapporti di lavoro basati su prezzi decisi da loro e su metodi decisi da loro.
Attualmente la legge Merlin non consente il lavoro collettivo delle sex workers perché chi affitta le case potrebbe essere passibile di denuncia per favoreggiamento e così anche per la collega che lavora con te nello stesso appartamento. La legge finisce per condannare le sex workers a restare da sole, per non parlare delle ordinanze municipali – spesso di Lega e Pd parimerito – che sono diventate mezzo di persecuzione per quelle professioniste che vengono respinte ai margini, in mano agli sfruttatori, per questioni di “decoro cittadino”.
La legge lascia tante zone d’ombra ed è da un po’ che il Comitato per la difesa dei diritti civili delle prostitute, presieduto in Italia da Pia Covre, chiede che sia rivista e che siano accolte le istanze delle sex workers. Tutela per le donne vittime di sfruttamento e altrettanta tutela per quelle che decidono di fare le sex worker per scelta.
In quella zona d’ombra si possono realizzare miserie di ogni tipo. Se non puoi agire alla luce del sole ti devi affidare e se ti affidi, per ogni tramite, il tuo lavoro diventerà sostentamento, per così dire, di chi media, recluta, offre donne in cambio di benefici professionali, imprenditoriali e via di seguito. La legge Merlin dice che l’induzione e il favoreggiamento sono reati perseguibili. Non lo è il prostituirsi e l’acquisto di servizi sessuali.
È reato, inoltre, tutto quello che riguarda la prostituzione minorile e la persona viene considerata minorenne, dunque sotto tutela dello Stato, fino ai 18 anni di età. Indurre una minorenne e favorirla nella attività di sex working è di conseguenza reato. Comprare il suo silenzio è reato anch’esso. Tutto da stabilire con sentenze e in tribunale. Dato che qui non siamo in tribunale quello che mi preme dire è che se nell’ambito di un processo un legale, un difensore, parla di sostegno all’autodeterminazione delle donne, di aiuto nei confronti delle sex worker in nome de “la libertà di decidere della propria vita al libero esercizio della prostituzione“, è tutto un po’ fumoso e pretestuoso. In certi contesti è realmente importante la libera scelta delle donne di svolgere qualunque professione? E perché nel governo di centrodestra dell’epoca, l’allora ministra alle Pari opportunità, assieme al consiglio dei ministri, valutavano la possibilità di approvare una legge che avrebbe punito anche le prostitute di strada con sanzioni salatissime? Dove stava la coerenza? Da dire che quella proposta di legge sparì nel momento in cui esplose il bubbone mediatico su escort e dintorni.
Se vuoi aiutare le “prostitute” slegandole da ricattabilità e da controllo e mediazioni altrui lo fai ascoltandole e cercando di accogliere le loro richieste in fatto di regolarizzazione della vendita di servizi sessuali. Lo fai senza mai fare riferimento alle case chiuse che le sex workers non vogliono siano mai riaperte.
L’aiuto lo dai non guadagnandoci, in un modo o nell’altro, ma operando il reale rispetto verso la loro libertà di scelta. Da qui continuo dicendo che il processo mediatico con nomignoli vari affibbiati alle ragazze che si prostituivano mi è sempre sembrato assai inopportuno. A quell’epoca ricordo sedicenti manifestazioni “femministe” in cui si dava – stigmatizzandole – delle zoccole a quelle donne. Ricordo che c’era chi faceva la divisione tra donne perbene e donne per male. Perfino tra prostitute perbene e quelle per male. Quelle che si immolavano per bisogno e quelle che avevano interessi vagamente più venali. Tutti a dare lezione sui grandi sacrifici che una donna dovrebbe compiere per dirsi rispettabile, come fossimo negli anni ’50. E di quel periodo continuo a non apprezzare affatto il clima da Dio/Patria/Famiglia che si imponeva a moralizzare il ruolo della donna, madre, moglie, con donne – le femministe moraliste – che brandivano la parola “dignità” contro qualunque altra mostrasse un po’ di pelle in televisione, in pubblicità.
Da lì non venne nulla di buono e questo lo dobbiamo a chi, per demolire il centrodestra, usò trovare più comodo demolire la moralità fasulla (ricordiamo tutti le riviste con le foto della famiglia del premier, vero?) di un “leader” che aveva molte questioni sulle quali avrebbe potuto essere contestato. Grazie a quella politica non-sense che moralizzò la vita di tutte le donne, ancora in nome del prezioso decoro, al quale altre femministe risposero con manifestazioni “indecorose”, la destra potè appropriarsi di parole d’ordine che sono sempre state le nostre, quelle di noi femministe, di sinistra, senza equivoci e ipocrisie. Autodeterminazione, libera scelta, sex working, temi che abbiamo supportato da ben prima che la destra diventasse improvvisamente libertina… ops… pseudo libertaria in fatto di donne e morale.
Cos’altro dire? Un altro appunto, giusto per stabilire un po’ di differenze tra chi ha memoria storica e chi invece fa pinkwashing, ovvero colora di rosa quel che apparirebbe altrimenti di altri colori. La libertà di scelta sui corpi delle donne riguarda tutto: dall’aborto alla possibilità di indossare il velo, dalla libertà di spogliarsi a quella di vestirsi, da quella di essere lesbiche a quella di non dover “sposare un uomo ricco” per farsi mantenere quando si è precarie. La destra che rivendicava logica “libertaria” di libertario non aveva e non ha nulla e di certo non gli sta a cuore il benessere e il rispetto dell’autodeterminazione delle donne. Questo, noi tutte, lo sappiamo più che bene.